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Laura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it
In principio, erano i buffoni
Divertimento e applausi, per la commedia di Stivalaccio Teatro ospitata al Remondini in doppia serata. Il nostro a tu per tu con Marco Zoppello
Pubblicato il 07-02-2025
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Ha debuttato nel 2022 all’Olimpico di Vicenza e gira i palcoscenici italiani e oltre raccogliendo applausi e gradimento, lo spettacolo inserito nel cartellone della stagione teatrale bassanese che è andato in scena con successo in doppia serata lunedì 3 e martedì 4 febbraio. Si intitola Buffoni all’Inferno, la commedia firmata Stivalaccio Teatro, spettacolo autoprodotto (con ringraziamenti al Teatro Busnelli di Dueville e l’Accademia Olimpica di Vicenza) inserito nel 2023 all’interno delle celebrazioni per i 400 anni dall’apertura del Teatro “C. Goldoni” di Venezia.
Compagnia vicentina nata nel 2007 all’insegna del teatro popolare, Stivalaccio negli anni è cresciuta notevolmente grazie alla direzione artistica di Michele Mori e Marco Zoppello, i fondatori, e poi di Sara Allevi, Anna De Franceschi, Federico Corona. Si tratta di un gruppo artistico molto apprezzato sul territorio nazionale e all’estero, ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti soprattutto in Francia, in particolar modo per il lavoro di ricerca che svolge riferito alla commedia dell’arte.
Interpreti straordinari dello spettacolo sono stati Matteo Cremon, Michele Mori e Stefano Rota, impegnati a dare vita a tre “buffoni”, Zuan Polo, Domenico Tagliacalze e Pietro Gonnella, che trovatisi all’Inferno devono inventare di sana pianta uno spettacolo per guadagnare il bonus sulla condanna alla dannazione eterna.

Marco Zoppello, con maschera da commedia dell'arte
Sul palco, una sorta di zattera dei folli alle prese con un cimento “satanico”, e una giocosa narrazione a metà tra buffo, mistero e tragedia – salti da saltimbanco quelli umani, per salvarsi l’anima.
Risate, divertimento e caldi applausi, dal pubblico da tutto esaurito del Teatro Remondini nelle due serate in programma.
Parliamo del lavoro e dei suoi contenuti con Marco Zoppello, che della creazione è drammaturgo e regista. Zoppello è attualmente impegnato con Michele Mori a Lecce a condurre un laboratorio che porta il titolo “L’arte della commedia - dal canovaccio al palcoscenico”.
È stata molto apprezzata dalla critica la grande attenzione posta a fonti drammaturgiche e letterarie nella costruzione dello spettacolo. Tra maschere e carabattole, un tuffo nel nero.
Si tratta di una ricerca cominciata durante la pandemia e proseguita nel tempo riguardante non solo il teatro medioevale, anche il folklore, le novelle, l’attenzione a un punto di vista dal basso sul mondo. Tutti i personaggi interpretati dai nostri buffoni sono sempre gente che guarda il mondo di traverso, con uno sguardo non diretto, come quello che potrebbe essere quello di un nobile, o elargito dall’alto, come potrebbe essere quello di un patriarca, di un monarca. Questa prospettiva mi interessava particolarmente e interessava molto anche alla compagnia con cui ho messo in scena lo spettacolo.
“In principio erano i buffoni”, il titolo di un vostro laboratorio di formazione teatrale. Sempre al centro la figura del “buffone”, lo Yorick: essere dalla natura inquietante, tra sacro e profano, tra memento mori e vanità.
Il nostro laboratorio ormai da alcuni anni raggruppa ragazzi e ragazze provenienti da tutta Italia. C’è una selezione molto attenta per riuscire a creare un gruppo di lavoro omogeneo. Gli allievi sono per lo più diplomati da scuole di teatro nazionali, o al limite persone con un’esperienza pregressa già definita, sono stati impegnati due settimane intense durante il festival “Be Popular” di Vicenza, ad agosto, in momenti che hanno visto mescolarsi oltre alla mia la presenza di Michele Mori, poi di Sara Allevi e Anna De Franceschi, ma anche di docenti esterni, esperti di canto, musica, danza. Sono varie le tematiche affrontate, tutto ruotante attorno all’arte del buffone, questo affabulatore per eccellenza, un po’ il predecessore dei Commedianti dell’Arte.
La comicità resa urbana, popolare. Frizzi e lazzi non celano la messa in scena dell’uso ingannevole della parola, elemento protagonista: guardando alla contemporaneità, è questo il lato demoniaco, infernale, da mettere in luce?
Il buffone mente, sì. Lo fa per bisogno, per riuscire a stare a galla, e mentono i personaggi che i nostri buffoni mettono in scena. Quindi i buffoni danno vita a una girandola di menzogne che ha come unico fine quello di raccontare una storia e di divertire il pubblico, perché poi, come dicono appunto i buffoni: “si ride perché non c’è niente di meglio da fare”. Questo è l’aspetto più importante.
“Il tempo di Casanova” (è il tema del Carnevale 2025 di Venezia) ma anche tempo di commedia dell’arte: sarete protagonisti del cartellone del Teatro Goldoni, nel fine settimana di chiusura dei festeggiamenti. Il vostro un rapporto idilliaco con Venezia, lo Stabile del Veneto e importanti realtà come Operaestate Festival.
Siamo arrivati a una collaborazione che dura dal 2017 con il Teatro Stabile del Veneto, cominciata sotto la direzione di Massimo Ongaro, che è stato il primo tra i grandi direttori degli Stabili più prestigiosi a credere nel nostro progetto. Quindi a lui “onori e oneri” di averci portato su palcoscenici importanti, come quelli del Verdi di Padova, del Goldoni di Venezia, del Del Monaco di Treviso. Abbiamo fatto grandi cose insieme e siamo sempre in contatto con lo Stabile del Veneto, anche con la nuova Direzione diretta da Filippo Dini, che è un grande uomo di teatro, e che già ci ha conosciuti. Siamo quindi felicissimi di chiudere quest’anno il Carnevale di Venezia, arriveremo fino al martedì grasso, con le repliche del nostro Buffoni all’Inferno: un’occasione stupenda quella che ci è offerta. Devo dire che il pubblico veneziano ci segue con un occhio di riguardo, c’è un bellissimo rapporto con gli spettatori che popolano il Teatro Goldoni.
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