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Lavoro

La siccità dei diplomati (e dei laureati)

La Fondazione Nord Est mette nero su bianco le previsioni sul mercato del lavoro&demografia da qui ai prossimi vent’anni

Pubblicato il 09-07-2022
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La siccità non riguarda solo il Brenta e i nostri fiumi. Sta arrivando anche quella dei giovani laureati e diplomati.
È straordinariamente efficace la metafora che usa la Fondazione Nord Est per spiegare quello che succederà da qui ai prossimi anni sul mercato del lavoro locale.
Ce ne siamo occupati a più riprese su Bassanonet, interpellando demografi e imprenditori che il lavoro lo studiano e lo creano per mestiere.

La siccità del Brenta (Meteo Bassano e Pedemontana del Grappa)

La demografia è impietosa e causerà riduzioni pesantissime nel numero di ragazzi in uscita da scuole ed università.
La strada è segnata: tra qualche tempo non mancheranno all’appello solo tecnici, ingegneri e informatici, mancheranno intere classi di età di lavoratori.
Non è poi così lontano il momento in cui in alcuni settori, per esempio la sanità, si dovrà procedere con misure d’urgenza. Significherà, probabilmente, portare da altre zone del mondo medici ed infermieri (con notevoli bonus su stipendi e benefit), in competizione con le altre economie sviluppate.
Il medico indiano o ucraino, che parla solo inglese tra le corsie del San Bassiano, potrebbe non essere un’ipotesi solo per i nostri nipoti.
Nell’ultima nota della Fondazione Nord Est, a cura di Silvia Oliva, si esaminano i numeri di questa “siccità” con la lente della ricerca scientifica.
E lo scrivono chiaramente: senza nuovi immigrati la diminuzione dei giovani in età lavorativa è già in atto.

«Dal 2008 nell’Italia intera, nel Nord-Ovest e nel Nord-Est è iniziato a contrarsi il numero delle nascite. Fino a quell’anno il Paese aveva potuto contare su un numero crescente di donne – figlie del baby boom e immigrate con comportamenti riproduttivi più elevati rispetto alle italiane - che aveva mantenuto positiva la dinamica delle nascite. La contrazione successiva è destinata a ripercuotersi sulla composizione futura della popolazione italiana per classi di età e sul numero di nuovi diplomati e laureati disponibili per il Sistema Paese, già oggi insufficienti a soddisfare le richieste del sistema economico e sociale».

Questi i numerosi impietosi che ci aspettano, già riportati decine di volte e utili da ripetersi come le filastrocche: «In tutto il Paese e nelle ripartizioni settentrionali, il numero dei diplomati nelle classi di età tra i 20-24 anni sarà in aumento calante fino al 2031, quando inizierà a diminuire. E si può stimare che nel 2041 ci saranno, rispetto al 2021, saranno 314 mila diplomati in meno in Italia, -46 mila nel Nord-Ovest e -25 mila nel Nord-Est. Per quanto riguarda i laureati nella classe 25-29 anni, saranno in crescita fino al 2036 (l’onda delle nascite si manifesta cinque anni dopo), per poi iniziare a diminuire e nel 2041, rispetto al 2021, si conteranno in Italia 65 mila laureati in meno, nel Nord-Ovest ancora 17 mila in più e nel Nord-Est 25 mila in più (ma -19 mila rispetto al 2036)».

Le soluzioni? Tante. Il tempo per attuarle? Già adesso è molto poco. Si tratterebbe, per esempio, di arginare il flusso dei giovani italiani che scelgono l’estero per andare a lavorare, migliorandone qui da noi la stabilità e la qualità del lavoro. E ancora: aumentare l’attrattività dell’Italia per i giovani provenienti da altri Paesi, supportare le politiche per favorire la natalità e mettere in campo strumenti adeguati per la permanenza sul lavoro delle donne. L’attrattività dei laureati porta enormi vantaggi economici per i territori economici che sono in grado di diventare una meta di lavoro ambita.

Sempre la Fondazione Nord Est: «Se il sapere determina la produttività e quindi è decisivo nel contribuire allo sviluppo economico dei territori, l’acquisizione di questo sapere richiede investimenti, privati e pubblici, dalla nascita fino alla laurea per crescere ed educare le persone. E quando una persona laureata si trasferisce da una regione ad un’altra porta con sé il capitale profuso nella sua formazione».

Sulla base delle stime OCSE, la Fondazione Nord Est ha quantificato il valore di tale capitale, evidenziando che in un solo anno il Nord-Ovest riceve l’equivalente di 3,8 miliardi, con la Lombardia a far la parte del leone (3,3). Il Nord-Est nel complesso ha un saldo positivo (1,4 miliardi), tuttavia presentando forti diversità al suo interno: da un lato Emilia-Romagna con +1,5 miliardi e Trentino-Alto Adige con +83 milioni, dall’altro Veneto con -72 milioni e Friuli-Venezia Giulia con -117 milioni. La siccità demografica evidentemente non porta guai solo per imprese ed occupazione, ce ne saranno altri, potenzialmente ancora più impattanti, come scrivono Luca Cifoni e Diodato Pirone nel loro ultimo libro, “La trappola delle culle”.

Il più popolare (problema) rimane sempre: chi pagherà le pensioni se sempre meno persone parteciperanno alla vita lavorativa del Paese?

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