Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
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ConFratigianato

Il Convento dei Frati Cappuccini, il Capitolo, la chiusura: intervista al presidente di Confartigianato Bassano Sandro Venzo. “I frati hanno una marcia in più, la vicinanza del territorio è un dato di fatto, ci rivolgeremo a Sua Santità”

Pubblicato il 08-03-2023
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Via Convento? No, facciamo ancora in modo che rimanga.
Il presidente di Raggruppamento di Confartigianato Bassano Sandro Venzo è certamente scosso per il Capitolo rovinato tra capo e collo sul destino del Convento dei Cappuccini di Bassano.
E ne ha ben donde: Venzo, folgorato sulla via di San Sebastiano e assieme all’assessore regionale Elena Donazzan, è infatti notoriamente il co-promotore della mobilitazione “Salviamo i Frati a Bassano” che ha raccolto più di 8000 firme a sostegno del mantenimento dei religiosi nel complesso in riva al Brenta al Margnan. Una marea di adesioni che alla luce della decisione del III Capitolo Ordinario della Provincia Veneta di Santa Croce dei Frati Minori Cappuccini - e cioè quella di chiudere la struttura dove i frati risiedono esattamente da 200 anni - rischia di essere archiviata come carta straccia.

Il presidente di Confartigianato Bassano Sandro Venzo (foto Alessandro Tich)

Eppure Fratel Venzo, come l’ho ribattezzato, non demorde. Ha preso atto della deliberazione del Capitolo dell’Ordine provinciale veneto dei Cappuccini ma sta già scaldando i motori per il piano B. Dove B, di fatto, altro non è che l’iniziale di Bergoglio. Nientepopodimeno.
Ma ci arriveremo tra poco.
Incontro il presidente di Confartigianato Bassano nell’azienda Venzo Stampi, di cui è il titolare, ubicata a Romano d’Ezzelino vicino allo svincolo di Cassola della tangenziale.
Io sono invece il titolare della Tich Stampa e non posso fare a meno di intervistarlo per sentire direttamente dalla sua voce quali sono le iniziative che pensa possano essere messe in campo per non disperdere definitivamente tutte le adesioni raccolte a favore della permanenza dei frati a Bassano, dopo una mobilitazione che ha davvero superato anche le più rosee aspettative.
Comunque sia, la sentita e spontanea partecipazione di imprenditori del territorio che grazie all’azione collettiva “Salviamo i Frati a Bassano” stanno per costituire una Onlus a sostegno, in primis finanziario, dei frati e del loro Convento ha fatto idealmente sorgere una nuova categoria economica: la ConFratigianato.

Presidente Venzo, intanto si è mai chiesto perché la massiccia adesione di un territorio all’iniziativa “Salviamo i Frati a Bassano”, con il coinvolgimento di così tante persone, non sia stata sufficiente a convincere il Capitolo a decidere in modo diverso?
È una delle domande alle quali non so darmi una risposta. Se alla domenica mattina io guardo Piazza San Pietro quando Sua Santità dà la sua benedizione alla messa in piazza, la piazza ormai da qualche anno non è più piena come una volta. Quindi il problema dei fedeli esiste. Al contrario invece, Bassano ha dimostrato che la vicinanza ai frati è un dato di fatto evidente. Più di una persona mi dice: “se chiudono, io neanche più vado a messa”.

Perché?
Perché la chiesa dei frati viene vista come un luogo diverso dalla chiesa “normale”. Cioè i frati hanno una marcia in più. La gente si fida molto più del frate, lo vede ancora come una persona vicina alle persone. Ed è una cosa che io ho provato a dire anche a livelli ecclesiastici di un certo tipo. So che è brutto da dire il fatto che le chiese si svuotano e i frati resistono, perché anche sabato sera mi dicono che la chiesa dei frati era piena mentre a San Francesco, anche si fa la messa, la chiesa spesso è quasi vuota. Pensando quindi al valore dei frati e al fatto che riescono a portare gente da tutto il territorio, questa domanda ce la siamo posta. Noi. Non so loro.

Ora il rospo è ingoiato. E adesso che si fa?
Avevamo il piano A che praticamente è morto, perché con la chiusura decisa dal Capitolo il piano A non c’è più. Abbiamo il piano B, che è quello di puntare alle uniche due persone che possono cambiare le sorti, che sono il cardinale Parolin, il numero due della Chiesa vaticana, e Sua Santità. Quindi il piano B lo stiamo percorrendo. Nel frattempo la Onlus promossa dagli imprenditori in settimana viene costituita, quindi va avanti. Rimane il piano C.

E cioè?
Il piano C, che è proprio l’ultimo ma che non abbandoniamo, è dovuto al fatto che il Capitolo che si è riunito avrebbe stabilito che tutto il complesso del Convento, che ha il vincolo di non poter essere venduto e pertanto rimane di proprietà dell’Ordine religioso, venga lasciato in utilizzo alla comunità. Dovesse essere vero che venga lasciato alla comunità, come hanno detto, a quel punto dovrà diventare un centro sia di spiritualità, sia di accoglienza. Ma la mensa bisognerà portarla avanti, le stanze bisogna recuperarle e fare in modo che si possano anche accogliere persone o famiglie bisognose. Cioè la struttura, e quello che Bassano pensa della struttura, almeno che rimanga nel territorio. Il piano B è una speranza, il piano C potrebbe essere una realtà.

Parliamo del piano B. Lei crede che la strada che porta fino a Papa Francesco, che presumo abbia anche tante altre cose a cui pensare, sia davvero percorribile?
Noi la percorreremo e abbiamo già una serie di contatti. Che poi Sua Santità o il cardinale Parolin decidano - e non è mai successo in 500 anni di storia, a quanto mi risulta - di ribaltare la decisione di un Capitolo, quella è un’altra cosa. Perché immagino che abbiano magari qualche altro problema in questo momento da gestire all’interno della Chiesa. E quindi su questa cosa il punto di domanda ce lo metto. Però, essendo l’unica strada percorribile, per mal che vada potremo dire che di aver fatto tutto quello che era umanamente possibile.

Ma come ci arrivate? Perché a San Pietro non si suona il campanello…
No, a San Pietro non si suona il campanello però abbiamo delle persone che hanno rapporti con il campanello e quindi suoneranno il campanello per noi, per farci entrare.

Faccio l’avvocato del diavolo, anche se parlando di religiosi non è il massimo. Ipotizziamo che dalle massime sfere vaticane arrivi un “no” alla vostra richiesta di riconsiderare il caso. Ipotizziamo anche che nel piano C venissero fuori delle problematiche di investimenti notevoli per portare avanti una struttura del genere. E allora la messa è finita?
Riguardo a “la messa è finita”, nel caso i frati vadano via, è già un punto di domanda a cui non sono in grado di rispondere perché non so se si potrà ancora dire messa in quel luogo. Per quanto riguarda invece il Convento, la struttura è stata risistemata, perché siamo entrati due settimane fa e abbiamo visto che a livello di tinteggiature, balconi e murature è stato sistemato non moltissimi anni fa. Sappiamo di dover mettere le mani alle stanze, perché quelle sì che sono da sistemare, ma non c’è bisogno di una ristrutturazione di un luogo che sta cadendo. È un luogo che è operativo, quindi non abbiamo in testa delle cifre diverse da quelle che sono le cifre reali dei costi del Convento.

Quindi, in definitiva, se Francesco dicesse “no”, cosa resta allora?
Resta la possibilità - se rimane un luogo che i Cappuccini non sconsacreranno, e questo non lo so dire - di un luogo dove si potrà dire messa. So che c’è un convento anche ad Asolo, ce n’è un altro a Cittadella e quindi possono nascere delle collaborazioni. C’è un convento con dei frati giovani anche sulla Priabona, quindi a una trentina di chilometri da qua. Non credo sia quello il problema. Ma il problema maggiore è un altro, che io sottolineo per una volta tanto dal mio punto di vista di imprenditore, perché devo parlare anche da imprenditore. E cioè quello che ci sono delle volte in cui hai un ordine del giorno, e mi riferisco al Capitolo, e se quel giorno prendevano il punto sui frati di Bassano e lo posticipavano di tre anni, penso che in questo momento saremmo tutti molto più felici e contenti. È una scelta, la potevano fare e non l’hanno fatta.

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