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Laura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it
A tu per tu con Davide Longo
L’autore di "L'uomo verticale" incontrato a Bassano al Piccolo Festival della Letteratura dialoga con noi nella TOP SIX
Pubblicato il 04-07-2010
Visto 3.402 volte
Nel presente in cui viviamo, dove possiamo disporre di nuove tecnologie, di sterminate banche dati, dove è in corso una sfida all’immaginazione e alla nostra capacità di gestione, qual è secondo te il ruolo della narrazione?
La narrazione mantiene il suo senso originario, che non dipende dai supporti che la sostengono o diffondono. Non è un caso che la narrazione negli ultimi anni sia uscita dall’ambito che aveva occupato per millenni sconfinando in molti territori del nostro vivere come la politica e il mercato. In ogni caso raccontare storie resta un gesto antico e come tale trova il suo senso nelle ragioni originarie che l’hanno generato.
Davide Longo al Museo Civico per il Festival di Palomar
La vita quotidiana spesso corre sui binari di un locale: ferma in stazioni banali, avanza anestetizzata dagli scossoni, obbedisce a fischi/squilli che imperano di ripartire. L’atto consapevole dello scrivere è il partire per un viaggio, un nastro trasportatore o una scalata per altre dimensioni?
Chi racconta storie parte sempre da una forma di disagio, conflitto, senso di inferiorità o di superiorità rispetto alla realtà, tanto che sente il bisogno di dedicare del tempo per costruirne una alternativa.
Al festival è in programma un dibattito sul tema del male: interessarsi del male, anche attraverso lo strumento di decifrazione della scrittura, può fare... bene?
Dipende dalla qualità dello scrittore che se ne occupa, al 50%. L’altro 50% dipende dalla qualità del lettore.
L’anno prossimo ci sarà un anniversario importante, i 150 anni dell'Unità d’Italia: come leggi e come scrivi il futuro del tuo Paese?
Ho scritto un romanzo che in fondo ha a che fare con questo. Credo che la partita si giocherà, come sempre è avvenuto nella storia dell’uomo, nel passaggio di testimone da una generazione e quella successiva. In questo per adesso dimostriamo maggiore fragilità, miopia e pigrizia rispetto alle generazioni che ci hanno preceduto. Abbiamo del resto molte più distrazioni e scelte rispetto a loro.
Qual è l’idea, o l’intenzione, da cui è nato il libro che hai presentato al Piccolo Festival?
Cosa passa o meno da una generazione e l’altra, come e cosa succede quando questo processo si interrompe?
Riscrivi tu la quarta di copertina del tuo libro, uscendo, se vuoi, dalla logica di un discorso promozionale
E’ un libro che mi era necessario. Il me che l’ha scritto è già in parte tramontato, ma è stato bello e faticoso passare un anno con lui.
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