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Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it

Attualità

All You Need Is Slow

Qualità amministrativa, qualità della vita e cittadinanza attiva nelle “città lente”. Intervista al sindaco di Asolo Mauro Migliorini, riconfermato presidente internazionale di CittaSlow, la Rete mondiale delle “Città del buon vivere”

Pubblicato il 13-07-2023
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All You Need Is Slow.
Parafrasiamo il titolo della canzone dei Beatles per sintetizzare la filosofia delle CittaSlow, le “città lente”.
Non sono città teoriche, non sono città ideali e non sono città invisibili, alla Calvino.

Il sindaco di Asolo e presidente internazionale di Cittaslow Mauro Migliorini (foto Alessandro Tich)

Si tratta di municipalità reali, esistenti, tutte quante aderenti a CittaSlow International, la Rete mondiale delle “Città del buon vivere”, di cui applicano i princìpi nella vita amministrativa quotidiana.
Da più di vent’anni Cittaslow sta diffondendo il verbo della qualità della vita come fine ultimo dell’agire delle amministrazioni e delle comunità locali e sta portando avanti la cultura della sostenibilità, prima ancora che questa parola diventasse di moda.
Il suo quartier generale è a Orvieto, ma la diffusione di Cittaslow International tocca ormai più di 300 Comuni nei diversi continenti: dai piccoli paesi alle aree metropolitane.
Di questi, tre si trovano in Veneto e tutti in Provincia di Treviso: Asolo, Farra di Soligo e Follina.
E proprio il sindaco di Asolo Mauro Migliorini riveste il ruolo di presidente internazionale di Cittaslow.
Già presidente uscente, Migliorini è stato rieletto al suo secondo mandato al vertice della Rete mondiale delle “Città del buon vivere” in occasione dell’assemblea generale di Cittaslow International, svoltasi lo scorso 24 giugno a Parma.

Sindaco Migliorini, cosa significa essere una CittaSlow dal punto di vista pratico, concreto?
Significa mettere al centro della vita amministrativa, e della vita della comunità, i cittadini.
Il principio fondamentale dell’essere CittaSlow afferma che il cittadino, e il territorio, deve essere al centro di qualsiasi tipologia di scelta della vita amministrativa. Questa filosofia si rivolge ai cittadini e quindi ai portatori di interesse, ma anche alle associazioni, alle categorie, a tutte le società e gruppi che vogliono condividere la crescita della propria amministrazione e del proprio Comune, portando idee, proposte e condividendo percorsi. È una sorta di cittadinanza attiva.

Cosa succede in una CittaSlow sotto il profilo amministrativo?
Sotto il profilo amministrativo non succede assolutamente nulla, nel senso che quando un Comune decide di entrare a far parte della Rete internazionale delle CittaSlow deve fare una delibera o di giunta o di consiglio comunale. Poi però cambia l’approccio nei confronti delle scelte. Perché se noi mettiamo il cittadino o il territorio al centro, vuol dire che ad esempio vogliamo tutelare di più le aree verdi, avere più parchi giochi, avere più servizi di vicinato, tutelare i piccoli produttori locali. Vogliamo che ci sia un turismo esperienziale e quindi che entri all’interno della comunità stessa, dove il turista non si senta un estraneo ma si senta un ospite, un cittadino temporaneo di quel Comune e di quella località. Vogliamo condividere con le industrie, gli artigiani, le associazioni anche il percorso di rigenerazione urbana, di minore sperpero delle risorse pubbliche, dell’energia da fonti alternative, delle comunità energetiche e anche dei mercati a chilometro zero che per quanto riguarda il Comune di Asolo sono condivisi con la Coldiretti e con Campagna Amica. Quindi l’occhio dell’attenzione va su queste cose.

Quanto i cittadini del suo Comune hanno recepito o stanno recependo questa filosofia?
Sempre di più. Perché, essendo una cittadinanza attiva, significa che molti percorsi vengono fatti condividendoli con la cittadinanza stessa. È ovvio che ci vuole più tempo, ma ciò rende il cittadino partecipe della propria scelta. Cioè, alla fine, non è il Comune che decide da solo, ma la decisione viene condivisa con il cittadino.

Un esempio di decisione condivisa, qui ad Asolo?
Ne ho molte, a dire il vero. Ne cito l’ultima in ordine di tempo: la riqualificazione urbana del centro di Villa d’Asolo. Un percorso iniziato ad ottobre dell’anno scorso, che vedrà alla luce i primi risultati visivi nelle prossime settimane. Stiamo parlando di nuovi passaggi pedonali, di protezione del pedone, di abbattimento di alcune barriere architettoniche, di illuminazione di un’area verde, della sistemazione di un’area giochi e di nuovi percorsi all’interno del piazzale Meneghetti. Quindi una riqualificazione dell’area centrale che è stata condivisa e portata avanti con i portatori di interesse e cioè i cittadini. Un gruppo di cittadinanza attiva che rappresenta la frazione: si va dalla parrocchia, agli alpini, al gruppo spontaneo e dai giovani, 20enni, studenti e laureandi, alle persone anche di oltre 70 anni. Quindi, mettendo insieme anche queste esigenze, diventano dei laboratori veramente magnifici.

Da presidente internazionale rieletto di CittaSlow cosa intende fare? Quali sono un po’ le sue linee?
Per quanto riguarda CittaSlow International, parliamo di oltre 300 città in tutto il mondo. Quando parliamo di città, intendiamo sia piccoli borghi di poche centinaia di abitanti e sia anche metropoli con alcuni milioni di abitanti come Busan in Corea del Sud, Izmir in Turchia o la nuova città candidata a far parte della Rete che è Antalya, sempre in Turchia. È un fenomeno che si è sviluppato in questi ultimi due anni, quando le grandi città e le grandi metropoli, per far fronte anche ad alcune problematiche di convivenza tra le diverse etnie, vedendo la sperimentazione costante da oltre vent’anni di CittaSlow si sono avvicinate a CittaSlow International.

Ma come fanno le metropoli a diventare “Slow”?
Queste metropoli stanno ora ripartendo da alcuni quartieri, rendendoli a misura d’uomo, dove l’uomo è al centro, non la macchina e non la civiltà. Ed ecco allora che decidono, sempre con la condivisione dei cittadini, interventi come la pedonalizzazione di alcune aree, la riqualificazione di aree verdi o anche l’importanza di avere la farmacia di turno più vicina, come nel caso delle esperienze in Turchia. La cosa interessante è che in questi giorni si è rivolta a CittaSlow anche la città di Roma ed è la prima metropoli italiana che si è avvicinata. Abbiamo sottoscritto un protocollo d’intesa che coinvolge il Primo Municipio, l’Esquilino, il municipio del centro storico che è quello più importante di Roma, per una progettazione in parte di riqualificazione e in parte anche di accoglienza del turista con una visione diversa. Quindi a livello internazionale noi procediamo su questa strada. Non siamo noi ad andare a bussare ai Comuni e alle città per dire “perché non fate parte di CittaSlow?”, ma lasciamo che siano i rappresentanti dei Comuni a venire da noi. Perché vuol dire che hanno all’interno del proprio Dna, della propria mentalità, la voglia di dare una diversa “visione di vivere” all’interno delle diverse comunità.

È vero che lei è in partenza per una vacanza “Slow”?
Sì, ma non è una vacanza. È una visita su invito. Vado in Mozambico, quindici giorni, in un villaggio chiamato “Villaggio della Dignità” nel nord del Paese, a Matambo. Questo villaggio è nato grazie a una ONG internazionale che si chiama “Dignity for People” e sta nascendo coi princìpi di CittaSlow. E quindi l’importanza dell’acqua, dell’educazione e quindi della scuola, di un punto sanitario, l’importanza di un’agricoltura che diventi sostenibile e la sostenibilità per gli abitanti. Sanità, educazione, sviluppo sostenibile: sono i tre princìpi.

Lei, come presidente internazionale di CittaSlow, va in viaggio in Mozambico per “insegnare” o per “apprendere”? Ci va per dare delle indicazioni o per riceverle?
Ci vado per ricevere. Io ho avuto esperienze nei Paesi del Terzo Mondo per altri motivi, legati alla mia professione, e più che insegnare ho sempre ricevuto. È incredibile ed è bellissimo. Ho sempre portato a casa un patrimonio non solo di idee, ma anche di umanità.

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