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Il settore orafo è in salute.
Lo ha certificato Claudia Piaserico, presidente di Federorafi, presentando gli ultimi dati a disposizione in occasione dell’“anteprima” di VicenzaOro.
I numeri si riferiscono alla prima parte dell’anno, quindi sostanzialmente collegabili agli ordinativi pre-eventi bellici. Le esportazione del settore orafo e argentiero, da gennaio a maggio 2022, hanno segnato un ottimo +36,5%.

Uno dei tanti appuntamenti di VicenzaOro September 2022
L’export italiano raggiunge quasi i 4 miliardi di euro, un miliardo in più rispetto allo scorso anno.
Le vendite del solo mese di maggio presentano un aumento del +63,7% rispetto al maggio 2021.
L’oro italiano si consolida sostanzialmente nei principali storici mercati di sbocco e vale la pena elencarli brevemente.
Gli Stati Uniti si confermano in prima posizione come lo scorso anno, con un aumento del +24,9% rispetto al medesimo periodo del 2021, un mercato che vale circa il 15 per cento dell’intero export orafo nazionale. Al secondo posto torna la Svizzera, scambiandosi con gli Emirati Arabi nuovamente in terza posizione: tali mercati crescono rispettivamente del +31,4% e del +23,3%.
Da segnalare un notevole balzo della Francia, +123,8%, che porta il mercato francese quasi sulla parità con gli Emirati Arabi, (circa 12 per cento entrambi).
Quinta l’Irlanda, hub logistico-commerciale del settore di recente avvio. Perdono il -1,6% le vendite dirette ad Hong Kong (-3,4 milioni di euro), mentre la Cina, dopo aver sperimentato una variazione del +367,5% nel gennaio-maggio 2021, cede il -21,9%, dalla 18° alla 26° posizione; le esportazioni a Hong Kong sono pari a 201 milioni di euro. Dare un quadro percentuale del valore geografico dell’export aiuta costantemente a ricordarci il peso reale delle diverse economie mondiali e in ultima analisi il loro valore per l’industria italiana.
In soldoni: l’Italia esporta principalmente con i grandi Paesi occidentali e con i colossi asiatici, la Russia è un mercato di sbocco per molti comparti strategico ma poco rilevante nel suo complesso. Ciò non significa che la nuova cortina di ferro che si sta alzando tra Europa e Russia sia una cosa positiva, anzi è molta negativa, ma per il nostro export pesano in numeri assoluti principalmente i container che spediamo in altre zone nel mondo.
E sempre per riportare numeri contro opinioni: il distretto orafo vicentino, vale ad oggi, il 21,6% dell’export settoriale nazionale, Arezzo incide il 32,2% sul totale esportato dall’Italia. Pesa eccome invece geopolitica del gas: per la tenuta globale del nostro sistema industriale e per mantenerne la sua competitività. Anche per la gioielleria incombe la minaccia dell’escalation dei costi di tutte le voci di forniture e dei servizi energetici. Un incremento che sta erodendo i profitti delle imprese che saranno quindi costrette a ribaltarlo sui listini internazionali.
La situazione potrebbe diventare presto ben più grave: anche gli orafi nei loro piani di impresa a breve-brevissimo termine mettono l’ipotesi estrema del razionamento come possibile, se non addirittura probabile («Nel caso la situazione non dovesse stabilizzarsi nel breve periodo, è fondamentale prevedere sin da subito un piano di razionamento dell’energia.
Questo è necessario per essere preparati a ciò che succederà, agendo di conseguenza e organizzandoci per tempo»). Godiamoci dunque i dati super positivi della prima parte dell’anno perché purtroppo non è tutto oro quello che luccica.
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