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Alessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it
Mission: Impossible
Assemblea sul Ponte: gli architetti Massarotto, Sbordone e Guglielmini demoliscono progetto esecutivo e iter del restauro. “La vera responsabilità della situazione di stallo sta nel progetto, ma l'Amministrazione non vuole ammetterlo”
Pubblicato il 14-04-2018
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La pur capiente sala congressi dell'Hotel Palladio in città non riesce a contenere tutte le persone convenute per assistere all'incontro e mentre gli ultimi arrivati prendono posto l'impianto audio, come sigla di apertura, fa risuonare l'inconfondibile marcetta del film “Il Ponte sul fiume Kwai”. È un omaggio-citazione, da parte dei relatori, al nostro articolo di Bassanonet “Il Ponte sul fiume Guai” con il quale abbiamo annunciato l'appuntamento. Vale a dire l'assemblea pubblica intitolata “Il Punto sul Ponte”.
Punto interrogativo, come viene evidenziato sulla locandina dell'evento. Altrimenti non potrebbe essere per un argomento, come la situazione del progetto e dell'intervento di ripristino e consolidamento del nostro Ponte Vecchio, nel quale i dubbi continuano ad accumularsi sempre di più rispetto alle certezze. L'incontro è promosso dall'intera rappresentanza delle minoranze consiliari bassanesi: Impegno per Bassano, Forza Italia, Lega, Bassano ConGiunta, Movimento 5 Stelle e Portiamo Bassano al Centro.
Ma non sono i consiglieri comunali, che si siedono in mezzo al pubblico, a parlare.
Pino Massarotto in primo piano col modellino del rostro e poi nell'ordine Antonio Guglielmini, Giandomenico Cortese e Fabio Sbordone (foto Alessandro Tich)
Perché il compito di fare le pulci alle magagne passate, presenti e purtroppo anche future del soffertissimo restauro è affidato ai tre esperti chiamati a dire Ponte al Ponte: gli architetti Pino Massarotto, Fabio Sbordone - entrambi componenti del gruppo “Amici del Ponte di Bassano” - e Antonio Guglielmini. Tre Tenori che già più volte le hanno cantate sulle oggettive e ripetute difficoltà di un progetto e di un cantiere del genere, sui quali in questo momento ufficialmente tutto è fermo e tutto tace. Eccezion fatta per la commissione consiliare dell'altro ieri nella quale, in sostanza, l'Amministrazione comunale ha preso atto che allo stato attuale “manca ancora il 90% dei lavori”, addossando l'esclusiva responsabilità del gravissimo ritardo all'impresa appaltatrice Vardanega e portando il sindaco Riccardo Poletto ad auspicare, come riportato dal quotidiano locale, nientemeno che “un miracolo”.
Che l'argomento sia di estremo pubblico interesse lo si capisce appunto dalla massiccia partecipazione di comuni cittadini bassanesi all'incontro. Mescolati tra i quali siedono anche amministratori pubblici attuali (consiglieri di opposizione) e passati (come l'ex sindaco Gianpaolo Bizzotto). Ma ci sono anche il segretario cittadino del PD Luigi Tasca e l'onnipresente consigliera comunale di maggioranza (sempre PD) Paola Bertoncello, che non teme di entrare nella fossa dei leoni.
Tutti gli altri restano in piedi: nella sala attigua è comunque possibile assistere ai lavori in videoconferenza. È un trionfo, che non vedevamo da tempo in città, del cosiddetto pubblico delle grandi occasioni richiamato da un'assemblea che il giornalista Giandomenico Cortese, moderatore dell'incontro, definisce “un esercizio di democrazia”.
Il taccuino del cronista annota anche la presenza dei due neo parlamentari Barbara Guidolin (Movimento 5 Stelle) e Dario Bond (Forza Italia). Più tardi arriverà anche l'assessore regionale in quota Lega Manuela Lanzarin. Di certo non degli spettatori qualsiasi: da Roma e da Venezia sono stati erogati complessivamente 4,7 milioni di euro di finanziamenti per il restauro del Ponte e forse è meglio cominciare a metterci un occhio su come sono stati e saranno ancora spesi i soldi stanziati.
Il “plastico” a sorpresa
Spetta a Pino Massarotto, architetto in pensione e fondatore e coordinatore del gruppo “Amici del Ponte di Bassano”, aprire le danze dell'affollato consesso.
Lo fa spiegando i “fondamentali” del Ponte di Bassano, senza i quali le successive argomentazioni potrebbero non essere totalmente comprese. La prima parte del suo intervento è un Bignami di architettura per non addetti ai lavori: con parole semplici e con l'aiuto delle slides, il pubblico viene introdotto nel meraviglioso mondo delle stilate, della soglia su cui poggiano, dei pali che le sostengono, dei rostri che le difendono dalla forza del fiume. Sono gli elementi-base del modello strutturale del Palladio, che pur con varie modifiche è rimasto tale anche nelle ricostruzioni, delle quali quella del Casarotti (1821) è quella che ha disegnato l'attuale icona della città.
“Il nostro Ponte - afferma Massarotto - non è un monumento in senso classico, ma è soprattutto una struttura. Non ha elementi decorativi, ogni parte ha una sua funzione e con le altre collabora a resistere al fiume. È come una macchina: a riposo quando il Brenta è tranquillo, in sollecitazione quando arriva la Brentana.”
“Cito Lionello Puppi - continua - dicendo che il Ponte è “un meraviglioso prodotto dell'ingegno umano”. È il Ponte dei bassanesi: ad ogni riparazione è stato migliorato ma lo schema generale è sempre quello del Palladio.”
Un preambolo necessario per l'illustrazione di quella che per l'architetto è la prima grande incongruenza del progetto esecutivo firmato dall'ingegner Claudio Modena: la mancata attenzione ai rostri, i quattro doppi “puntoni”, a monte e a valle del manufatto, sorretti da una serie di pali profondamente infissi sotto l'alveo, che fungono da spartiacque e reggono la spinta della corrente. Anche le precedenti ristrutturazioni, quella del Casarotti compresa, hanno sottovalutato - ma mai eliminato - la funzione dei rostri che non sono mai stati adeguatamente potenziati e che sono i primi elementi ad andarsene, come nell'alluvione del 1966, distrutti dall'impatto dei tronchi trasportati dalla corrente in piena a 30 km/h. “Il professor Modena - sottolinea il relatore - ha rinunciato ad affrontare il problema della debolezza dei rostri, ignorandoli nel progetto e nei calcoli, perché è convinto che in occasione di grandi piene verrebbero comunque distrutti. Per questo ha previsto il rinforzo dell'impalcato con la trave reticolare che non è una trave di sostegno, come si pensa, ma ha la funzione di evitare che l'impalcato, una volta distrutti i rostri, possa inarcarsi.” Per la prima volta quindi “gli sforzi verrebbero scaricati sulle due sponde cinquecentesche”. “Il progetto prevede un'azione sugli effetti e non sulle cause, e cioè i rostri - rimarca l'architetto -, e stravolge le storiche funzioni strutturali del Ponte con gravi rischi, anche sulla fase costruttiva, per i fabbricati di sponda.”
E non manca, a questo punto, il colpo di teatro. Massarotto sale sul leggio a fianco del tavolo e tira fuori a sorpresa il “plastico” della situazione: un modellino in scala della struttura interna (senza il rivestimento delle travi orizzontali chiamate “filagne”) di un rostro del Ponte ristrutturato, così come da progetto esecutivo. Spiega che i rostri non verranno “incastrati” ma “impiantati” su una cerniera e mostra come l'azione della Brentana di turno non farà altro che inarcare il rostro, destinandolo a fine sicura. L'esempio del “plastico” colpisce la platea: Bruno Vespa non poteva fare di meglio.
Il traliccio sarcofago
Ma non è solo il progetto strutturale del restauro l'obiettivo del fuoco incrociato dei relatori. Ce n'è anche per la relazione storico-conservativa, affidata a un luminare del restauro architettonico del calibro del professor Giovanni Carbonara. Sulla quale si concentrano le osservazioni dell'architetto Fabio Sbordone, che intende evidenziare “le contraddizioni tra le cose che si affermano e le cose che si fanno”.
Puntando il dito sul “traliccio sarcofago”: e cioè la trave di fondazione in acciaio inox che sostituirà la vecchia trave di soglia, inserita dal Casarotti, che sostiene gli otto pali di ciascuna stilata. La sostituirà, ma senza soppiantarla: sarà una gabbia metallica che “racchiuderà” la vecchia trave di soglia, rotta e marcia, il cui cedimento sotto la seconda stilata ha provocato l'abbassamento delle colonne, la deformazione delle filagne del rostro e l'abbassamento dell'impalcato superiore.
Carbonara vuole che “resti intoccato ciò che resta della trave di soglia”, a testimonianza del passato storico del manufatto. Da qui l'inserimento, nel progetto esecutivo, della trave “sarcofago”, chiamata da una parte a sorreggere i pali e, dall'altra, a conservare al suo interno i resti della trave antica fino alla loro prevedibile totale consunzione per l'azione del tempo e dell'acqua. “Sostituire la soglia - controbatte Sbordone - sarebbe stata una soluzione meno invasiva e più rispettosa delle poche tracce di legname antico ancora superstiti.” “Le ragioni della conservazione - prosegue - sono dovute a cose che io conservo perché mi trasmettono delle notizie: ad esempio che tipo di legname, e con alberi di quale epoca, è stato usato per la trave di soglia. Ma è impossibile rinvenire nella trave di soglia schiantata notizie di questo genere, perché rimarrà “intoccata”.”
“Tutta l'attenzione alla sua conservazione si ferma qua - rileva l'architetto -, sarà lasciata al suo destino e non ne resterà più niente. Resterà la trave reticolare che nulla ha a che fare con la conservazione e trasmissione del racconto strutturale e esecutivo del Ponte.” “Mentre sulla trave di soglia l'atteggiamento è dogmatico - continua Sbordone -, per il resto del materiale ligneo il progetto prevede numerose sostituzioni, non meglio definite. Sul reperimento del materiale ligneo per il restauro, tutto tace.”
“La relazione storica - ribadisce - giustifica una scelta progettuale profondamente irrispettosa delle caratteristiche costruttive.” “In tutta la sua storia - rimarca l'architetto Fabio Sbordone - vediamo che il Ponte viene più volte trasformato con scelte di carattere costruttivo, tecnologico e di scienza delle costruzioni dei vari periodi, ma i principi architettonici permangono. Qui ci troviamo davanti a uno stravolgimento dello schema strutturale.”
E così, per mantenere intatti gli spezzoni della vecchia trave di soglia, ecco che sarà posato il traliccio di fondazione. Ma, come vedremo, la sua installazione non è ancora tecnicamente risolta: e - restando in tema di sarcofagi - forse gli antichi Egizi, rispetto al restauro del Ponte e se le cose andranno avanti così, magari avranno fatto anche prima a costruire le Piramidi.
A metà del guado
“Non spetterebbe a me presentare la situazione del Ponte, dovrebbero essere altri, che ne hanno la responsabilità.” Esordisce così l'architetto Antonio Guglielmini a cui è affidata la parte strong della serata: quella sui tempi e sui costi dell'intervento.
Del quale, come spiega il professionista, si inizia a parlare nel 2012: anno delle prime indagini conoscitive e diagnostiche sul manufatto che cominciava a evidenziare i suoi problemi. Tutto il resto è successivo al settembre 2014, con l'attuale Amministrazione comunale appena insediata. Per le sole fasi preparatorie del progetto e i lavori di somma urgenza sono stati impiegati (impegnati con determina o spesi) oltre 211mila euro in incarichi di consulenza tecnica “tutti in deroga” e cioè sotto la soglia dei 40mila euro che all'epoca consentiva gli affidamenti con incarico fiduciario, senza bando. E il totale dei costi della fase preliminare del progetto esecutivo, fino al 30.09.2015, ammonta a 749.192,70 euro di cui 488.040,00 per lavori e opere di somma urgenza.
Si arriva poi al progetto di intervento del prof. ing. Claudio Modena. Approvato in tutte le sue fasi dall'Amministrazione a tempo di record, in due soli mesi: preliminare il 22.09.2015; definitivo il 20.10.2015; esecutivo il 26.11.2015.
“Solo una soluzione è stata valutata e non altre proposte progettuali alternative” - rimarca Guglielmini, che sottolinea come i finanziamenti per l'intervento del Ministero dei Beni Culturali (Decreto ministeriale del 01.09.2015) siano stati stanziati ancora prima dell'approvazione del progetto preliminare. Guglielmini snocciola quindi tutti i principali dati del prolungato iter, contenzioso giudiziario compreso (durato 365 giorni e costato oltre 369.000 euro di cui oltre 89.000 per spese legali e giudiziarie, e il resto per gli incarichi in deroga e interventi di messa in sicurezza durante l'intero anno di stallo), passando per le numerose altre vicissitudini già note anche ai lettori di questo portale, fino ad arrivare alla situazione di oggi. L'architetto informa la platea che dalla consegna dei lavori in data 02.03.2017 alla data dell'assemblea sono trascorsi 408 giorni.
Quasi la metà degli 850 giorni contrattuali previsti fino all'ultimazione dei lavori, fissata al 29.06.2019. “Il cronoprogramma è sbagliato - commenta -. O per fare tutto l'intervento basta la metà del tempo, oppure nel 2019 non ci si arriva neanche con i miracoli.”
Dei 6,7 milioni del costo complessivo dell'opera, ne sono stati già spesi od impegnati al 13.04.2018 oltre 2 milioni e 315.000, pari al 34,5%. Il cantiere è fermo e ci sono problematiche ancora da risolvere: l'intervento sulle spalle destra e sinistra, con le garanzie richieste dalla ditta Nardini; la trave reticolare di impalcato, che in caso di esito negativo della verifica Nardini non sarà fattibile e l'intero progetto dovrà essere rifatto; i rostri a monte e a valle, mai verificati dal progetto approvato ma su cui sarà necessaria una verifica strutturale nel caso non possa realizzarsi la trave reticolare d'impalcato.
Nel frattempo sono arrivati due nuovi consulenti tecnici (l'ing. Gianmaria De Stavola, per supporto tecnico al RUP e l'ing. Giorgio Rizzo, per le verifiche strutturali sui fabbricati Nardini) che si aggiungono al gruppo di progettazione e controllo composto da oltre 20 tecnici di varie competenze. Per un progetto e un cantiere che non vanno avanti, è proprio uno squadrone.
Il germe dell'autodistruzione
Prima che arrivi il momento delle domande del pubblico, tocca nuovamente a Pino Massarotto trarre una conclusione. Che inizia con la dichiarazione del giorno.
“Tutta l'operazione - afferma - è stata fatta con la fretta, per partire coi lavori l'1 gennaio 2016. Ma il progetto Modena e Carbonara aveva il germe dell'autodistruzione.”
Esattamente - aggiungiamo noi - come i messaggi registrati di “Mission: Impossible”.
Che sembra essere ormai il titolo più adatto per sintetizzare la situazione del restauro del Ponte all'attuale stato delle cose.
“Il progetto - spiega l'architetto - prevede di sollevare il Ponte dall'alto con l'opera provvisionale della trave tipo Bailey ma si dovrà cambiare idea perché le pile sono troppo deboli.” “Nardini - incalza il relatore - ha richiesto garanzie precise sulla trave reticolare di impalcato con una convenzione molto stringente. Garanzie che in due anni i progettisti non stati in grado di dare. Ora dovrà tentare di darle il consulente incaricato dal Comune sulla verifica statica di 10 appartamenti, 6 negozi e 1000 metri quadri di uffici che dovrà essere contenuta in una relazione che non è ancora iniziata.”
“La trave di fondazione - aggiunge - non si può più costruire come da progetto perché i punti di appoggio sono già occupati dai sostegni messi su dalla Vardanega che non erano previsti ma che erano necessari per il pericolo di crollo della seconda stilata. Sostegni installati dall'impresa senza essere né autorizzati né impediti dalla Direzione Lavori, ma informalmente accettati.” “L'impresa - chiarisce ulteriormente l'esperto - ha proposto delle soluzioni di modifica alla trave di sotto per inserirla con un altro sistema. Ma non c'è stata ancora la risposta della Direzione Lavori e l'impresa è lì che aspetta.”
“Si aggiunge - rincara la dose - la rinuncia del professor Modena che del progetto non se ne occupa più. Cosa resta del progetto? Non resta più niente.”
“Anche l'Amministrazione comunale - evidenzia Pino Massarotto - ha capito che la vera responsabilità della situazione di stallo sta nel progetto, ma non vogliono ammetterlo e cercano in tutti i modi di colpevolizzare l'impresa. Oggi non hanno la minima idea di come uscire da questo impasse. De Stavola sembra brancolare nel buio, propone ancora il Bailey ma non lo può fare, rischiamo di perdere anche la finestra invernale.”
“Non ci resta che la speranza - conclude - che l'Amministrazione nei prossimi mesi ritrovi la saggezza e l'umiltà per trovare una via, nell'ambito della ragionevolezza e della legalità, per uscire da questo impasse. Gli scenari che ci attendono sono i più vari e imprevedibili, forse davvero servirebbe un miracolo.”
Non c'è che dire: il restauro del Ponte, così come sono messe e come sono state presentate le cose, è davvero una “Mission: Impossible”. La marcetta de “Il Ponte sul fiume Kwai” va in archivio: la nuova colonna sonora è quella dei film con Tom Cruise.
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