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Cose in Comune

Ricorso azzardato

Il Comune di Cassola vince il ricorso intentato al Tar del Veneto da due sale giochi contro la limitazione degli orari di fruizione degli apparecchi elettronici con vincite in denaro

Pubblicato il 12-12-2017
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Elena Pavan

Per una volta non è “il banco” a vincere, ma il Comune di Cassola, che segna un punto a suo favore nella lotta contro il gioco d’azzardo.
La Camera di Consiglio della Terza Sezione del Tar del Veneto (presidente Claudio Rovis, estensore e referendario Marco Rinaldi, referendario Michele Pizzi) ha infatti respinto il ricorso presentato dai gestori di due sale giochi ubicate in territorio comunale di Cassola (Leobet, Sala Giochi Lucky Game di Hu Paodi e Roxy Bar Snc di Zheng Weiwei & C.) contro l’ordinanza emanata lo scorso marzo dal sindaco Aldo Maroso.
Il provvedimento limita gli orari e i tempi di fruizione degli apparecchi elettronici con vincite in denaro installati all'interno di bar, sale gioco, centri scommesse e pubblici esercizi operanti in territorio cassolese e fissa multe salatissime per i trasgressori.

Fonte immagine: ilgazzettino.it

L’atto della municipalità, decisa a dare un giro di vite contro il dilagare del fenomeno del gioco d'azzardo e ad arginare il problema della ludopatia ovvero del gioco d'azzardo patologico, era stato impugnato dalle due società operanti in questo settore, che avevano chiesto l’annullamento dell’ordinanza sindacale.
Una mossa che però non si è rivelata vincente.
Secondo la sentenza del Tar del Veneto, pubblicata in questi giorni, “il ricorso non merita accoglimento”. Il giudice ha infatti riconosciuto che le limitazioni orarie imposte dal Comune sono state disposte “per tutelare la salute pubblica e il benessere socio-economico dei cittadini” ed ha ricordato che “la libertà di iniziativa economica non è assoluta, non potendo svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza alla libertà, alla dignità umana (art.41 Cost)”.
“Nell'attuale momento storico - afferma ancora il dispositivo della sentenza - la diffusione del fenomeno della ludopatia in ampie fasce della società civile costituisce un fatto notorio (...) come attestano le numerose iniziative assunte dalle autorità pubbliche a livello europeo, nazionale e regionale.”
“I dati forniti dalla Ulss di Bassano del Grappa - scrivono ancora i giudici - evidenziano, in ogni caso, che la crescita del fenomeno della ludopatia ha riguardato anche l'ambito territoriale considerato, risultando dagli atti che il numero di giocatori patologici stimati nel territorio bassanese è di circa 1400 persone.”
Vengono pertanto sottolineate le “finalità preventive” dell'ordinanza sindacale e si precisa che non sussiste “violazione della libertà d'impresa” in quanto “la libertà di iniziativa economica non è assoluta” poiché non può recare danno “alla salute, alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana”.
Il Tribunale amministrativo regionale ha quindi respinto l'istanza di annullamento dell'ordinanza ed ha anche condannato i ricorrenti a rifondere al Comune le spese legali, pari a circa 3mila euro.
“Siamo molto felici di questa sentenza, che è talmente tranchant da non lasciare scampo né spiragli per eventuali ricorsi in appello - dichiara, a nome di tutta la Giunta, il sindaco Aldo Maroso -. È una conferma che sul tema della prevenzione e della salute stiamo facendo bene. L'ordinanza d'altro canto, come ben scritto nella sentenza, è solo una delle tante iniziative che ci vedono coinvolti nel contrasto al gioco d'azzardo patologico.”
Il Comune di Cassola aderisce infatti al progetto “Mettiamoci in gioco”: percorso avviato dagli assessorati alle politiche giovanili del Bassanese in collaborazione con la cooperativa Adelante e l'Ulss7 per sensibilizzare la popolazione sui rischi derivanti dalla dipendenza da gioco e contrastare la diffusione del fenomeno.
L'Amministrazione inoltre, in collaborazione con gli assessorati alle politiche giovanili dei Comuni vicini e le scuole secondarie di primo e secondo grado ha promosso diverse attività di prevenzione specifiche per i giovani.
Un lotta senza quartiere, per quanto di competenza dell'ente comunale, nei confronti del gioco d'azzardo patologico, che ha fatto di quello presentato avanti al Tar del Veneto un ricorso azzardato.

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