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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it

Politica

Capitano Coraggioso

Luigi Brugnaro, sindaco di Venezia e presidente di Coraggio Italia compreso nel simbolo di Noi Moderati, a Bassano per la campagna elettorale dove presenta il suo libro. I suoi inediti ricordi bassanesi e i punti centrali della sua proposta

Pubblicato il 19-09-2022
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Brassaï. L’occhio di Parigi

“Da giovane sono stato molte volte a Bassano. Venivo la sera in televisione a fare le televendite. Tornavo a casa alle quattro di mattina.”
Carramba che sorpresa. Luigi Brugnaro, imprenditore (l’agenzia per il lavoro Umana, poi evolutasi in holding nel settore servizi, l’ha fondata lui), attuale sindaco di Venezia al secondo mandato e presidente di Coraggio Italia svela l’inedito retroscena del suo passato quando era ancora uno studente universitario.
La Tv in questione era la mitica Telealto Veneto, in cui chi vi scrive ha lavorato per dieci anni e di cui era patron il cavalier Renato Furlani di cui il sindaco e oggi anche leader politico si ricorda ancora. Accadeva due o tre anni prima del mio arrivo a Telealto: per questo il giovane Brugnaro non fa parte delle mie memorie di allora giovane cronista.

Il candidato bassanese Pierpaolo Longo col sindaco di Venezia e presidente di Coraggio Italia Luigi Brugnaro (foto Alessandro Tich)

“Ho fatto prima le televendite dei tappeti - racconta ancora il primo cittadino ed esponente politico -. Reggevo in mano i tappeti da mostrare alla telecamera, alla fine della trasmissione me faseva mae i brassi. Poi sono diventato operatore al centralino per raccogliere le telefonate degli acquirenti in diretta. Dai tappeti sono poi passato alle televendite dei gioielli, portavamo anche 2-300 milioni di lire di gioielli in macchina.”
Non c’è che dire: vista l’ultima mercanzia portata a vendere in Tv è stato un inizio comunque brillante. Poi l’uomo che reggeva i tappeti è salito negli anni sul tappeto volante del capitano d’impresa entrato successivamente in politica ed è diventato quello che è diventato.
Incrocio Luigi Brugnaro al gazebo di Coraggio Italia allestito in piazza Libertà, dove a fare gli onori di casa è Pierpaolo Longo, il candidato bassanese capolista alla Camera della lista di Brugnaro inclusa nel simbolo di Noi Moderati all’interno della coalizione di centrodestra.
Un momento di incontro con la gente (“grazie di essere qui e buon lavoro”, gli dice una signora che lo riconosce e gli stringe la mano) e di incontro estemporaneo anche con i media prima di trasferirsi alla Sala degli Specchi di Palazzo Sturm, dove si tiene la presentazione del libro di Brugnaro “Ci giudicheranno i bambini” (sottotitolo: “Dall’azienda alla politica una via per l’Italia”), scritto in forma di intervista col giornalista Stefano Lorenzetto.
Ma cosa contraddistingue la proposta di Coraggio Italia-Noi Moderati rispetto alle altre liste, che non sono poche? Lo chiedo direttamente a lui.

“Siano una delle quattro forze all’interno dell’alleanza di centrodestra - risponde Brugnaro -. Cosa cambia? Cambia che noi siamo gente di qua, abbiamo messo gente che abita qua su questo territorio e non paracadutati. Siamo convinti dell’autonomia. Io l’ultima volta ho votato la Lista Zaia e abbiamo visto che il presidente è stato tradito nelle sue aspettative. Queste promesse continue, e son cinque anni che le sentiamo, non bastano più. I veneti devono darsi una mossa. Devono darsi una scaturìa, come si dice da noi. Per cui dobbiamo votare per il nostro interesse. L’interesse è quello di contare nei luoghi che contano, a Roma e a Bruxelles, perché lì fanno le leggi e lì fanno le finanziarie. E dobbiamo farlo con gente di qui.”
Il tema centrale che più interessa attualmente l’elettorato è la questione energetica e il caro bollette.”
“Su questa tematica - dichiara il presidente di Coraggio Italia - ci poniamo intanto dicendo che siamo sempre alla rincorsa dell’ultima emergenza. E io dico: è possibile? Quando è arrivata la pandemia non c’era neanche un piano pandemico fatto perché non lo avevano aggiornato, è venuto fuori con chiarezza. Ognuno ha affrontato le cose al meglio, perché ancora una volta dobbiamo ringraziare i cittadini che assieme ai sindaci, e lo dico da sindaco, sono stati in prima linea. Abbiamo fatto quello che abbiamo potuto assieme ai volontari, alle associazioni. Se non era così, veramente eravamo nei guai. E adesso con l’energia ci troviamo ancora una volta a dover rincorrere questa cosa e dare una risposta immediata. Però dobbiamo dire che bisogna fare una programmazione energetica seria per i prossimi 30 anni. Perché se no corriamo ancora dietro all’emergenza e la risposta seria non la iniziamo mai. Dobbiamo fare entrambe le cose: da una parte dare una risposta immediata alle bollette, ma contemporaneamente aprire i parchi eolici, parchi fotovoltaici, i rigassificatori e iniziare lo studio dell’energia nucleare, quella a diffusione, che è oggi la tecnologia più sicura e soprattutto che non inquinerà. Il futuro sarà questo.”
“Per le bollette - continua - io dico: il costo dello Stato ammonta a 1008 miliardi all’anno. Secondo lei, se si volesse davvero, non si potrebbero trovare nei tagli di quel bilancio 50 miliardi? Ne avremmo non solo per le bollette ma forse anche per assistere le fasce più deboli della popolazione. Il problema è che bisogna efficientare lo Stato. Apriamo inoltre i rubinetti che hanno chiuso i grillini e recuperiamo un po’ di metri cubi anche lì. Terzo: dobbiamo probabilmente riaccendere qualche centrale elettrica che è stata chiusa provvisoriamente, bisogna fare immediatamente i rigassificatori e se necessario, se non vogliono fare i tagli di bilancio, bisognerà fare anche uno scostamento di bilancio. Comunque va data una risposta nell’arco di un mese. Lo Stato deve fare in modo che le bollette arrivino com’erano nel 2019. Ci può essere qualche rincaro, ma non questi aumenti abnormi.”
Chiedo infine a Luigi Brugnaro che cosa si sente di dire ai cittadini delusi che pensano di non andare a votare.
“Che li capisco benissimo - è la sua risposta -. Dico però che sbaglierebbero. È come l’acqua: se ne togli un mestolo l’acqua non ha un buco. Per cui se voi non andate a votare, saranno altri a decidere per voi. Lo dico sempre ai ragazzi giovani ma anche alla gente delusa: Noi Moderati ci siamo, esistiamo, il centrodestra vincerà le elezioni molto probabilmente. Più forti siamo e più siamo anche radicati, più avremo risultati nel Veneto e più conteremo da subito. Perché la politica non è soltanto il numero dei parlamentari: è il peso politico che ci danno i cittadini. Batterebbe molto più un colpo questo segnale che non l’astensione.”

La successiva presentazione del libro di Luigi Brugnaro “Ci giudicheranno i bambini” a Palazzo Sturm, con l’autore che viene intervistato dal direttore del Giornale di Vicenza Marino Smiderle, è uno di quei momenti immancabili soprattutto per chi vi scrive.
Sono quei momenti che danno il sale e il pepe della campagna elettorale, dove la curiosità del vostro umile cronista non è solo rivolta al protagonista dell’incontro ma anche all’uditorio presente per l’occasione.
Ad attendere Brugnaro sopra le scale d’ingresso alla Sala degli Specchi c’è il sindaco di Bassano Elena Pavan, in versione “coalition” dopo aver partecipato ieri al raduno della Lega a Pontida. In prima fila, tra gli altri, siede l’ex sindaco Gianpaolo Bizzotto.
Ma il taccuino di Tich, soprattutto, non può non annotare la presenza in sala di due pezzi di giunta comunale che il sindaco Pavan ha perso per strada: gli ex assessori Stefania Amodeo e Tamara Bizzotto. Sono le strane combinazioni che si materializzano prima del voto.
Brugnaro parla a braccio, spara battute, è piacevole da ascoltare ed è scatenato.
Racconta a ruota libera delle sue origini (“io vengo dalla campagna”), della sua infanzia popolare vissuta alla periferia di Spinea - il famoso “entroterra” che la cultura dominante
ha sempre disegnato come “distaccato” da Venezia - col papà attivista sindacale, poi diventato comunista, e con la mamma maestra. Ricorda anche i “tanti paletti in bocca” ricevuti da giovane.
“Questo libro - spiega - racconta l’ottimismo e il senso della storia che tanti di noi hanno vissuto: la possibilità nel Veneto e in questo Paese di potercela fare.”
E anche come sindaco, al di là della sua attività d’impresa, ce l’ha fatta eccome.
Rammenta che appena eletto al suo primo mandato il Comune di Venezia, che era stato commissariato, aveva 800 milioni di euro di debito. “Sono diventati 700 in 7 anni - sottolinea -. 100 milioni in meno che non andranno a pesare sulle prossime generazioni. Se noi lavoriamo per un’idea di 20-30 anni, possiamo dire di perseguire il bene comune.”
Come sindaco (“lo faccio gratis, devolvo il mio stipendio in beneficenza”) non si è trovato solamente ad amministrare una città dai problemi eccezionali come Venezia, ma anche a gestire la struttura elefantiaca dell’apparato comunale: 3200 dipendenti del Comune, 7000 dipendenti delle società partecipate, 25 direttori e 75 dirigenti. Col tempo questi numeri sono stati sfoltiti e il lavoro riorganizzato con un “atto unilaterale” adottato per garantire provvisoriamente il funzionamento dell’ente fino al termine delle trattative per il nuovo contratto dei dipendenti comunali. “Ho avuto cinque anni di battaglie dei sindacati ma alla fine lo hanno sottoscritto tutti.”
Ciò che Brugnaro intende contrastare è “il partito della paura” che attanaglia i cittadini e blocca lo sviluppo del Paese. “Io non combatto per la destra o la sinistra. Io ce l’ho con quelli che fanno paura alla gente e poi ti dicono: non ti preoccupare, resta coi tuoi pochi soldi a casa che ti aiuto io. Quello è voto di scambio.”
L’incontro in Sala degli Specchi ha una conclusione memorabile. Accade mentre Luigi Brugnaro punta il dito su chi dice “no” a prescindere e ostacola o interrompe ciò che la politica ha intenzione di fare: “No Tav, No Carbon, No Mose…con tutti questi “no” non si va da nessuna parte.” È il momento in cui si apre all’improvviso la porta alle sue spalle, da cui spunta una addetta di Palazzo Sturm che a cinque minuti dalla scadenza avvisa perentoriamente: “Alle 7 dobbiamo chiudere.” The End.

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