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Redazione
Bassanonet.it
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Il custode degli alberi secolari
L’incredibile storia di Fiorenzo Caspon, l’imprenditore che ha piantato 5 mila alberi
Pubblicato il 01-10-2021
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La storia di Fiorenzo Caspon è semplice ma straordinaria allo stesso tempo. È un imprenditore di successo e da tempo si occupa (anche) di un bene economico davvero primario: si prende cura degli alberi e dell’ambiente in cui vive. Una sorta di angelo custode dei vecchi alberi che rischiano, nella progressiva cementificazione del Veneto, di essere sradicati e fatti a pezzi e che lui salva trapiantandoli nei suoi campi. Ha già scritto di lui Repubblica e a breve andrà ad intervistarlo TV2000, la televisione della Cei. Ha fondato nel 1980 a Fanzolo di Vedelago la Lunikstar, leader incontrastata nella produzione di spugnette di acciaio, 6 milioni di fatturato, 30 dipendenti, senza più concorrenti nel mercato italiano ed europeo. «Stiamo distruggendo le nostre campagne, tra un po’ arriverà il punto di non ritorno. Facciamo manutenzione a tutto e non salviamo i nostri meravigliosi alberi secolari?». Fiorenzo Caspon è un visionario dell’ecologia urbana, da 10 anni semplicemente pianta alberi, ne pianta tanti e cerca di salvaguardare quelli in pericolo, soprattutto quelli secolari. Per fare questo compra terreni e dove possibile cerca di costruirci attorno ruscelli, ricreando l’ecosistema di un tempo.
Partiamo dal principio: perché un imprenditore di successo si è messo in testa di piantare alberi in solitaria?

Fiorenzo Caspon, l’imprenditore che ha piantato 5 mila alberi
«Vengo da una famiglia di contadini, ho sempre vissuto in mezzo ai campi. Nei nostri paesi ogni occasione è buona per tagliare vecchi alberi, per disboscare, per sradicare piante centenarie. La mia generazione ha fatto il boom economico ma ha anche distrutto il nostro ecosistema».
Da quando si è messo in testa di piantare alberi?
«Attorno al 2009 ho cominciato a comprare campi e a piantare alberi. Soprattutto grandi alberi secolari. All’inizio andavo io a cercare quelli a rischio di essere sradicati e tagliati, adesso si è sparsa la voce e mi chiamano da tutta Italia, anche dall’Irpinia. Ho cominciato salvando i morari, “che ghe dava tanto fastidio ai contadini”. Mi ricordo anche il primo albero che ho piantato, è quello là in fondo, un cipresso».
Quanti ne ha piantati?
«5.000, forse di più. Ho salvato “albare” che hanno 200 anni, sono la storia rurale del Veneto. La nostra storia. Basta che creino problemi ad un assessore od a una cooperativa che lavora da terzista sui campi, “perché veri contadini non ghi ne più…”, e giù con la motosega. Quanto ci vuole per vedere un moraro o un gelso diventare imponente? A noi non basta una vita e in giro per il Veneto vengono tagliati come fossero margherite».
Quindi compra campi e cosa ci fa?
«Li lascio a foraggio, prati fioriti. Nei miei campi ci sono 20-30 tipi di fiori diversi. Anche per dare aiuto agli insetti impollinatori. Lo sappiamo che se continuiamo a buttare schifezze sui campi tra un po’ sarà il disastro, giusto? Però tutto va avanti come se non abitassimo in questa terra. Intorno ai campi dove possibile ricreo i fossi con l’acqua».
Quindi cosa dice a chi taglia alberi, dal comune più piccolo fino a quello più grande?
«Chi taglia un albero è un vandalo. Sono essere viventi, chi taglia deve essere punito. Abbiamo già distrutto il nostro territorio, prima ci fermiamo meglio è».
Qui è materia di sindaci.
«Vorrei girare il Veneto e farmi ambasciatore dei nostri alberi secolari. Il mio sogno? Che ogni comune elabori ordinanze contro il taglio degli alberi».
Magari qualche sindaco green ci starebbe…
«Poi bisogna vietare le colture vicino ai centri abitati. Se la gente sapesse cosa respira… Vicino alle case, dove crescono i bambini, devono esserci solo campi verdi di foraggio. E magari filari di alberi».
Ormai è diventato famoso, ma si è fatto anche qualche nemico…
«Cosa ce ne facciamo di piccolissimi appezzamenti per piantare due file di mais, strapieno di robe tossiche? L’agricoltura vera non si fa così. Purtroppo intorno a questa visione dell’agricoltura girano tanti interessi e i politici non vogliono mettersi di mezzo. Soprattutto quelli locali…».
Prossimi progetti?
«Voglio comprare un terzo grande appezzamento, sempre a Fanzolo. Ci pianterò altri 5-600 alberi secolari».
Qui su Bassanonet l’urbanista Michelangelo Savino aveva proposto un’idea ad hoc per Bassano: riforestare la città sfruttando i fondi europei del Pnnr.
«Sarebbe meraviglioso. Ci aggiungo: dove possibile piantate filari come una volta e createci attorno fossi con l’acqua. I ruscelli, assieme alle radici degli alberi, aiutano ad assorbire le impurità che arrivano sul terreno. Comincino i singoli che hanno possibilità economiche. Sperando che la politica non remi contro…».
Del Monte Grappa biosfera protetta cosa ne pensa?
«Potrebbe essere la volta buona per mettere l’ambiente al primo posto. Sul Massiccio si potrebbero fare cose straordinarie».
E’ vero che va a dare acqua agli alberi della Pedemontana?
«(…risata, ndr). Quest’estate andavo a dare da bere agli alberi appena piantati dietro al casello di Altivole. Sono gli unici ancora vivi…».
Lei emana un entusiasmo strepitoso, nelle sue parole però si percepisce un grande disincanto.
«Tutti, senza distinzioni, abbiamo sempre privilegiato il “dio denaro”. Siamo avvelenati, dentro e fuori. Nell’anima e nell’ambiente. Pompiamo i vigneti 26 volte in un anno, buttiamo fitofarmaci fino all’ultimo centimetro nelle pannocchie, non so se riusciremo a cambiare strada. Speriamo nei giovani, non ho più speranze nella mia generazione».
Lo sa che a Bassano hanno organizzato un festival della sostenibilità, “Radici Future”, proprio per sensibilizzare i ragazzi. Per il futuro: comprerà ancora campi…e?
«Pianterò sempre più alberi ripristinando i vecchi ruscelli, spianati dai coltivatori. Finora ne rifatti per un totale di oltre 40 km. Ai giovani dico: ragazzi manca l’acqua! Sarà un disastro. Studiate per capire come recuperarla, come salvaguardarla, come riportarla nei nostri campi. Tra un po’ non ne avremo più».
Già l’acqua…
«Mi faccia ringraziare il Consorzio Piave che mi ha dato una grande mano. I ruscelli alimentano la fauna, creano nuova flora, infiltrano le falde acquifere».
Qui tra i suoi filari cosa è cambiato?
«Sono tornate le lucciole, ci sono farfalle così belle che non vedevo da quando “sero un bocia”. Colombacci, pernici, tordi, anche cesene, erano sparite da 30 anni. Trovano vermi, dove ci sono le colture intensive invece non trovano niente e non stanziano più. Poi lepri, fagiani…».
E’ come San Francesco…
«Mi mancano le rane, non si trovano quasi più in Italia. Ne devo importare una cinquantina dalla Turchia».
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