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25 novembre niente da celebrare, un mondo da cambiare
Il Coronavirus non si ferma e le scuole, che per prime sono state le vittime della pandemia, rimangono chiuse. Da settimane gli studenti si trovano a mettere in atto la tanto discussa scuola digitale, a loro così vicina, quanto è lontana alla maggior parte degli stessi insegnanti.
Si è iniziato una decina d'anni fa a mettere in atto la rivoluzione tecnologica che in qualche Stato a noi confinante era già presente da molto tempo. Noi, in Italia, preferiamo fare le cose con cura. Gradualmente. Qualche volta si è dimostrato essere un pregio, altre un difetto. Ad oggi possiamo dire che la scuola, mai prima d'ora sia stata così in difficoltà. Tuttavia, essere in difficoltà non significa fallire. Ma piuttosto faticare nel riuscire a rendere l'istruzione flessibile, quella flessibilità che spesso ai giovani viene richiesta nei curriculum per i nuovi lavori del millennio, che non corrisponde però al DNA dei nostri metodi di insegnamento.
Foto tratta dal sito www.educationtrainingnetwork.com
Insegnare attraverso una videocamera, elencare i compiti da fare tramite piattaforme web e limitare il più possibile le interazioni. Non è la scuola italiana. "La situazione è complicata" ammette il rappresentante dei genitori del liceo classico "G.B. Brocchi" Ivano Zampironi, chiamato in causa dopo gli ultimi aggiornamenti. "Per noi adulti il senso di responsabilità è qualcosa che conosciamo, per i ragazzi è molto più difficile e ritrovarsi tutto ad un tratto a metterlo in pratica, soprattutto per l'organizzazione delle varie materie, si dimostra essere una sfida". Non solo questo è il problema, però. "Stare al computer a seguire le lezioni per diverse ore non fa parte della loro abitudine e soprattutto per loro è una realtà fredda". Sì, perché l'interazione con i professori e i compagni per loro è fondamentale, quel pizzico di sale che rende la scuola un piatto gustoso, un luogo dove si può imparare anche dall'altro e discutere per poter crearsi poi una propria opinione.
All'improvviso tutto è cambiato. I ragazzi si sono trovati da soli, con uno schermo che trasmette le parole dei professori, ma che non dà la stessa sensazione di essere vicini. Ma nessuno si arrende. Gli studenti si stanno dimostrando essere in prima linea, gli insegnanti hanno accolto la sfida e stanno portando avanti i loro programmi annuali nel miglior modo possibile e alle spalle hanno una scuola che li sostiene e la comprensione di un intero Paese. Sarà strano da credere, ma il messaggio che ad oggi è obbligatorio trasmettere è che prima o poi tornerà tutto alla normalità. Cari ragazzi, la campanella suonerà ancora per darvi il buongiorno e l'arrivederci, potrete scambiarvi i quaderni con i vostri compagni e fare la pausa in cortile che attendete con tanta ansia durante le ore di lezione. Andrete a scuola con il sorriso e capirete, per davvero, quanto sia una fortuna avere un'istruzione come la nostra, quella che tanti stati nel mondo ci invidiano e che per quanto sia "vecchio stile" sa regalare memorie che la tecnologia non sarà mai in grado di donarvi. Tenete duro, andrà tutto bene.
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