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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it

Special report

Attualità

Scolpire è potere

Canova e il Potere: appena conclusa la mostra di Bassano, se ne apre un’altra a Possagno. Con un gustoso retroscena sull’Amore e Psiche di Bassano. Al termine della vernice per la stampa, Sgarbi-show con i ragazzini di una scuola

Pubblicato il 22-03-2023
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Brassaï. L’occhio di Parigi

L’artista e l’arrivista.
L’artista è Antonio Canova: nome noto ai nostri archivi, soprattutto in questi ultimi mesi.
L’arrivista è invece Giovanni Battista Sommariva. Nato a Sant’Angelo Lodigiano nel 1762, Sommariva fu un arrampicatore sociale di primissima categoria. Fu uno di quegli italiani che approfittarono alla grande dei privilegi di regime nella Lombardia napoleonica di fine ‘700, fino a diventare uomo di fiducia dello stesso Napoleone.

Antonio Canova, ‘Tersicore’ (particolare), gesso, 1808. Possagno, Museo Gypsotheca Antonio Canova. Foto Alessandro Tich

Descritto dai suoi contemporanei come un uomo senza scrupoli, nonostante le alterne fortune della sua carriera diplomatica - soprattutto dopo che Napoleone, più arrivista di lui, si proclamò imperatore nel 1804 - riuscì ad accumulare enormi ricchezze che gli consentirono di sostenere un tenore di vita lussuoso, sia nella sua residenza di Villa Carlotta a Tremezzo sul lago di Como che a Parigi.
Accusato di corruzione e di speculazioni economiche, quel simpaticone di Sommariva si “riscattò” come mecenate e collezionista d’arte, investendo parte delle sue fortune nell’acquisto di opere dell’antichità ma anche di grandi pittori e scultori a lui contemporanei e diventando in questo modo uno tra i più grandi committenti di Canova.
Ed è qui che l’artista e l’arrivista si incontrano. “Due personalità molto diverse, quasi coetanee, che avevano in comune il desiderio di affermarsi nei rispettivi campi.”
Chi lo dice è Elena Catra, studiosa dell’arte, curatrice assieme a Moira Mascotto di “Canova e il Potere. La collezione Giovanni Battista Sommariva”, la mostra nata su idea di Vittorio Sgarbi che da oggi e fino al prossimo 3 settembre è allestita al Museo Gypsotheca Antonio Canova di Possagno. Quasi un ideale passaggio di testimone da Bassano del Grappa a Possagno dopo la conclusione della grande mostra “Io, Canova. Genio Europeo” al Museo Civico.
E la presenza in prima fila della direttrice dei Musei Civici bassanesi Barbara Guidi alla conferenza stampa di presentazione del nuovo evento espositivo non è puramente casuale.

Sarà stato anche uno squalo dell’era napoleonica, ma dal punto di vista artistico “l’ambizioso e ambiguo” Giovanni Battista Sommariva ha avuto il pregio di raccogliere una preziosissima collezione tramandata fino ai giorni nostri.
Di Canova possedette ben cinque marmi e in tutto dodici opere, comprendendo anche i modelli originali in gesso e i calchi in gesso. Speculatore e calcolatore fino all’ultimo, alla morte di Antonio Canova nel 1822, mentre tutta Europa piangeva la dipartita del maestro, il faccendiere lombardo - come rivela Elena Catra - scrisse una lettera a suo figlio sulla scomparsa dello scultore nella quale osservò: “Ora le sue opere varranno il doppio”.
Altro che Wolf of Wall Street.
Non solo Canova, come ho già scritto: la collezione Sommariva annoverava anche opere di artisti di grido come Francesco Hayez, Bertel Thordvalsen o Pierre Paul Prud'hon, alcune delle quali riunite eccezionalmente nella mostra di Possagno.
Il percorso dell’esposizione, come spiega la co-curatrice nonché direttrice del Museo Gypsotheca Moira Mascotto, si articola in tre sezioni.
La prima è dedicata ai rapporti che Canova ebbe con i protagonisti del potere politico, culturale ed economico degli ambienti lombardi del suo tempo. Tra questi non mancano lo stesso Napoleone e alcuni membri della sua famiglia.
La seconda è invece specificamente dedicata alla collezione Sommariva.
La “star” della situazione è il marmo raffigurante l’Apollino, copyright by Antonio Canova, proveniente dalle Collezioni Comunali d’Arte di Bologna ed esposto per la prima volta al pubblico in tutta la sua rinnovata bellezza dopo il restauro sostenuto dal Museo Canova e realizzato dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze.
Ma si fa notare anche il gesso della Tersicore, la musa della danza e del canto corale il cui corrispondente marmo fu collocato da Sommariva accanto al letto della sua residenza francese, tanto da considerarla la sua “sposa”.
La Maddalena Penitente, altro capolavoro canoviano che raggiunse la maison parigina del diplomatico lodigiano, viene valorizzata nell’allestimento firmato da Contemplazioni grazie a una felicissima illuminazione a tutto tondo all’interno di una sala buia, con sottofondo musicale a tono. E poi ancora altre sculture e dipinti, tra cui la tela dell’Amorino alato di Francesco Hayez, ispirata a Canova e collocata in dialogo con il marmo dell’Apollino.
La terza sezione della mostra presenta infine alcune opere legate alla bottega romana del Canova, rivelando così l’organizzazione di questo operoso atelier che richiamava come clienti e committenti influenti personaggi da tutta Europa.
“Nel 2024 abbiamo in programma nuove mostre e progetti di restauro, come anche nel 2025 - anticipa la direttrice Mascotto -. Ogni anno è l’anno giusto per celebrare Canova.”
È l’assist per l’intervento di Vittorio Sgarbi.

“La conclusione della dottoressa Mascotto è spaventosa”, scherza il presidente di Fondazione Canova, nonché presidente del Comitato Nazionale per le celebrazioni del Bicentenario Canoviano. Che più tardi aggiunge: “Io invece non vedo l’ora che la celebrazione di Canova finisca.” “Il 2022 è stato di Bassano, il 2023 sarà tutto di Possagno - aggiunge il professore -. Nella seconda metà dell’anno allestiremo una mostra sugli allievi di Canova e a dicembre a Lucca, come ultimissimo evento del Bicentenario, metteremo Canova a confronto con altri artisti suoi contemporanei come Bartolini e Bernardino Nocchi.”
Vittorio Sgarbi rivela inoltre un gustoso retroscena legato alla mostra canoviana di Bassano che si è appena conclusa.
L'aneddoto riguarda l’Amore e Psiche stanti, il gesso già di proprietà di Veneto Banca in liquidazione che - come ben sappiamo - proprio nel corso della mostra al Museo Civico, dove era esposto, è stato venduto all’asta al prezzo record di 1 milione e 228.500 euro.
Terminata “Io, Canova. Genio Europeo”, non è stato possibile riconsegnare l’opera al suo nuovo proprietario perché dopo la battuta d’asta segue per legge un periodo di 60 giorni nel quale lo Stato può esercitare l’eventuale diritto di prelazione per acquisire la scultura, vincolata dal ministero come “opera di eccezionale interesse storico-artistico”.
Ma il Museo di Bassano, anche in considerazione dei lavori di riallestimento delle sale, non ha lo spazio dove trattenere la scultura in attesa della scadenza dei 60 giorni.
Da qui, come la definisce Sgarbi, “l’operazione spericolata alla James Bond compiuta ieri”.
“La Guidi mi ha detto che non sa dove metterla - racconta -. E allora ho deciso: togliamo la scultura alla Guidi che non la vuole e la portiamo a Possagno.”
Risultato finale: in attesa degli ulteriori sviluppi, l’Amore e Psiche stanti è stato trasferito in tempo record da Bassano al paese natale di Canova ed è attualmente “parcheggiato” in Gypsotheca, vicino al suo gemello modello di gesso che si differenzia solo per i chiodini.

Come vuole il rituale di queste occasioni, alla conferenza stampa di presentazione fa seguito la visita in anteprima alla mostra assieme alla co-curatrice Elena Catra.
Dopo un po’ arriva anche Sgarbi ma prima di entrare in mostra i suoi passi si incrociano con quelli di una scolaresca, apparentemente di prima media o giù di lì, in visita per conto proprio nel museo possagnese.
Gli scolari lo riconoscono e lo attorniano vocianti quasi fosse un rockstar.
Lui toglie la fascia tricolore al sindaco Valerio Favero e la indossa ad una ragazzina: ne scaturisce un animato siparietto immortalato da una selva di telefonini.
Un divertito presidente di Fondazione Canova nonché sottosegretario di Stato al ministero della Cultura si trasforma quindi in capoclasse, fa entrare in mostra la scolaresca e ne spiega i contenuti ai suoi increduli seguaci, comprese le loro “prof” ancora più in fibrillazione per l’incontro ravvicinato col volto noto televisivo.
Potremmo cambiare il titolo della mostra: Canova e il Potere mediatico.

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