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Luigi Marcadella
Giornalista
Bassanonet.it
Sali e Tabacci
A Vicenza Tabacci, Stefani, Rucco e Xoccato parlano di Pnrr. In arrivo un Next Generation 2 per energia e difesa comune europea
Pubblicato il 13-03-2022
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Al Teatro Ridotto di Vicenza, ieri mattina, politica ed economia vicentina si sono date appuntamento per informare (e informarsi) sullo stato di avanzamento dei progetti legati al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. L’occasione era da non perdere perché l’ospite d’onore salito da Roma è Bruno Tabacci, politico di lunghissimo corso, presidente della Regione Lombardia quando negli Usa c’era Ronald Reagan, oggi braccio destro in campo economico (e quindi politico) del presidente Mario Draghi. In qualità di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ha la delega alla programmazione e al coordinamento economico.
Il messaggio principale per gli amministratori locali si potrebbe sintetizzare così: guai a chi perde il treno perché non lo si recupera alla fermata successiva.
Ovviamente una mattinata del genere ha dato altri interessanti punti di vista sul cronoprogramma per spendere i fondi europei in arrivo. Ha dato inizio ai lavori il sindaco e presidente della provincia di Vicenza Francesco Rucco: suo il saluto introduttivo alla platea, con il mondo delle imprese quasi al gran completo (presente Gianluca Cavion a capo di Confartigianato Imprese Vicenza), molti amministratori locali, politici regionali e nazionali, e anche uomini delle Forze Armate.
L’On.le Bruno Tabacci, ospite di Next Generation, conversazione sulle regole del PNRR per una ripartenza da territori e aziende
Dopo Rucco è il turno della valdagnese Erika Stefani, Ministro per le disabilità, sempre più a suo agio nel ruolo di trait d’union tra il bisogno di rappresentanza nazionale del Veneto e le stanze di comando governative («…Con Giorgetti faremo nei prossimi giorni una serie di proposte per mitigare il costo dell’energia e delle materie prime»). La Stefani ricorda al pubblico che in Italia negli ultimi anni è stata fatta tanta politica ma purtroppo “poche politiche” e adesso ci troviamo tanti problemi dell’economia arrivare in un colpo solo.
Con l’aggravio della guerra che avrà la conseguenza di esacerbare soprattutto le fragilità del nostro sistema energetico («Anche tornare al musso e al carretto non è a costo zero», dice il ministro).
Con Mario Conte, sindaco di Treviso e presidente di Anci Veneto, l’associazione che guida i 563 comuni della nostra Regione, si comincia ad entrare nel vivo della questione del Pnrr. Subirlo o governarlo? Si chiede Conte, governarlo è ovviamente la risposta.
«Il Veneto da sempre ha dimostrato una maggiore capacità d’investimento. Il 40% dei fondi sarà destinato al Mezzogiorno, ed è giusto che sia così, ma sul resto dobbiamo giocarcela. Noi sindaci abbiamo davanti la grande sfida della rigenerazione urbana, ma siamo spaventati però dalle tempistiche di attuazione».
Ce la faranno i sindaci beneficiari dei fondi a spenderli bene e in tempo?
Il presidente dell’Anci dice che Pnrr e l’attuale codice degli Appalti non vanno per nulla d’accordo, il rischio è quello di trovarsi con le opere bloccate dalla solita burocrazia. Il primo a parlare nel dettaglio dei progetti oggi in campo è Giorgio Xoccato, presidente della Camera di commercio di Vicenza. Per ricordare all’ospite la potenza economica della provincia in cui è venuto a parlare, snocciola in serie qualche numero da record dell’industria vicentina («Siamo la prima provincia italiana per export pro capite»).
Progetti già in corso da elencare come buone pratiche da seguire?
La filiera della concia a impatto zero entro il 2030 in primis (distretto della valle del Chiampo). Poi il caso di Schio, con un milione di euro di fondi da usare per un progetto di mobilità pubblica senza conducente. E Recoaro, un angolo di montagna vicentina a rischio abbandono scelta dalla Regione per ricevere 20 milioni di euro. Da seguire con molta attenzione il progetto dell’Area Berica, prosegue Xoccato, 24 comuni riuniti in un’associazione con personalità giuridica (sulla spinta della regionale n. 2 del 2020), 100 mila abitanti, una taglia giusta per giocarsi da protagonisti la partita dell’utilizzo dei fondi europei. In tarda mattinata l’intervento di Bruno Tabacci, pronto a riferire ai vicentini le ultimissime news che circolano negli ambienti economici governativi. Lo stile comunicativo è sicuramente quello della vecchia scuola democristiana, con accenni qua e là alla sua esperienza amministrativa (ha fatto il consigliere comunale in 5 comuni diversi) e puntate sui massimi sistemi per poi atterrare su cose molto concrete. Ma andiamo con ordine: l’allievo prediletto di Giovanni Marcora si introduce con i saluti di ordinanza alle autorità istituzionali; non poteva mancare quello al compagno Dc bassanese Luigi D’Agrò («Sono qui anche perché sollecitato dal mio amico D’Agrò»), seduto in prima fila di fianco al colonnello Michele Amendolagine, comandante Italiano delle infrastrutture di USASETAF (United States Army Southern European Task Force). Tabacci parte dall’attualità: guerra, inflazione, imprese alla canna del gas per il costo dell’energia. Ma, dice il sottosegretario, un po’ di memoria storica recente bisogna pur farla: «Da presidente della Commissione Attività Produttive della Camera già 20 anni fa mettevamo nero su bianco che questo Paese aveva bisogno di almeno 20 nuovi rigassificatori. Abbiamo perso tanti treni sull’energia, abbiamo lasciato andare anche le migliori menti al mondo nella tecnologia per il nucleare. Il mio maestro Marcora aveva due libretti dove faceva di conto: uno ci teneva la contabilità delle sue vacche e sull’altro ci annotava i risparmi ottenuti grazie alla centrale nucleare di Caorso». La guerra, afferma il sottosegretario, ci obbliga a dire basta alle visioni deliranti di Putin sulla Grande Russia («Va sostenuta e rispettata la resistenza ucraina»). Ci saranno pesanti contraccolpi. «Non ci sarà crescita e dovremo comunque fare una politica di bilancio prudente. Abbiamo un debito pubblico che sta in piedi solo grazie alla fiducia di cui Mario Draghi è il custode». Arriva in coda al discorso il momento delle rievocazioni storiche: un momento simile, arringa Tabacci ad una platea molto attenta, lo abbiamo già vissuto: «Nel 1973 con al governo uno statista vicentino, Mariano Rumor. Anche allora c’era la guerra e la crisi energetica». Alla fine si parla di Next Generation EU: tre quarti del debito comune è riferito a progetti italiani, se falliamo noi salta per aria per l’Europa. Il conflitto in Ucraina imporrà un Next Generation 2 fondato su difesa europea e un piano energetico alternativo. «Noi italiani su questo abbiamo una grande tradizione di pensiero, già Alcide De Gasperi nel secondo Dopoguerra pensava alla Ced (Comunità europea di difesa), mentre Enrico Mattei sul versante dell’indipendenza energetica ha pagato un prezzo molto alto». Rimanendo al Next Eu 1: i progetti e i soldi che perderemo non li avremo di nuovo, la scadenza tassativa è al 31/12/2026, con 527 condizioni da rispettare a livello nazionale (milestone). E se le opere non saranno aderenti ai progetti dovremo pure ridare indietro i soldi. Tanto per dare l’idea delle tempistiche: entro il 2022 dovremo superare con successo 83 dei 527 paletti previsti. E quindi via con la riforma del Catasto («Una legge ferma al 1939, non significa alzare le tasse ma fotografare la situazione immobiliare con valori aggiornati. Oggi chi ha un bosco improduttivo ha lo stesso trattamento di chi ha un vigneto specializzato…»), riforma del codice degli Appalti e riforma della Giustizia. Da segnarsi il messaggio finale che il guidatore rivolge ai passeggeri (Draghi vs partiti). «Draghi? Un lavoro ci ha già detto che è in grado di trovarselo da solo, lui è il garante del nostro debito. Quindi vediamo di non esagerare. Anche perché gli italiani, dopo due anni di pandemia e ora con la guerra, sono molto più attenti alle cose serie. Scusate la franchezza».
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