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Alessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it
“Siamo prigionieri della speranza”
Celebrato in municipio a Bassano il 261° anniversario della Fondazione Pirani-Cremona. La presidente Maria Paola Gallo: “Serve una comunicazione nuova di cosa la Fondazione ha fatto e sta facendo”
Pubblicato il 03-12-2011
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“L'uomo deve essere prigioniero della speranza”.
Maria Paola Gallo, presidente della Fondazione Pirani-Cremona di Bassano del Grappa, dice di non amare le citazioni. Ma in occasione del 261° anniversario del benemerito ente, celebrato come sempre nella sala consiliare del municipio, fa uno strappo alla regola e riporta una frase del profeta Zaccaria che ben si addice alla mission della Fondazione stessa.
Una realtà che da più di due secoli e mezzo si fonde con la storia stessa della città: nel 1750 don Pirani fece nascere a Bassano l'Orfanotrofio femminile, nel 1824 don Cremona fondò l'Orfanotrofio maschile e nel 2005 i due enti sorti da queste due lungimiranti figure di educatori si sono fusi in un'unica Fondazione.
L'intervento della presidente Maria Paola Gallo nella sala consiliare del municipio
Oggi la Pirani-Cremona è un'attivissima e articolata struttura in prima linea su vari fronti del sociale: bambini e ragazzi, famiglie, reti territoriali, disabilità. Promuove e realizza numerosi servizi e progetti - che un opuscolo pubblicato in occasione dell'anniversario illustra compiutamente - che ne fanno un'autentica comunità di riferimento e di vicinanza solidale a sostegno delle emergenze educative e sociali del territorio. Ovvero, come recita il nuovo slogan della Fondazione, “un posto per i bambini, le bambine e le famiglie in città”.
Eppure - sottolinea la presidente - “la cittadinanza forse ci vede ancora come l'edificio che ospita gli orfani”. Serve pertanto “una comunicazione diversa di cosa la Fondazione ha fatto e sta facendo”.
“Bisogna attualizzare la conoscenza sui nostri progetti - rileva Paola Gallo - perché non restino patrimonio ad uso e consumo solo della Fondazione, dando anche un'indicazione diversa di come la Fondazione debba utilizzare i propri beni attraverso progetti condivisi con la cittadinanza. Ci poniamo quindi il problema di cosa la Fondazione può continuare a fare per mantenere vivi i principi che avevano ispirato i due fondatori.”
Un invito a proseguire nel solco della tradizione e a stare parallelamente al passo coi tempi facendo meglio conoscere le tante anime dell'ente, mentre bussano alla porta nuove esigenze, nuove istanze sociali e nuove povertà.
“L'impressione - afferma l'arciprete abate mons. Renato Tomasi - è che le macerie più gravi che troveremo dopo che questa crisi si sarà assestata non saranno di natura economica, ma umana. Ci sono oggi contraccolpi nuovi sulle persone e sulle famiglie che perdono il senso del futuro e della propria dignità. Ci sarà bisogno di interventi strutturali ed economici, ma c'è bisogno soprattutto di trovare un nuovo rapporto di compagnia con questa umanità.”
Per mons. Tomasi “serve creare reti di vicinanza solidale che aiutino a reggere il peso della crisi. Prossimità e vicinanza a chi si trova nel bisogno.”
Tutte le iniziative della Fondazione, del resto, sono ispirate nel segno di una rete di solidarietà che gli interventi in sala dei referenti dei vari progetti non fanno che confermare.
Come la responsabile dei Servizi Educativi Stefania Fabbro, che conferma come l'attività pedagogica dell'ente cerchi oggi di insegnare “nuovi stili di vita per educare a vivere nell'incertezza” e di creare “tessere di un mosaico per costruire un futuro di cittadinanza consapevole.”
Inevitabile anche un passaggio sul Progetto Casa Rubbi, il futuro centro e comunità di accoglienza per la disabilità intellettiva ancora in attesa dell'annunciato semaforo verde da parte del Comune. “Contiamo molto su Casa Rubbi - puntualizza il presidente della Cooperativa ANFFAS Servizi Mariano Maroso -. I volontari, per sviluppare i servizi; le famiglie, soprattutto quelle giovani e gli operatori, per nuovi stimoli professionali. E' un'opportunità per la città di Bassano che potrà arricchirsi di una nuova perla sociale e culturale. Ora però siamo in trepidante e un po' impaziente attesa che si passi alla realizzazione del progetto.”
Ma il sociale non è solo accoglienza e assistenza: è anche opportunità di inclusione lavorativa e di profitto etico.
“Anche la disabilità può diventare imprenditoria” - rimarca Fabio Comunello, anima e cuore della Biofattoria Sociale “Conca d'Oro” in cui ragazzi in difficoltà imparano a coltivare e trasformare i prodotti della terra e a commercializzarli. Che coglie la palla al balzo per proporre di “mettere in rete varie realtà attraverso la bio-coltura.”
Un progetto di “rete alimentare biologica a chilometri zero” che viene sposato in pieno dall'assessore al sociale Lorenza Breda, che ne intravvede “la capacità per nuovi inserimenti lavorativi.”
I progetti sorti in seno ai vari comparti della Fondazione - realizzati, in fase di sviluppo o in via di definizione - dunque non mancano. E questa è già una notizia, in tempi di sempre più magre risorse e di drastici tagli nei bilanci di Stato e Regione per le emergenze sociali, soprattutto minorili. Ma qui l'imperativo è guardare sempre avanti. Capita, quando si è prigionieri della speranza.
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