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La conferenza stampa del Consiglio dei ministri
Alessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it
La civile rivolta delle saracinesche
Massiccia adesione alla chiusura di negozi e bar in centro storico a Bassano: registrata un'adesione del 90%. Commercianti in piazza per spiegare i motivi della mobilitazione. E, per la prima volta dal 1941, chiude anche Nardini
Pubblicato il 21-03-2013
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“Qui è tutto chiuso. Tutto tutto! Non riesco neanche a prendere un caffè...”.
E' l'intercettazione ambientale della conversazione telefonica di una giovane signora, che captiamo attorno alle 10.30 sotto i portici di piazza Libertà. Ed è il segno, inequivocabile, che la mobilitazione dei commercianti del centro storico ha fatto centro.
E' una Bassano molto insolita quella che ci accoglie in concomitanza del mercato settimanale del giovedì: con le serrande dei bar e dei negozi abbassate e il manifesto con lo slogan “Il cuore della tua città rischia di non battere più!” affisso sulle vetrine in ogni angolo disponibile.

Foto Alessandro Tich
Nei punti di maggior passaggio, ma anche davanti alle loro vetrine spente, gruppi di commercianti dei settori più disparati consegnano ai cittadini il volantino che spiega le motivazioni della protesta. Salumieri e baristi, negozianti di abbigliamento e di casalinghi: tutti insieme appassionatamente.
“E' la prima volta che ci incontriamo qui in piazza, al di fuori dei nostri banconi di vendita” - ci dice un commerciante al presidio di via Vittorelli.
Si respira un clima di fibrillazione: anche perché la risposta all'invito di chiudere i negozi e gli esercizi per tre ore, dalle 9 alle 12, è massiccia. I funzionari di Confcommercio fanno la conta: l'adesione alla mobilitazione tocca il 90%. Chiude persino la Grapperia Nardini sul Ponte di Bassano. “E' la seconda volta che chiudiamo, la prima è stata nel 1941” - ci rivela Leonardo Nardini. A modo suo, è un evento storico.
Non è una protesta sulla ZTL, ovvero sulla proposta di allargare la zona a traffico limitato in centro nelle ore serali: affermarlo sarebbe improprio e riduttivo. Sono infatti diverse e articolate le motivazioni che hanno spinto gli imprenditori del cuore della città a rinunciare a tre ore di incassi per confrontarsi con la gente: l'eccessivo pressing fiscale, gli elevati tributi locali, la burocrazia asfissiante, la contrazione dei consumi, l'accerchiamento dei centri commerciali.
Tra i motivi della chiusura ci sono anche la “limitazione del traffico in centro storico” e “l'insufficiente viabilità periferica per l'accesso al centro storico”: ma sono solo due elementi dell'insieme, per un messaggio rivolto in contemporanea sia alla politica nazionale che all'Amministrazione comunale.
Stefania Cadore, che assieme alla sorella Teresa distribuisce i volantini all'angolo di via da Ponte con viale delle Fosse, ci dice che la partecipazione dei colleghi alla giornata di mobilitazione le ha fatto “venire i brividi”.
“E' stato bellissimo vederci tutti assieme, al di fuori dei nostri registratori di cassa - commenta -. Siamo stati avvicinati da tante persone, soprattutto anziane, che hanno capito i motivi della manifestazione e hanno espresso, in gran parte, la loro solidarietà. Qualcuno ci ha anche chiesto: “C'è qualcosa da firmare?”. La gente si ricorda com'era il centro storico di una volta, al di là del singolo negozio. I cittadini vogliono riscoprire il piacere del passeggio in centro. La crisi è generale, ma qualcosa si può fare. C'è stata una grandissima compattezza fra di noi, ed è un grandissimo risultato.”
La febbre del giovedì mattina contagia anche diversi ambulanti del mercato settimanale, che accettano di esporre il manifesto della manifestazione sulla loro bancarella. I negozi delle catene in franchising non possono chiudere per contratto, ma qualcuno - alla fine - fa uno strappo alla regola e chiude a chiave la porta. Un altro di questi negozi rimane obbligatoriamente aperto, ma espone il manifesto e un avviso supplementare in cui sta scritto: “Non potendo aderire allo sciopero, le commesse sono solidali con la protesta”.
C'è anche chi, soprattutto tra i baristi, decide di non aderire all'invito della chiusura. Sono pochi, ma ben visibili: la loro scelta viene comunque rispettata dai promotori dell'evento collettivo.
Un caso a parte, che fa invece rumore, è rappresentato dal Bar Pasticceria “Golosità” nei pressi del municipio: il locale è spento e le tende sono abbassate, ma la porta è aperta e si può fare tranquillamente colazione. Della serie: aderisco, ma intanto lavoro.
La civile rivolta delle saracinesche presenta le sue diverse facce. Comunque sia, ha colpito nel segno: e la gente, tra le bancarelle del giovedì, non parla d'altro. I commercianti del centro, per la prima volta, si presentano come una categoria in carne ed ossa che cerca di far capire ai cittadini i perché del proprio malcontento.
Anche se - con la semplicità diretta che è propria della saggezza popolare - all'origine di tutti i mali del settore c'è probabilmente l'aspetto che cogliamo in un'altra intercettazione ambientale, riferita alla conversazione tra due passanti in via Verci: “A xe finìa la pecunia”.
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