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Troppi morti sul lavoro

Un Primo Maggio che deve servire per ripensare la sicurezza del lavoro (che nel frattempo diventa sempre più vecchio)

Pubblicato il 01-05-2024
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Cgil, Cisl e Uil hanno scelto Monfalcone, la città della grande industria cantieristica del Nordest, per il celebrare il Primo Maggio 2024. “Costruiamo insieme un’Europa di pace, lavoro e giustizia sociale” lo slogan dei tre sindacati confederali guidati da Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri.

«Oggi non è una festa, è una giornata di mobilitazione. Non può essere una festa finché ci sarà anche un solo morto sul lavoro», ha ricordato il segretario generale della Cisl Bombardieri.

Primo Maggio 2024 a Monfalcone


Anche Luca Zaia ha voluto oggi spostare l’attenzione sul tema delle troppi morti che si verificano nelle fabbriche, nei cantieri e nei luoghi di lavoro. «Il 1° maggio è un’occasione che deve unire, soprattutto a fronte delle morti e degli incidenti che ancora si registrano in diverse situazioni lavorative, dettando ogni volta interrogativi profondi per la nostra società. Lo abbiamo vissuto poche settimane fa quando tre veneti, tra i quali un caduto, sono rimasti coinvolti nella tragedia della centrale di Suviana. Un dramma che la nostra regione ha vissuto come una ferita nella propria terra e di cui non dimenticherà mai le vittime».

In Italia si sono registrati oltre mille morti sul lavoro nell’ultimo anno, un dato agghiacciante che deve trovare al più presto una collocazione nell’agenda politica del Paese. Morti sul lavoro che coinvolgono sempre più spesso lavoratori anche in età molto avanzata, era il caso per esempio del capocantiere morto a Terlizzi nel barese qualche settimana fa a 79 anni.

L’invecchiamento della base dei lavoratori è un tema ripreso anche nella recente ricerca della collana “Opus”, curata da Veneto Lavoro. “L’incremento della partecipazione al mercato del lavoro degli over 54 si concretizza in tassi di occupazione crescenti nel tempo: nel 2022 in Veneto ogni 10 partecipazione degli residenti di età compresa tra i 55 e i 64 anni quasi 6 risultano occupati; nella classe over 54 al lavoro di età 65-74 anni la quota di occupati è salita di 3 punti percentuali nell’ultimo decennio (dal 6,9% nel 2013 al 9,9% nel 2022)”.

E nel prossimo decennio cosa succederà al mercato del lavoro regionale? Come ha rilevato Veneto Lavoro i “figli” del baby boom inevitabilmente si sposteranno nel segmento finale della popolazione in età lavorativa iniziando progressivamente ad uscirne.

“Per soddisfare la propria domanda di lavoro le aziende avranno quindi a disposizione un bacino quantitativamente più ridotto da cui attingere, ma indubbiamente caratterizzato da un livello medio di istruzione più elevato e da una maggiore formazione, soprattutto per quanto riguarda le competenze digitali. Al netto dei movimenti migratori intercorsi, tali generazioni in entrata potranno contare su volumi dimezzati rispetto a quelli delle generazioni in uscita”.

Il mercato del lavoro che invecchia non è un problema solo del Nordest e dell’Italia, riguarda più in generale una larga fetta dell’Europa come scrive il demografo Gianpiero Dalla Zuanna dell’Università di Padova. «Negli Usa e nel Nord Europa la demografia del mercato del lavoro è in equilibrio. La sfida per l’Europa del Sud è invece più radicale.

In Italia, Spagna, ma anche nei Balcani, è necessario attrarre in tempi brevi un gran numero di giovani lavoratori, frenando nel contempo le uscite di giovani autoctoni, per evitare un inevitabile declino del reddito complessivo e della forza geopolitica dei paesi coinvolti.

Forti saldi migratori positivi potranno anche rimpinguare il numero di persone in età riproduttiva, frenando il calo delle nascite. È una sfida difficile, che esige cambi di paradigma anche e forse soprattutto culturali, ma non ci sono alternative credibili» (“Contare i lavoratori… perché i lavoratori contano!”, Neodemos).

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