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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it

Arte

50 opere di Sergio Padovani, nello scrigno della Fondazione The Bank

In città, una potente personale d'autore visitabile fino al 25 marzo. Protagonisti creazioni e progetti dell'artista modenese

Pubblicato il 27-11-2024
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Brassaï. L’occhio di Parigi

È stata inaugurata da pochi giorni, ha aperto i battenti il 9 novembre, ma la mostra Sergio Padovani. Opere dal 2018 al 2024, organizzata dalla Fondazione “The Bank Ets” (Istituto per gli Studi sulla Pittura Contemporanea) ha già riscosso notevoli consensi. Oltre ai visitatori locali e di passaggio, sono molti gli esperti e appassionati del settore che hanno fatto tappa a Bassano e hanno varcato per l’occasione il suggestivo ingresso a bussola della sede espositiva in via Marinali, curiosi di scoprire valore e tesori della nuova proposta artistica. La mostra è stata realizzata con il patrocinio di Regione del Veneto, Provincia di Vicenza e Comune di Bassano del Grappa, e l'ingresso è gratuito.

L’ente presieduto da Antonio Menon, collezionista ed estimatore di opere d’arte, imprenditore illuminato in senso rinascimentale, ha accompagnato a largo respiro l’opera dell’artista modenese, e questa personale conclude un percorso italiano e internazionale avviato all’inizio del 2024 ai Musei di San Salvatore in Lauro a Roma e proseguito con tappe a Modena, al Complesso di San Paolo, e a Parigi, collocato alla Galerie Schwab Beaubourg.

Sergio Padovani. Opere dal 2018 al 2024, Fondazione The Bank

Allestita su due piani, la mostra bassanese offre agli sguardi, ma non solo, alcune delle principali opere del progetto “Pandemonio”, arricchito da dieci lavori inediti realizzati appositamente. È stata curata da Cesare Biasini Selvaggi, esperto, manager culturale e segretario della Fondazione, che nel corso della presentazione ha illustrato le diverse fasi della poetica artistica di Padovani. Nell’occasione è stata presentata anche la prima monografia dedicata all’arte espressa nel corso del tempo dal pittore, pubblicata da Il Cigno GG Edizioni.
Alcune sue opere erano già presenti all’interno della mostra Pittura Segreta, organizzata da The Bank in città nel 2023 (ne abbiamo scritto qui: shorturl.at/e5lz6), quella messa in luce e protagonista quest’anno è una storia già ricca di apprezzamenti di caratura, dalle spalle forti.

Le opere scelte percorrono i recenti sei anni di produzione dell’artista, che scrive di sé nel libretto di sala (si è a una mostra d’arte, ma anche a teatro, o a un concerto, si capirà già sulla soglia): «Non ho mai paura di fare quello che faccio. Principalmente perché so che c’è materia dentro di me e che essere in grado di farla uscire allo scoperto, è un privilegio salvifico». I temi principali della ricerca intrapresa da Padovani sono già ben delineati qui: un elettrico alternarsi di buio e luce; energia magmatica, inquieta, che pretende di trovare un’espressione e dunque mette in tensione il corpo e i linguaggi dell’arte; l’uomo al centro e una fisicità intesa come limite e corruzione ma anche come unicum potente, per arrivare fino al limite estremo, sia esso l’orrido — se paura davvero non c’è — o il sublime. Quest’ultimo rima con una salvazione che sa di quiete-miraggio dopo un percorso nel dolore; uno stato puramente contemplativo, un riflesso appeso dai connotati del tutto musicali come quello raffigurato in Stelle aperte, opera del 2020 in cui panorami danteschi e giotteschi si mischiano fino a fare brillare non solo le stelle da rimirare, ma l’uomo nuovo, che si guarda in uno specchio. Nel mezzo: scelleratezze, follia, uomo-bestia e muri neri, furia e “pandemonio” — appunto — ovunque. Eppure, ben presente e messo in risalto dall’amalgama sapiente di materiali, tecnica e resa potente della realizzazione, c’è un senso di armonia che prevale, nell’umano e cupo costruire e decostruire raffigurato.

Alcune tappe tra le cinquanta opere offerte all’incontro, prodotti artistici che, come ha sottolineato il curatore, “attingono all’eredità dei grandi maestri europei per innestarla in nuove narrazioni ispirate alla crudeltà e alla violenza attuali, che assumono i connotati di eterodossie perturbanti”:
Paolo e Francesca, protagonisti di La strada perduta, una nuova opera datata 2024, emergono da una folla di dannati deformi e insanguinati che paradossalmente chiama alla mente un coro angelico e li eleva in un cielo mistico, da luce santa; i due amanti sono fermati in una posa erotica e attorniati da forme guizzanti — anime buie (si trovano come elemento ricorrente inserito in altri dipinti) o anche funebri spermatozoi;
Il bacio, più in là, illustra una scena ricca d’amore e di poesia, in cui primigeni un lui allontana dalla lei amata la morte, rappresentata da un quasi scheletro incombente forse anch’esso innamorato della donna;
La deposizione nera (2020) rivisita il tema della Pietà, soggetto di tanti capolavori immortali, collocando al centro una figura-mummia, ai suoi piedi donne mutanti, il “Cristo” senza volto e le interiora di fuori, il suo e quello degli altri dei corpi-macchina alieni e alienati che si mescolano gli uni agli altri; l’insieme (che descritto pare cupo, mostruoso, straniante) è invece indubbiamente lirico, suggestivo;
corpi mutilati, corpi in mutazione, torture e trafitture alla San Sebastiano, malattie e simboli esoterici sono ben presenti anche in Nuovi Martiri (2024), La bestia di Babilonia (2020) — anni di bestie pandemiche i nostri, del resto — Dodecafonia e Le Repentite, queste ultime opere entrambe datate 2023, la prima che raffigura una donna dall’allure classica evocata anche da tessuti d’oro e in drappeggio inserita in un mondo in devastazione, il fisico minato dalla malattia, e la seconda che, ispirata da una visita alla Cripta delle repentite (ex prostitute) di Palermo, mette in scena un’accolita di corpi nudi, come gettati in una fossa comune con medagliette-numero a connotare le carni, insieme che per contenuto e forma “di bara” evoca il teatro grottesco e crudo di Emma Dante;
un ultimo accenno per mettere in evidenza il tema della follia, che oltre ad apparire negli intrecci kafkiani, nelle montagne-babele e le costruzioni narrative alla Bosch connota numerosi dipinti, come Furia vergine, un ritratto maestoso, disturbante, collocato all’ingresso della mostra, evocante in qualche modo il crudele ed edonistico barone Vladimir Harkonnen “dipinto” da Denis Villeneuve in “Dune - parte 2”, o I folli abitano il sacro mentre le notti infieriscono, con una trinità solenne, anche questa del tutto cinematografica e carica di simbologie. I personaggi-maschera, personaggi-automa di Padovani abitano luoghi creati con bitume, resina, rame, specchi, colore (terrestre e sanguigno, da nottuari di Ligotti, per lo più) e ancora olio, carta, legni, ma anche architetture complesse, come nell’enorme, circense e prezioso Scene tenebrose per palazzi misteriosi.

La salvezza non è in elisione da materia, o carne, lacrime e sangue, li attraversa e ne è attraversata.
Sul fondo, il sogno di un’attesa metamorfica e sconosciuta, ben tradotta nel video musicale stupefacente collocato in mostra realizzato da Padovani con l’apporto dell’Intelligenza Artificiale all’interno del progetto “Macchina Anatomica”. Vi si assiste a una danza fantasmatica e struggente che parla di lavorio umano, manuale, artistico e intellettuale (il cosiddetto lavoro culturale, direbbe Bianciardi) oramai condannato a portare avanti un’esistenza tra le macerie, i passi sempre in bilico tra creazione e distruzione. Protagoniste sono figure in dialogo con creature-insetto che nel finale attendono il domani affacciate a una finestra buia, spazio aperto e abisso.
La musica del video accompagna discreta e insieme dirompente per tutta la visita. Gli occhi all’erta, cellulare e QR code alla mano, impossibile non cogliere la sua narrazione parallela, alla guida un Virgilio e un folle presi per mano che conducono tra i dipinti del tutto teatrali, carichi di misteri e simboli, colti ed evocativi, di Padovani. C’è anche la sua voce registrata, a illustrare le opere, i loro riferimenti, la loro genesi.
La mostra sarà visitabile fino al 25 marzo 2025 il sabato, dalle ore 17 alle 20, e la domenica dalle ore 16 alle ore 20; per altri giorni e orari su appuntamento.
Per informazioni e prenotazioni: www.fondazionethebank.org.





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