Pubblicità

Opera Estate Festival

Pubblicità

Opera Estate Festival

Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it

Primo piano

Libri

Modalità lettura 1 - n.14

Una recensione di Il filo infinito, di Paolo Rumiz, seguendo passo passo il suo viaggio tra i monasteri alle radici dell'Europa

Pubblicato il 21-06-2020
Visto 2.077 volte

Pubblicità

Opera Estate Festival

Seguire per qualche ora Il filo infinito, di Paolo Rumiz (Feltrinelli, 2019, Collana “Narratori”, pp. 174, 15 euro) è un po’ come intraprendere uno di quei lunghi sentieri che si percorrono in silenzio, accompagnati da soli e lune, macinando i chilometri mossi da uno spirito ben raccontato da diversi scrittori, ricordiamo tra gli altri Balzac, che hanno indagato il legame stretto che esiste tra movimento e pensiero.
Il viaggio raccontato dall'autore segue il filo della ricerca di radici; quello che scorge e segue con un misto di incredulità, perché ha in parte la tenuta di una visione, brilla al chiuso dei monasteri benedettini, o nell’aria di pace del loro hortus conclusus.
Nell’aprile 2017, racconta nel primo capitolo lo scrittore, si trovava nella zona di Pian Grande, presso Norcia al centro della penisola, a camminare sul ciglio della faglia che aveva appena scosso irriguardosa l’Appennino, la colonna vertebrale del Bel Paese. «Amatrice era Bosnia in guerra. Dietro di noi si srotolava il gomitolo del sisma nel mondo degli umani», un evento non nuovo ma improvviso che aveva ferito a morte tanta bellezza dell’opera umana, non quella naturale, ma che aveva lasciato intatta una statua, collocata nella cattedrale: la statua di San Benedetto, Patrono d’Europa. Benedetto stava eretto sulle macerie a ricordare a colui che lo fissava che nella storia, alla caduta dell’Impero Romano, era stato il monachesimo benedettino a salvare l’Europa. Lo aveva fatto senz’armi, con la sola forza del motto ora et labora. Per tre volte la Storia si era ripetuta, partita proprio da lì, con Roma, con il Monachesimo e con il Rinascimento. L’uomo di Norcia da quel momento si è insediato nella mente dello scrittore, lui e tutta la sua compagnia di pionieri guidati dalle rondini: l’uomo, non il santo, quell’uomo-santo.

L'abbazia di Monte Maria (Marienberg) in alta Val Venosta

Il libro ripercorre le tappe del cammino di un uomo colto, laico, lo narra con belle parole che portano lontano chi riesce ad apprezzare fino in fondo certe risonanze; quello di Rumiz è un viaggio poetico, con l’eco dei passi che si percuote nel corpo, nella mente — si può intuire anche solo scorrendo l’indice dei capitoli: Felicità del perimetro, La pazienza del gomitolo, Il pianoforte e i bisbigli, Rondini e alambicchi…
C’è tanta musica tra le pagine, lo stato d’animo del viandante è mosso da una ricerca profonda che si veste di silenzio, ma che è piena di trilli, e di canti antichi; Rumiz lo scrive: la Chiesa ha perso molta attrattiva e facoltà di richiamo a non coltivare con i fedeli la musica e il canto, e loda la forza imperiosa dei rintocchi delle campane di bronzo, ringrazia le chiese antiche che fanno da cassa armonica a musica eccelsa e a cori di voci celestiali.
Gli incontri inattesi che dona questo pellegrinaggio-laico tra monasteri antichi pieni di vita è da assaporare di persona, come le confetture delle botteghe dei monasteri o i loro boccali di birre felici.
Il viaggio di Rumiz inizia a Praglia, nel Padovano, prosegue in Germania, a Sankt Ottilien, riscende in Lombardia a Viboldone e risale a Muri Gries e a Marienberg, in Alto-Adige/Sud Tirolo; da San Gallo, in Svizzera fa tappa poi in Francia, dai monaci di Saint-Wandrille e di Cîteaux e poi si trasferisce nell’Abbazia di Orval, in Belgio; ritorna in Germania, ad Altötting, Niederalteich e si sposta in Ungheria, a Pannonhalma, per poi rientrare nelle Marche, dove lo scrittore conclude che tanto girovagare, più che per monasteri, tra luoghi dove sono intatti, tramandati dalle origini, e si rinnovano quotidianamente i valori fondanti dell’Europa (laboriosità, invenzione, accoglienza, democrazia nel rapporto con le genti…) gli ha fatto riscoprire dei legami millenari con gli uomini e le loro opere, legami da riscattare con impegno, perché se ne avverte la fragilità. Tra le montagne italiane, scrive Rumiz, forse è celata la formula misteriosa della rinascita, del Paese e dell’Europa.

Pubblicità

Opera Estate Festival

Più visti

1

Attualità

11-06-2025

Aria di Gaza

Visto 11.368 volte

2

Attualità

09-06-2025

Tempio da perdere

Visto 9.809 volte

3

Politica

10-06-2025

Justice League

Visto 9.720 volte

4

Attualità

10-06-2025

Tant’è Viero

Visto 9.411 volte

5

Attualità

12-06-2025

Finanziamento a pioggia

Visto 7.693 volte

6

Attualità

13-06-2025

Humanum Est

Visto 7.439 volte

7

Interviste

09-06-2025

Resistere: inaugurazione giovedì della nona edizione

Visto 3.468 volte

8

Attualità

14-06-2025

Poste Germaniche

Visto 3.245 volte

9

Magazine

12-06-2025

Accesi i riflettori, su Resistere

Visto 2.914 volte

10

Attualità

14-06-2025

Gaza a Colori

Visto 2.600 volte

1

Attualità

11-06-2025

Aria di Gaza

Visto 11.368 volte

2

Attualità

20-05-2025

Imperscrutabili

Visto 11.240 volte

3

Cronaca

23-05-2025

Tetto in fiamme, paura a Solagna

Visto 10.918 volte

4

Politica

23-05-2025

Castellan & Garfunkel

Visto 10.811 volte

5

Attualità

26-05-2025

H demia

Visto 10.633 volte

6

Attualità

21-05-2025

Vacanze Romane

Visto 10.549 volte

7

Politica

04-06-2025

La Pedemontata

Visto 10.498 volte

8

Attualità

16-05-2025

Caro Sergio ti scrivo

Visto 10.442 volte

9

Attualità

27-05-2025

Io, Robot

Visto 10.276 volte

10

Attualità

23-05-2025

Voci di corridoio

Visto 10.272 volte