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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it

Cronaca

Benestante del crimine

Operazione congiunta dei Carabinieri e della Guardia di Finanza di Bassano: sequestrati beni per oltre 500mila euro a un nomade domiciliato in provincia di Como. Tre anni fa fu uno degli autori di una brutale rapina in casa a San Giuseppe di Cassola

Pubblicato il 04-11-2016
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Brassaï. L’occhio di Parigi

L'operazione congiunta del Comando Compagnia Carabinieri e del Comando Compagnia Guardia di Finanza di Bassano del Grappa si chiama “Arancia Meccanica”, e non a caso.
Tutto è partito infatti dalle indagini conseguenti a una cruenta rapina in abitazione compiuta l'8 maggio 2013 a San Giuseppe di Cassola.
In quella data, alle 13.30, due individui travisati con parrucche e occhiali, fecero irruzione - attraverso le porte e finestre lasciate aperte - nella casa in via Sant'Antonio 12 della 63enne Patrizia Colasurdo e della madre Lucia Borghi, 100 anni, che erano appena rientrate da una passeggiata fino al supermercato.

La conferenza stampa congiunta di Carabinieri e Guardia di Finanza a Bassano (foto Alessandro Tich)

I malviventi si accanirono contro la figlia, insegnante in pensione, con una scarica di calci e pugni, sferrando anche un cazzotto in pieno volto alla madre centenaria. La 63enne venne anche legata alle mani e narcotizzata per impedirne qualsiasi reazione. Il tutto per arraffare un consistente bottino in preziosi e orologi e guadagnarsi la fuga. Patrizia Colasurdo finì all'ospedale per contusioni multiple al viso e trauma cranico.
Le immediate indagini dei Carabinieri portarono all'individuazione e alla denuncia all'autorità giudiziaria, nel gennaio 2014, di sei soggetti, accomunati da legami di parentela o di clan familiare e accusati a vario titolo di rapina aggravata, lesioni personali, fiancheggiamento e ricettazione dei beni rapinati. Tutti finiti nel registro degli indagati della Procura della Repubblica di Como, dal momento che in quella provincia sono domiciliati.
Tra questi figura anche Tony Hudorovich, 48 anni, nomade di nazionalità italiana, con una sfilza di precedenti alle spalle. Secondo i riscontri investigativi, è stato lui uno dei due autori materiali della brutale rapina a San Giuseppe.
Una cosa è saltata subito agli occhi degli inquirenti: ovvero l'enorme sproporzione tra i beni patrimoniali a disposizione dell'Hudorovich e i pochi spiccioli risultanti invece dalle dichiarazioni dei redditi. Ne è conseguita una minuziosa e complessa serie di verifiche patrimoniali ed economico-finanziarie messe in campo, in totale sinergia operativa, dai militari delle Fiamme Gialle e dell'Arma di Bassano.
Gli investigatori hanno passato al setaccio le disponibilità patrimoniali e finanziarie sia del nomade 48enne che degli altri cinque suoi familiari indagati.
È stato in questo modo accertato l'illegale possesso, da parte dell'Hudorovich, di proprietà fittizie immobiliari e mobiliari del tutto incongruenti con i pochi redditi dichiarati. Il cerchio si è chiuso questa mattina alle 7, quando è scattato un blitz dei militari delle Compagnie Carabinieri e Guardia di Finanza di Bassano del Grappa, che su disposizione del Tribunale di Como e in collaborazione con i colleghi dell'Arma e delle Fiamme Gialle della provincia lombarda - per un totale di circa 40 uomini impegnati - hanno eseguito il sequestro di beni immobili, mobili e strumenti finanziari nella disponibilità dell'Hudorovich per un valore di oltre 500mila euro.
L'operazione - i cui dettagli sono stati illustrati in conferenza stampa a Bassano dal comandante della Compagnia Carabinieri, capitano Adriano Fabio Castellari e dal comandante della Compagnia Guardia di Finanza, capitano Michele Piazzolla - ha comportato nella fattispecie il sequestro di otto unità immobiliari (quattro appartamenti, un villino e tre autorimesse) localizzate tra le province di Como e Varese, nonché gioielli e preziosi e disponibilità finanziarie in conto corrente per un ammontare complessivo, appunto, di oltre mezzo milione.
Secondo una tecnica consolidata tra i benestanti della malavita, l'indagato non risultava formalmente essere il proprietario dei beni immobili posti sotto sequestro, avendone trasferito la titolarità a compiacenti prestanome.
Tre dei quattro appartamenti erano infatti intestati al nipote 19enne, che non ha mai presentato dichiarazioni dei redditi e abita in un altro locale. Gli altri immobili erano invece intestati al figlio o alla compagna del figlio.
Ma le lunghe e certosine indagini effettuate, comprensive di appostamenti ed intercettazioni, hanno accertato che le otto unità immobiliari rientravano nell'effettiva disponibilità del nomade 48enne. Accertata inoltre la fittizietà dei pagamenti per l'acquisto dei beni, concluso apparentemente tramite assegni ma in realtà effettuato in contanti.
La misura di prevenzione patrimoniale della confisca nei confronti di Tony Hudorovich e le indagini congiunte di Arma e Fiamme Gialle che ne hanno motivato l'ordine di esecuzione da parte del Tribunale di Como sono state compiute ai sensi dell'art. 16 e seguenti del D.Lgs. 159/2011, meglio noto come Codice Antimafia.
Come sottolineato in conferenza stampa, l'operazione ha nuovamente messo in luce il pericoloso fenomeno dei “migranti del crimine” che compiono furti e rapine in trasferta accumulando in questo modo illecite fortune. Finché non vengono beccati, come in questo caso, e colpiti nel modo più avverso ai delinquenti: la privazione delle loro proprietà.
Gli accertamenti congiunti sulle disponibilità patrimoniali e monetarie del clan degli indagati non si fermano qui: le indagini proseguono.
Un encomiabile impegno di Carabinieri e Guardia di Finanza che hanno lavorato fianco a fianco, per le rispettive competenze, nell'interesse della collettività e a favore della legalità.

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