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Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it

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Venezia-Tokio: andate e ritorni

Centorizzonti Estate ha inaugurato il programma della stagione 2022 alla Tomba Brion di San Vito di Altivole con le narrazioni di Luca Scarlini e il flauto di Fabio Pupillo

Pubblicato il 20-06-2022
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Domenica 19 giugno, Centorizzonti Estate ha inaugurato il programma della stagione 2022 a San Vito di Altivole.
Anticipato dai saluti del sindaco Chiara Busnardo e della responsabile della rassegna culturale Cristina Palumbo, nel piazzale antistante la chiesa del paese, nei pressi della Tomba Brion, Luca Scarlini accompagnato dal flauto di Fabio Pupillo ha portato sotto le stelle in prima nazionale un racconto affascinante dedicato a personaggi e luoghi che appartengono al territorio.
La formula di questi appuntamenti, che coniuga narrazione e arti, ha dimostrato negli anni di essere molto apprezzata e in questo caso si tradurrà per il pubblico in un dittico — il secondo spettacolo avrà luogo ad Asolo il 29 luglio.

Tomba Brion, a San Vito di Altivole (foto Laura Vicenzi)

Veneto Manga – o del Giappone in Veneto e del Veneto in Giappone era il titolo dell’appuntamento: oggetto dell’esplorazione di Scarlini il connubio tra il Paese del Sol Levante e Venezia, in modo particolare ai tempi della Serenissima. L’incontro è stato suddiviso in due parti: la prima, volta a tessere rotte fra panorami e storie di uomini vissuti tra arte e commercio (e traiettorie del potere, a partire da quello religioso) che hanno attraversato i secoli e che profumavano di viaggi impossibili, da caravanserraglio, fino ad arrivare, tra lampi di divagazioni approdate al cinema, alla letteratura, al teatro, alla fotografia e all’architettura, al Novecento di Carlo Scarpa e alla Tomba Brion — un mausoleo, precisa Scarlini, cioè un luogo che anticamente celebrava l’amore; la seconda parte è stata ospitata in notturna nel giardino dove regna la bellezza della tomba progettata da Scarpa dedicata all’imprenditore illuminato veneto che creò la Brionvega. Protagonisti del racconto e delle letture del narratore, sempre in dialogo con la musica eseguita al flauto da Pupillo scelta nel repertorio dei compositori giapponesi Tōru Takemitsu e Kazuo Fukushima e del veneziano Ugo Amendola, sono stati tra gli altri alcuni intrepidi preti Gesuiti e l’ambasciatore dell’imperatore Ito Mancio; con loro Enrico di Borbone, conte di Bardi, appassionato collezionista i cui innumerevoli tesori raccolti durante i viaggi che intraprese in Oriente nell’Ottocento si possono ammirare al Museo di Ca’ Pesaro, a Venezia; inoltre Felice Beato, fotografo italiano che fu tra i primi a tracciare una nuova via d’oro, scattando fotografie in Asia Orientale, e poi naturalmente Carlo Scarpa, con la sua ossessione per la luce e come avrebbe detto Vitaliano Trevisan, con il suo delirio per il particolare.
A fare la loro comparsa in questo racconto tutto al maschile ci sono D’Annunzio, con la novella Mandarina dove lo scrittore criticava la moda del Japonisme, ma poi anche Patty Pravo, con la famosa bambola canterina in versione giapponese. I rimandi al teatro nō, con le sue architetture ardite che per noi sono silenzio, meriterebbero una trattazione a parte, soprattutto se riferibile in concatenazione all’appassionata rappresentazione con commentario cifrato del ciclo della natura (nascita, appassimento, decadimento, morte e rinascita) che è la Tomba Brion.
Seppur nascano dall’erudizione, la cifra di queste narrazioni offerte al pubblico da Scarlini non ha una complessità che frappone distanze: nel buio del fine serata, vicinissimi l’ombra nera e alta del mais e uno sciabordio d’acqua che si sente prezioso come le note cantate dal flauto, queste storie accennate che travalicano spazio e tempo si avvicendano nella mente in composizione e vanno a dialogare senza sforzo con le linee belle del cemento armato a nudo, voci su un’astronave che parla di umanità, e di notte.

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