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Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it

Primo piano

Teatro

Se suonano i sonagli

La 41^ Stagione Teatrale di prosa thienese ha portato al Comunale un classico intramontabile, Il berretto a sonagli, diretto e interpretato da Gabriele Lavia

Pubblicato il 18-03-2022
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L'ottavo appuntamento della 41^ Stagione Teatrale di prosa thienese ha portato al Comunale, come di consueto in tre serate nei giorni 15, 16 e 17 marzo, un classico intramontabile, Il berretto a sonagli di Luigi Pirandello, diretto e interpretato da Gabriele Lavia. Per la città di Thiene si è trattato di un gradito ritorno di uno dei grandi interpreti del teatro italiano, che in passato ha calcato le sue scene con diversi spettacoli, tra i quali: Il pellicano, Il malato immaginario, La signorina Giulia e Il sogno di un uomo ridicolo.
Scritta da Pirandello nel 1916 in Siciliano per il grande attore Angelo Musco, poi tradotta in Italiano, la commedia — di quelle dall’amaro in bocca — in questa rilettura mescola le due lingue e lascia collocata nel tempo e nel luogo originari la vicenda. Molto belli i costumi ideati dagli allievi del terzo anno dell’Accademia Costume&Moda, come scene e luci, rispettivamente a cura di Alessandro Camera e Giuseppe Filipponio, che insieme proiettano lo spettatore in un salotto di buona famiglia ma messo sghembo, a ricordare una sorta di relitto di ciò che dovrebbe rappresentare, dove a più riprese scendono drappi a metà tra il velo pietoso e la cortina di tende che però non riescono a tenere celati i grandi e piccoli drammi domestici narrati, illuminati anzi da bei giochi d’ombre.
In primo piano i due protagonisti: Ciampa lo scrivano, interpretato con maestria da Lavia, e Donna Beatrice Fiorica (nelle sue vesti Federica Di Martino), donna ribelle e indignata dalle infedeltà del marito che però alla fine dovrà sottostare al cappio delle regole della “civil convivenza” del piccolo mondo che la ingabbia. Con Lavia e Di Martino, i due attori coppia nella vita oltre che a teatro, molto bravi anche gli altri interpreti: Francesco Bonomo (il fratello di Beatrice), Matilde Piana (la Sarcena), Maribella Piana (la vecchia simpaticissima serva), Mario Pietramala (il delegato Spanò), Giovanna Guida (la madre di Beatrice) e la moglie-apparizione di Ciampa Beatrice Ceccherini.

Gabriele Lavia e Federica Di Martino (foto Tommaso Le Pera)

L’attore e regista torinese ha avuto occasione di dichiarare: «Per Luigi Pirandello la vita è una soglia troppo affollata del nulla. E tutta la sua opera ruota attorno a questo 'nulla' affollato di 'apparenze', di ombre che si agitano nel dolore e nella pazzia. Solo i personaggi sono veri e vivi». Nella sua interpretazione, l’inetto Chiampa, un uomo schiacciato dalla vita, qui combatte allo stremo per non passare per “becco”, perché non crolli rovinosamente quel castello di carte da poco che gli sta intorno e che mette in gioco la sua rispettabilità. Lo fa usando come armi le parole, parole che tuonano quando vogliono, e che inducono Beatrice a perdere tutta la sua combattività e a dichiararsi pazza. Quello di Beatrice è un atto di resa, ma anche un atto amoroso: non vuole trascinare con sé in un baratro l’uomo che imbroglia le carte che ha davanti, lo “scrivano”, che sarebbe costretto ad agire atti cruenti, se venisse scoperta l’infedeltà di sua moglie con il Cavaliere, marito di Beatrice. Lavia rende molto bene, esaltandone il contrasto, il dualismo che si viene a creare nel secondo atto tra l’ometto Ciampa e il nascere in lui dello “scrivano”, uomo capace di firmare con il segno rosso il finale della farsa. Federica Di Martino colora nel primo atto la sua Beatrice in vestaglia coi toni dell’intraprendenza e del coraggio, poi la lascia gradualmente perdere colore, e fuoco, mentre speculare il cambio abito la veste di velluto rosso; tutti intorno, comprese le inquietanti sagome del popolo sempre presenti in scena, restano a guardare e lei rimane sempre più sola, fino all’arrivo dello spettro del manicomio. Campanelli e sonagli avevano scandito per tutta la durata della commedia i momenti di svolta.
“Pupi siamo”, si dice sul palco, a sottolineare con Pirandello che c’è sempre qualcun altro a tirare cordicelle e fili delle nostre esistenze.
Lunghi applausi dal pubblico del Comunale.

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