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Nasce l'Italia di Gattuso, 'l'azzurro è la sua seconda pelle
L’aumento dei prezzi dei beni alimentari è stato a dir poco vertiginoso in quest’ultimo anno e mezzo.
Oltre alle considerazioni finanziarie, i consumatori hanno dovuto e devono fare i conti con scontrini di bar, ristoranti e supermercati che anche psicologicamente in molti casi fanno pensare ad una sorta di “fregatura continua”.
È l’inflazione bellezza, direbbe qualcuno, una brutta bestia da debellare al più presto. In attesa della prossima rilevazione di fine agosto, su dati di luglio, l’Istat registra che l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, segnala ancora una variazione nulla su base mensile e un aumento del 5,9% su base annua (dal +6,4% del mese precedente).

Ilaria Fabiola Tabone (Ceo Molino Rossetto Livio e presidente della Sezione Alimentari e Bevande di Confindustria Vicenza)
La decelerazione si deve al rallentamento della crescita tendenziale dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (da +4,7% a +2,4%), dei Beni energetici non regolamentati (da +8,4% a +7,0%) e degli Alimentari lavorati (da +11,5% a +10,5%).
Tuttavia, citando alla lettera l’Istat, tali effetti sono stati solo in parte compensati dalle spinte al rialzo dei prezzi degli Alimentari non lavorati (da +9,4% a +10,4%).
Semplificando al massimo: in linea generale la tendenza a salire dei prezzi si è (quasi) arrestata, ma il livello raggiunto è comunque alto, molto alto in alcuni comparti.
Per Ilaria Fabiola Tabone, ceo del Molino Rossetto Livio di Pozzoleone e presidente della Sezione Alimentari e Bevande di Confindustria Vicenza, sul fronte dei prezzi dei beni alimentari dovremo aspettarci ancora scenari di incertezza e un alternarsi di previsioni da ponderare con cura («montagne russe nei mercati», è la metafora usata ad inizio intervista dalla Tabone). «Se parliamo di dinamiche macroeconomiche, dobbiamo chiarire che la crescita dei tassi di interesse e l’incertezza sul futuro sono elementi che contribuiscono a tenere i prezzi alti, sia pure in via indiretta. Inoltre, le filiere legate al settore primario dell’agricoltura sono state stravolte da calamità naturali, “disastrate” dal problema occupazionale e interessate da un grande problema di riorganizzazione produttiva. Termini nuovi quali “agricoltura di precisione” o “agricoltura verticale”, spiegano molto bene quanto sia complesso il percorso per l’innovazione. Parallelamente assistiamo all’emergere di nuove abitudini del consumatore, come l’acquisto di quantità ridotte e una grande attenzione allo spreco alimentare».
L’inflazione che ha stravolto il quadro economico globale negli ultimi 18 mesi potrebbe non essersi ancora avviata verso “la coda”, come si dice in gergo. Da Jackson Hole, l’altro ieri il presidente della Federal Reserve Jerome Powell ha fatto capire che l’inflazione è ancora troppo alta e saranno probabilmente necessari nuovi aumenti dei tassi di interesse.
«La scelta obbligata che accomuna tutto il comparto alimentare – prosegue Ilaria Tabone - è stata finora quella di trasferire in maniera graduale l’incremento dei costi al consumatore finale. Ma dobbiamo anche pensare al fuoco incrociato che ci ha coinvolti negli ultimi 18 mesi. Si tratta di variabili di cui abbiamo dovuto prendere atto, navigando nella totale incertezza: in primis il conflitto Russia-Ucraina con le conseguenti crisi energetiche, rimbalzate come in un flipper nei settori dei trasporti e degli imballaggi, proprio quando ci stavamo rialzando dalla dura prova della pandemia. Sul fronte prezzi, in alcuni casi si sono colpevolizzate le aziende di speculazione e si è parlato di rivincite silenziose sui consumatori. A queste narrazioni rispondiamo che il prezzo finale di un prodotto a scaffale risente di meccanismi molto complessi: penso alle strategie commerciali dei grandi gruppi che devono essere poste in atto con parecchi mesi di anticipo. La verità dei fatti è che a partire dal 2021 dopo trent’anni è ripartito il carovita e dobbiamo spiegare l’inflazione a chi non l’aveva mai conosciuta. Non dimentichiamo, infine, l’impegno in termini di costo che ormai tutte le imprese spendono per raggiungere traguardi di sostenibilità, obiettivi posti dall’agenda ONU 2030».
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