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Alessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it
Fratellini d’Italia
Cittadinanza e referendum. Bassano per Tutti sui minori stranieri nati nel nostro Paese: “A Bassano risiedono 472 minorenni stranieri nati in Italia. Chiediamo che si smetta di considerare cittadino di “serie B” chi vive tra noi fin dalla culla”
Pubblicato il 05-06-2025
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Tanto per incominciare, diamo subito i numeri.
I minorenni stranieri residenti a Bassano del Grappa e nati in Italia sono 472. Costituiscono la stragrande maggioranza dei 523 cittadini stranieri residenti a Bassano e nati in Italia. Il tutto all’interno del numero complessivo di stranieri residenti a Bassano, che rappresentano l’8,2% della popolazione.
I minorenni bassanesi stranieri nati nel nostro Paese sono i Fratellini (e le Sorelline) d’Italia a cui la lista civica Bassano per Tutti, in vista dell’imminente referendum di domenica 8 e lunedì 9 giugno, dedica particolare attenzione.

La conferenza stampa di Bassano per Tutti (foto Alessandro Tich)
I dati sopra riportati sono stati acquisiti grazie ad un accesso agli atti del Comune di Bassano, per il tramite del consigliere comunale Paolo Retinò, e in quanto tali sono attendibili e soprattutto aggiornati.
Delineano il quadro della situazione, come affermano gli esponenti della lista in conferenza stampa, che riguarda 472 bambini e bambine e ragazzi e ragazze che pur avendo visto la luce sul suolo italico “non sono cittadini italiani ma stranieri a tutti gli effetti”, con tutte le complicazioni del caso rispetto ai loro coetanei non foresti.
“A Bassano del Grappa - dichiarano i rappresentanti di Bassano per Tutti - ci sono oggi 472 bambini e adolescenti che, pur essendo nati o cresciuti qui e perfettamente integrati in famiglia, a scuola e nello sport, non sono ancora cittadini italiani. Per lo Stato restano “stranieri”: soggetti a complessi iter amministrativi, chiamati a dimostrare residenza continuativa, reddito stabile e fedina penale immacolata dei genitori, e destinati a vedersi riconoscere il diritto di cittadinanza solo dopo 12, 15 o addirittura 20 anni di vita sul territorio nazionale all’insegna del rispetto del diritto e della società in cui vivono.”
Già: perché adesso funziona così.
Chi nasce in Italia da famiglia straniera deve attendere il compimento del diciottesimo anno di età per presentare domanda di naturalizzazione, entro il compimento del 19simo anno, e solo dopo ulteriori 10 anni di residenza legale continua può sperare, come osserva BpT, “di vedersi riconosciuti i diritti che spettando di diritto a chi è nato qui da sempre, per caso, per fortuna”.
Una volta raggiunta la scadenza dei 10 anni per presentare domanda di naturalizzazione, poi, non è che la cittadinanza italiana arrivi il giorno dopo, grazie ai tempi da lumaca della burocrazia del Bel Paese, facendo allungare anche di qualche anno l’ottenimento del diritto.
Inoltre, se per caso la residenza continuativa della famiglia si interrompe per qualsiasi motivo - anche per un breve periodo, fosse pure solo di un mese - al rientro in Italia il conteggio degli anni dell’intera pratica per i minori riparte da zero.
Può inoltre succedere - come spesso succede - che siano i genitori stranieri, dopo i fatidici 10 anni di residenza continuativa, a richiedere e ad ottenere la cittadinanza italiana. Nel qual caso possono estendere la cittadinanza ai figli minorenni, ma non a quelli maggiorenni che non possono fare richiesta dopo il 18simo anno di età e devono pertanto di sottostare a tutta la decennale trafila.
“Questa situazione è ingiustificabile - sottolinea Bassano per Tutti -. I nostri ragazzi parlano italiano, condividono sogni, speranze e responsabilità con i coetanei di origine italiana, ma non hanno gli stesso diritti. Chiediamo che si smetta di considerare cittadino di “serie B” chi vive tra noi fin dalla culla: i 472 minorenni residenti a Bassano non possono più aspettare. Serve un cambiamento della legge.”
Ed ecco che capita a fagiolo il quesito referendario numero 5 dell’8 e 9 giugno (gli altri quattro quesiti riguardano temi del lavoro) che propone di ridurre da 10 a 5 anni il periodo minimo di residenza legale in Italia per richiedere la cittadinanza, con riferimento agli stranieri extracomunitari maggiorenni.
Va detto, a onor del vero, che il quesito non richiede di introdurre “una novità”.
Il requisito dei 5 anni per ottenere la cittadinanza italiana era stato infatti introdotto nel 1865 (non ho sbagliato numeri sulla tastiera: era proprio il 1865) ed era rimasto invariato fino al 1992.
In sostanza - e sempre che si raggiunga il quorum dei votanti - se vince il Sì, il termine richiesto sarà nuovamente ridotto a 5 anni, facilitando l’accesso alla cittadinanza italiana per gli stranieri non comunitari che risiedono regolarmente nel nostro Paese.
Se vince il No, non cambia nulla e l’attuale requisito dei 10 anni rimarrà invariato.
Dal punto di vista puramente tecnico e semplificando alla grande, il quesito chiede di abrogare (Sì) oppure di mantenere invariati (No) i punti dell’articolo 9 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante “nuove norme sulla cittadinanza”, riferiti alla dicitura “allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica”.
“Il quesito - ricorda in conferenza stampa Elisa Artuso di Bassano per Tutti - si propone di venire incontro ai cittadini stranieri nati o residenti in Italia diminuendo l’attesa da 10 a 5 anni. Tutti gli altri criteri della legge del 1992 rimangono tali.”
In altre parole, se vincesse il Sì gli stranieri in possesso dei requisiti dimezzerebbero i tempi di attesa per fare la richiesta di naturalizzazione, ferma restando l’ottemperanza a tutti gli altri criteri richiesti dalla legge in materia: la conoscenza della lingua italiana, il possesso negli ultimi anni di un reddito dimostrabile, l’incensuratezza penale e l’assenza di cause ostative collegate alla sicurezza della Repubblica.
“Il quesito referendario dell’8 e 9 giugno - sostiene BpT - propone un compromesso sensato e moderato né rivoluzionario né eccessivamente permissivo. Cinque anni sono un arco di tempo sufficiente a garantire integrazione, apprendimento della lingua e inserimento sociale, senza condannare i minori a un limbo di incertezza che dura per tutta la loro infanzia e adolescenza.”
“Sul tema della cittadinanza si fa molta speculazione politica, senza parlare di dati - afferma il consigliere di Bassano per Tutti Paolo Retinò -. A Bassano ci sono 472 cittadini stranieri, nati in Italia, che hanno ancora 18 anni da compiere. È la grande ingiustizia della cittadinanza. Essere italiani oppure non esserlo non è una questione di nascita, ma di rispetto per la nostra comunità e per chi la costruisce tutti i giorni.”
Come afferma un volantino della lista civica sul “Perché votare Sì al referendum dell’8 e 9 giugno”, l’8 e passa % degli stranieri residenti a Bassano “lavorano a Bassano, frequentano le scuole di Bassano, contribuiscono alla Bassano futura”.
E attualmente “18 anni è l’attesa per poter chiedere la cittadinanza se sei nato e cresciuto in Italia, incrociando le dita”.
Anche perché, finché non diventi italiano e sei uno straniero non comunitario, non puoi fare molte cose: non hai diritto di voto una volta raggiunta l’età per votare, non puoi partecipare ai concorsi, ti sono preclusi scambi di studio all’estero tipo Erasmus eccetera, e se per caso hai il permesso di soggiorno scaduto entri in modalità “buonanotte ai suonatori” e tra le tante cose, come è già successo nelle scuole a Bassano, non puoi nemmeno partecipare alla gita scolastica con la tua classe.
“È frustrante avere a che fare con situazioni come questa”, commenta Retinò che, come Elisa Artuso, di professione fa l’insegnante.
“L’Italia è cambiata, è una nazione plurale e multiculturale: siamo figli di questo cambiamento e dobbiamo esserne orgogliosi - conclude la lista civica Bassano per Tutti -. Ora tocca alla legge adeguarsi ai fatti. Chiediamo ai cittadini di Bassano del Grappa di votare Sì al referendum e di far sentire la propria voce: non per favorire “stranieri”, ma per riconoscere diritti a chi, da sempre, è parte integrante della nostra comunità. Cittadini di fatto ma non ancora di diritto.”
Insomma, e riassumendo: per venire incontro alle aspettative di quelli che sono i Fratellini d’Italia, e non i Fratellastri.
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