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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it

Esclusivo

Attualità

Canova e la Pace

Suggestioni culturali in tempo di guerra: l’incredibile storia della statua della “Pace” di Antonio Canova, conservata al Museo Nazionale di Kiev e annunciata alla mostra “Canova e l’Europa” per il Bicentenario Canoviano a Bassano

Pubblicato il 09-03-2022
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“L’attualità di Antonio Canova”. Potrebbe essere un bel titolo di un tema di storia, in questo 2022 in cui ricorre il Bicentenario Canoviano, a duecento anni dalla scomparsa del sommo scultore neoclassico di Possagno, fortemente legato anche a Bassano grazie al lascito delle opere di scultura e di disegno disposto dal fratellastro Giovanni Battista Sartori Canova a favore del nostro Museo Civico.
Mentre infuria la guerra in Ucraina, non posso non soffermarmi sul fatto che proprio a Kiev, al Museo Nazionale d’Arte Bohdan e Varvara Khanenko, è conservato un incredibile marmo canoviano dal titolo altamente simbolico: Pace. Simbolico non solo nel nome, ma anche nella storia che - pur essendo la scultura custodita nella capitale ucraina - è direttamente legata alla Russia.
Va innanzitutto detto che per quasi due secoli la storia di questa imponente opera, di quasi due metri di altezza, è rimasta tanto misteriosa quanto ignota al grande pubblico.

Antonio Canova, ‘Pace’ (1815). Kiev, Museo Nazionale d’Arte Bohdan e Varvara Khanenko. Fonte immagine: Mann/madeinpompei.it

Il merito della ricostruzione della vicenda storica del capolavoro canoviano spetta ad Irina Artemieva, conservatrice dell’Arte Veneta al Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo, già curatrice con Mario Guderzo della grande e indimenticabile mostra “Cinquecento veneto. Dipinti dall’Ermitage” svoltasi nel 2001 a Bassano del Grappa.
Nel 2004 la dottoressa Artemieva aveva infatti scoperto una lettera di Canova, conservata nella Sezione Manoscritti della Biblioteca Nazionale di Russia a San Pietroburgo, all’ambasciatore russo a Vienna che aveva fatto da mediatore per la commissione dell’opera. Un carteggio grazie al quale è stato possibile ricostruire l’intero storytelling, come si direbbe oggi, della realizzazione della scultura.
L’attualità di Canova, che scolpì il marmo tra il 1811 e il 1815, risiede nella circostanza che anche allora in Russia spiravano i venti di guerra, non come Paese aggressore ma come Paese aggredito. La scultura venne infatti commissionata mentre si annunciavano i preparativi della Campagna di Russia, che Napoleone avrebbe scatenato nel 1812 per poi subire - come ben sappiamo - una disfatta epocale.
Già: proprio quel Napoleone Bonaparte che di Canova era già stato un illustre committente nonché conoscente, avendo instaurato con l’artista un rapporto di reciproca cordialità, e a cui lo scultore aveva dedicato la grande statua del Napoleone come Marte pacificatore, il cui gesso è esposto al Museo Gypsotheca di Possagno.
Questa volta invece la committenza arrivava dal fronte opposto all’imperatore dei francesi: si trattava difatti dell’entourage del principe Nikolaj Rumianzev, figura chiave della diplomazia russa ed europea di quell’epoca, che sarebbe poi stato più volte menzionato nientemeno che da Lev Tolstoj nella pagine di Guerra e Pace.
Attraverso la scultura di Canova, il principe Nikolaj avrebbe voluto simboleggiare il ruolo svolto dalla propria famiglia nelle vicende diplomatiche nazionali: l’opera avrebbe dovuto pertanto rappresentare un’allegoria della Pace e recare tre iscrizioni commemorative dei trattati di pace firmati dai Rumianziev. Ma proprio mentre Canova stava realizzando il modello della scultura, nel giugno 1812 l’armata napoleonica invadeva la Russia, mettendo in crisi il progetto artistico. Già nei mesi precedenti, con la rottura delle relazioni tra Francia e Russia, lo scultore aveva messo in dubbio l’opportunità di creare un’opera allegorica della pace mentre già si preannunciava il tuono dei cannoni.
Così scriveva infatti Antonio Canova in una lettera datata 11 febbraio 1812 e indirizzata al politico e intellettuale francese Quatremère de Quincy: “La statua della Pace si farà: vengane la guerra; essa non potrà impedirla. Ma io temo bene che alla pace generale non si farà statua per ora. Così si potesse farla, come io l’alzerei a mie spese!”.
La straordinaria opera di marmo venne tuttavia conclusa nel 1815, l’anno del tracollo definitivo di Bonaparte con la sconfitta di Waterloo e l’esilio a Sant’Elena.
Narrano le cronache che la scultura fu accolta nel 1816 a San Pietroburgo “da una folla in delirio” e venne collocata addirittura su un piano superiore a quello dei celebri marmi canoviani già di proprietà di Joséphine de Beauharnais, prima moglie di Napoleone, trasferiti all’Ermitage dallo zar Alessandro I: Le Tre Grazie, Amore e Psiche stanti e la Danzatrice con le mani ai fianchi.

Fin qui la storia della Pace di Canova - opera altamente simbolica del suo tempo e oggi purtroppo anche del nostro -, che nel 1953 fu trasferita da San Pietroburgo al Museo Nazionale d’Arte di Kiev, quando l’Ucraina era ancora saldamente - e lo sarebbe rimasto per ancora quattro decenni - una repubblica dell’Unione Sovietica.
Da allora la scultura in marmo è uscita da Kiev solamente due volte, l’ultima delle quali nel 2019 quando ha costituito uno dei pezzi forti della mostra-evento “Canova e l’Antico”, allestita al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Ora è prevista una terza trasferta del capolavoro oltre i confini ucraini, proprio in occasione del Bicentenario Canoviano.
Destinazione: Museo Civico di Bassano del Grappa. La Pace di Kiev è infatti una delle sculture annunciate in esposizione per la grande mostra bassanese del prossimo autunno “Canova e l’Europa”. Secondo gli accordi presi dall’amministrazione bassanese col Museo Nazionale d’Arte Bohdan e Varvara Khanenko, la statua sarebbe dovuta arrivare a Bassano nel prossimo mese di ottobre. Ma la guerra in Ucraina ha sconvolto piani e tempistiche. Kiev non è ancora caduta, ma il Museo Nazionale d’Arte, che custodisce la raccolta di arte italiana antica più ricca della capitale ucraina, ha già messo in atto un piano di emergenza per porre preventivamente in salvo le opere.
I capolavori più importanti e le opere di “seconda scelta” sono già stati messi al sicuro in due sedi tenute segrete. Sono rimasti alle pareti del Khanenko, come si legge nelle cronache dalla capitale minacciata, solo alcuni dipinti di grande dimensione che neppure i tedeschi durante l’occupazione di Kiev del 1941 erano riusciti a trafugare. Tra le opere trasferite in un bunker di sicurezza c’è ovviamente anche la Pace di Canova. Da qui ad ottobre, tuttavia, manca ancora molto tempo e la situazione dei prossimi giorni, settimane e mesi a Kiev è totalmente imprevedibile. Pertanto, come rivela a Bassanonet l’assessore bassanese alla Cultura Giovannella Cabion, il Museo Nazionale d’Arte di Kiev ha richiesto in queste ore che la Pace canoviana possa essere portata a Bassano del Grappa il prima possibile, possibilmente già adesso. I competenti uffici comunali si sono attivati per trovare una soluzione che, in questa drammatica fase del conflitto in Ucraina, consenta di organizzare un trasporto non convenzionale del marmo in direzione dell’Italia. Ma non è facile.
Come non è facile la gestione di tutti gli aspetti organizzativi della mostra per il Bicentenario “Canova e l’Europa” indirettamente collegati alla guerra in corso. Alcune sculture canoviane richieste in prestito dalla città di Bassano provengono infatti dall’Ermitage. Quel grande museo di San Pietroburgo con cui Bassano del Grappa ha storicamente intessuto delle proficue relazioni dirette.
Al punto che nel 2001, l’anno della grande mostra “Cinquecento veneto”, allo stesso Ermitage era stato conferito il Premio Cultura Città di Bassano, nel momento più intenso degli stretti rapporti con uno dei maggiori musei del mondo che avrebbero prodotto anche la grande mostra del 2003 di Bassano e Possagno su Canova, curata dal responsabile del dipartimento di scultura occidentale del Museo Statale Ermitage Sergej Androsov assieme a Mario Guderzo e Giuseppe Ravanello.
C’è dunque tutto uno “storico” di fruttuose relazioni culturali tra Bassano e la Russia che dovrebbe trovare un ulteriore suggello in occasione della grande mostra su Canova di fine anno, che vede tra i suoi artefici quello stesso Mario Guderzo che all’Ermitage di San Pietroburgo dà del tu. Ma anche in questo caso, a seguito del conflitto in corso, pende al momento la grande incertezza circa il trasferimento in Italia di opere d’arte di proprietà statale da un Paese sanzionato dall’Italia stessa.
“L’attualità di Antonio Canova” diventa così ancora più straordinariamente attuale.
E se la sua Pace arriverà da Kiev in mostra a Bassano, come a questo punto ardentemente si spera, varrà da sola il prezzo del biglietto.

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