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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it

Attualità

Intrigo internazionale

30 anni fa l'attentato al Papa in Piazza S. Pietro. Legato al caso Emanuela Orlandi e alla strage delle Guardie Svizzere. Un'intrigante “spy story” svelata in un libro e agli “Incontri senza Censura” da Sandro Provvisionato

Pubblicato il 13-05-2011
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Brassaï. L’occhio di Parigi

Esattamente 30 anni fa, alle ore 17.17 del 13 maggio 1981, Papa Karol Wojtyla veniva raggiunto al ventre da uno dei due proiettili sparati in Piazza San Pietro dal killer turco Mehmet Ali Agca, affiancato sicuramente - anche se la cosa non è mai stata giudiziariamente provata - da almeno un complice.
Un attentato che doveva cambiare il corso della Storia: Giovanni Paolo II, rimasto miracolosamente vivo, avrebbe in seguito contribuito a cambiarlo comunque. Ma non nella direzione voluta dai mandanti dell'atto terroristico.
Una vicenda che, a tre decenni di distanza, presenta ancora numerose incognite. La verità sul drammatico fatto non è mai ufficialmente emersa: né dagli atti processuali, che hanno anzi vanificato le istruttorie dei magistrati che indagarono all'epoca né dagli atti politici, con il muro di gomma innalzato dai vertici delle nazioni coinvolte, a partire dalle stesse autorità vaticane.

Il giornalista e conduttore di “TERRA!” Sandro Provvisionato, autore del libro-inchiesta “Attentato al Papa”, agli “Incontri senza Censura” a Bassano (foto Alessandro Tich)

Una storia che da quel 13 maggio in poi - tra inchieste, depistaggi, crisi internazionali, sequestri di persona e ulteriori gravissimi fatti di sangue - è durata 17 anni. Senza approdare a certezze storiche ma con chiari ed evidenti riscontri, testimonianze e documenti scritti in grado di individuarne, almeno in parte, le responsabilità.
E' l'avvincente e intricata storia raccontata da “Attentato al Papa”, il libro-inchiesta (edizioni Chiarelettere) scritto dal giornalista del Tg5 e curatore e conduttore del settimanale “TERRA!” Sandro Provvisionato con il contributo di Ferdinando Imposimato, il magistrato che oltre al caso Moro si occupò, assieme ad altri inquirenti, della fase cruciale delle indagini sull'attentato a Wojtyla. Continuando a scavare su quei tragici fatti - in veste di ricercatore e storico - anche dopo la parola “fine” decretata dalla “verità” giudiziaria.
Uscito ieri nelle librerie, il volume “Attentato al Papa” è stato lo spunto di un interessante e affollato incontro con Sandro Provvisionato all'Hotel Palladio a Bassano del Grappa per il primo appuntamento del “viaggio nella criminalità” proposto dagli “Incontri senza Censura”, il ciclo di serate-attualità promosso da Marco Bernardi con la Libreria La Bassanese.
Il confronto con l'autore ha permesso di ripercorrere le fasi salienti di quella che si rivela essere stata un gigantesca “spy story” all'interno e all'esterno delle sacre mura.

Agca, le spie in Vaticano e la “pista bulgara”
Protagonisti invisibili della trama, oltre all'intelligence che operava all'ombra della cupola di San Pietro, sono stati infatti i servizi segreti di almeno sei nazioni.
A cominciare da quelli francesi, che prima di quel 13 maggio di 30 anni fa avevano avvertito le autorità vaticane di un possibile attentato al Santo Padre. Per continuare con quelli italiani, Sismi in primis, autori di diversi depistaggi e presunti responsabili della scomparsa di un testimone. E con quelli turchi, che cercarono di far pressioni su Agca per indurlo a desistere dal collaborare con i giudici italiani.
E soprattutto i servizi segreti dell'Est (il Kgb sovietico, la Stasi della Germania Est e l'Sb bulgaro) che secondo quanto emerso dall'evidenza delle indagini - ma mai suffragata dagli esiti processuali - ordirono il complotto internazionale, denominato “Operazione Papa”, finalizzato all'eliminazione del Pontefice polacco con la copertura dell'organizzazione criminale turca dei Lupi Grigi.
Gli stessi servizi segreti che per anni hanno infiltrato spie all'interno del Vaticano, collocando i propri informatori - sacerdoti, funzionari e giornalisti, di cui oggi si conoscono molti nomi - nei punti-chiave dello Stato Pontificio: comprese le Guardie Svizzere, l'entourage del Segretario di Stato mons. Agostino Casaroli e la redazione dell'”Osservatore Romano”.
Un clima di infiltrazioni e di disinformazione che si colloca nell'era dell'Ostpolitik, la politica di distensione con i Paesi del blocco comunista dell'Est favorita dal potentissimo cardinal Casaroli, in contrasto con Giovanni Paolo II.
Un complicato puzzle di infiniti tasselli che ha generato molti strani episodi: dal fallito attentato al leader polacco di “Solidarnos'c” Lech Walesa nel gennaio 1981 a Roma - che doveva già mettere alla prova Ali Acga e i suoi sodali turchi -, ai ripetuti sopralluoghi del commando in Piazza San Pietro senza che nessuno se ne sia accorto, alla “finta” morte del finanziatore turco dell'attentato al Papa, alle ripetute minacce ai giudici inquirenti fino all'arrivo a Roma dal 20 al 24 giugno 1983 di due finti magistrati bulgari, in realtà spie dell'Est incaricate di incontrare in cella Ali Agca per minacciarlo, accolti a braccia aperte dai colleghi italiani.
Le indagini dell'epoca, come si ricorderà, scoperchiarono la “pista bulgara” che accreditò la tesi - grazie anche alle lunghe e circostanziate confessioni di Agca - del coinvolgimento di esponenti di Sofia nell'organizzazione dell'attentato per conto dei mandanti del Kgb. Fu arrestato un funzionario della compagnia aerea bulgara Balkan Air e altri due funzionari dell'ambasciata bulgara a Roma riuscirono a fuggire.

Il caso Emanuela Orlandi
Ma lo sviluppo delle indagini - che portò a tensioni diplomatiche tra Italia e Bulgaria, e persino all'arresto-sequestro, per ritorsione, di due cittadini italiani a Sofia - si sarebbe scontrato frontalmente con l'episodio-chiave di tutta la vicenda, a cui Provvisionato dedica con dovizia di particolari la seconda parte del libro.
Si tratta del sequestro - avvenuto il 22 giugno 1983 - di Emanuela Orlandi, la studentessa 15enne, cittadina dello Stato Vaticano, che non avrebbe mai più fatto ritorno a casa e che fu rapita, almeno inizialmente, come pedina di scambio per la liberazione di Ali Agca: un detenuto troppo pericoloso che si doveva far zittire.
Dal giorno del rapimento di Emanuela - che in precedenza era stata pedinata, assieme ad altre ragazze vaticane, dalle spie interne allo Stato Pontificio - Agca avrebbe ritrattato tutte le sue confessioni, smontando l'intero impianto accusatorio riguardante la “pista bulgara” con il contradditorio e farneticante comportamento nel processo del 1984 che portò alla sua condanna all'ergastolo come unico responsabile dell'attentato (con la grazia ricevuta nel 2000) e all'assoluzione degli imputati dell'Est.
Un nuovo complotto internazionale - come emerge dai riscontri del libro - messo in atto con il fondamentale appoggio dei super-informatori introdotti all'interno delle mura leonine.

La strage delle Guardie Svizzere
Una delle spie al soldo dell'Est era Alojs Estermann, capo delle Guardie Svizzere, ma in realtà anche spia della Stasi con il nome in codice “Werder”.
Il 4 maggio 1998 Estermann fu trovato ucciso nel suo alloggio di servizio in Vaticano assieme alla moglie e al giovane vicecaporale della Guardia Svizzera Cédric Tolnay.
Tre cadaveri che aggiungono l'ultimo tassello allo sconvolgente mosaico iniziato 17 anni prima con gli spari in Piazza San Pietro. Sulla strage - con la scena del crimine “che non viene sigillata” e in cui “elementi di prova vengono rimossi o spostati” - il Vaticano, a sole tre ore dal delitto, fornisce la versione ufficiale: duplice omicidio di Estermann e della moglie ad opera di Tolnay, poi suicidatosi, “per motivi di contrasto del giovane sottufficiale con il suo superiore”.
Ma le molte incongruenze e le successive perizie medico-legali disposte dalla madre di Tolnay contraddicono la versione ufficiale fornita dal Vaticano.
L'unica cosa certa - raccolta da un'importante testimonianza - è che Estermann, assieme ai suoi segreti, voleva scappare negli Stati Uniti. Ma qualcuno, un anno prima, era riuscito a forzare la sua cassaforte, prelevando documenti sicuramente scottanti. E l'ipotesi più plausibile è che qualcun'altro abbia probabilmente deciso di farlo zittire per sempre, eliminando anche la moglie quale scomoda testimone e il giovane Cédric, immolato per la causa nel ruolo di alibi.

Queste e tante altre vicende - con sorprendenti ma anche inquietanti collegamenti - emergono nella documentata e approfondita inchiesta di Sandro Provvisionato, che a 30 anni esatti dall'attentato, come confermato dalla reazione del pubblico all'“Incontro senza Censura” di ieri, ha scoperchiato una pentola bollente che desta ancora interesse e attenzione.
Una connection internazionale che ha accompagnato gli ultimi anni della Guerra Fredda, senza impedire il nuovo corso della Storia che proprio grazie a Giovanni Paolo II ha fatto cadere il Muro di Berlino ma non il muro di gomma sui misteri del Vaticano.

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