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Patuelli: 'Disinnescare i dazi o c'è rischio recessione'
L’Europa ci guarda. Le bizze della nostra politica mettono costantemente in allarme le istituzioni europee. Siamo un grande debitore che deve pur sempre rendere conto delle sue intenzioni (di pagamento) di fronte al mondo. Piccola premessa per un’intervista con uno dei vicentini, d’adozione per la verità, che contano di più a Bruxelles, soprattutto negli ambienti tecnici della regolazione dove si fanno le politiche e si stanziano i fondi comunitari. Pietro Francesco De Lotto presiede la Commissione consultiva sul cambiamento industriale della CCMI (Consultative Commission on Industrial Change) presso il Comitato Economico e Sociale Europeo.
In passato è stato per lungo tempo direttore generale di Confartigianato Vicenza. E’ il tecnico che ha fatto introdurre il cosiddetto “One-In, One-Out”, un principio fatto proprio dalla Commissione Europea che prevede nella fase nascente di una nuova produzione legislativa l’eliminazione di almeno una vecchia norma (fuori una dentro un’altra).
Una tecnica di semplificazione delle regole del gioco che si traduce in un grande aiuto soprattutto per le piccole e medie imprese soffocate mediamente da burocrazie di ogni genere e livello.

Pietro Francesco De Lotto (Comitato Economico e Sociale Europeo)
Dottor De Lotto, PNRR, fondi europei per le imprese, transizione energetica e cambiamenti che arriveranno presto a rivoluzionare il “modello Nordest”. Ma nel frattempo è caduto il governo Draghi...
«Esiste una tradizione in Europa che suggerisce di non commentare nemmeno ufficiosamente le news politiche nazionali».
Ma negli ambienti economici europei cosa si sussurra?
«Stupore, sorpresa, non ci si aspettava la crisi a pochi mesi dal voto. Ma non percepisco una particolare preoccupazione. L’Italia in questo anno e mezzo ha trovato una nuova centralità europea anche grazie a Mario Draghi».
Cambierà qualcosa nei prossimi mesi per l’agenda economica ed industriale del Paese?
«Per la Commissione Europea ci sono tre grandi priorità, la transizione economica ambientale, quella digitale e quella energetica. La guerra in Ucraina ha solo aggravato il problema, ma l’esplosione della domanda mondiale di energia era già in corso da tempo. Chi fa impresa, dalla micro alla multinazionale, deve sapere che tutto nei prossimi anni cambierà in funzione della sostenibilità ambientale ed energetica».
I nostri distretti manifatturieri sono pronti per non perdere il treno?
«Guardate a tutto quelle che le agenzie europee pensano, organizzano e finanziano per la transizione digitale, il fulcro della nuova battaglia per la competitività. Le nostre PMI sono ancora indietro su questo, devono investire in primo luogo del tempo per guardare a cosa succede nel mondo dell’intelligenza artificiale, dell’internet delle cose e dell’internet della mente. L’Unione sta costruendo una nuova legislazione che servirà per proteggere i nostri dati personali, quelli sanitari, quelli lavorativi, finanziari. A breve una nuova accelerazione della rivoluzione digitale cambierà l’organizzazione delle nostre vite, non solo le nostre economie».
Seguiamo i soldi: in base ai fondi stanziati, a quelli in discussione per i prossimi anni, quali sono i settori manifatturieri strategici per l’Unione?
«L’efficienza energetica delle imprese si spingerà fino al limite dell’autosostentamento. Per le industrie energivore sarà un cambio di passo epocale. Le tecnologie digitali e dell’intelligenza artificiale saranno il terreno di competizione nelle più importanti catene del valore e della componentistica di altissimo livello».
Un esempio?
«Il distretto allargato della componentistica auto: ora produce piccoli gioielli della meccanica per le auto, tra qualche anno produrrà gioielli da montare su iPad con le ruote sotto».
Il futuro dei comparti a minor specializzazione tecnologica?
«Positivo, a patto di farsi trovare pronti. Penso al tessile-abbigliamento: le future normative imporranno un consumo sostenibile di acqua e prodotti chimici, chi non si adeguerà in tempo non resisterà».
Ci dice un tema di politica industriale che non trova nel dibattito italiano?
«In giro per l’Europa si dà molta enfasi al dibattito sulla mobilità sostenibile, che non è legata solo all’auto. Un dibattito che riguarda anche l’aerospazio, dai droni fino ai satelliti, e le competenze che servono per giocare questa partita».
La struttura industriale del Veneto, manifatturiera, terzista, agganciata a valle nelle grandi filiere del valore, molto energivora, manterrà la sua forza in Europa?
«Bisogna cambiare passo in fretta sulle forme di incubazione tra Stato e privato, come i Digital Innovation Hub. Non si tratta solo di chiedere soldi allo Stato per finanziare progetti. La competitività che cercano in giro per il mondo si snoda nella spietata concorrenza per accaparrarsi le competenze professionali migliori. Gli Stati, le Regioni, i Comuni che creano le condizioni per costruire ecosistemi sociali non conservatori, non protezionisti e innovativi, vinceranno».
Consigli pratici per imprenditori, start up, artigiani, amministratori locali. Ci svela i suoi “preferiti” dove andare con costanza a sbirciare le novità?
«Guardate i siti Digit Grow e Digit Connect della Commissione Europea. E il sito dell’EASME, l’Agenzia Esecutiva per le piccole e medie imprese. Una miniera inesauribile per non lasciarsi passare sopra la testa i megatrends del futuro. Ma non basta».
Altri consigli di navigazione?
«Per la rivoluzione digitale guardate quello che fanno in Estonia, hanno cambiato non solo il modo di fare impresa ma anche le stesse istituzioni. Date un occhio alle novità in Repubblica Ceca per la compatibilità energetica ed ambientale delle imprese. Senza scoprire l’acqua calda, uno sguardo anche a quello che fanno in Germania alla Fraunhofer».
Giusti dieci anni fa, l’avvocato e finanziere Massimo Malvestio pubblicava “Malagestio: perché i veneti stanno tornando poveri”. A distanza di un decennio il Veneto sembra aver retto alle varie botte: crisi, banche, assicurazioni, riorganizzazioni delle filiere. Ma se perdiamo i treni che ci ha elencato…
«Sono positivo sul futuro del Veneto. Il cambio di paradigma che dobbiamo governare riguarda l’innovazione e le competenze. Ci sono Paesi, gli ultimi che mi vengono in mente sono diversissimi tra loro, Finlandia e Cipro, pieni di giovani “skillati” che vengono da ogni parte del mondo. Se perdiamo il treno di questo nuovo upgrade dell’innovazione tecnologica usciremo semplicemente dalle catene del valore. Sulla robotica, a livello nazionale, siamo molto avanti soprattutto nei settori della robotica collaborativa, della salute e della chirurgia. La Commissione Europea investirà sempre di più in queste tecnologie».
Chiudo riprendendo l’incipit dell’articolo, l’Europa ci guarda. Purtroppo, lo scetticismo verso l’Europa qui in Veneto è forte, fortissimo.
«Intanto diciamo che grazie all’Europa siamo pur sempre dentro al primo mercato mondiale. La competizione avverrà tra i grandi blocchi mondiali, solo un Continente unito può avere la speranza di trovarsi un posto al sole nel mondo».
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