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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it

Primo piano

Interviste

A tu per tu con Vanna Vinci

Vanna Vinci, ospite nella serata inaugurale del Piccolo Festival venerdì 29 giugno, racconta il suo lavoro e presenta le protagoniste dei suoi libri

Pubblicato il 28-06-2012
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Brassaï. L’occhio di Parigi

Può riassumere in breve, in piccolo, cosa ha voluto raccontare nel suo libro?

Il libro parte dall’idea del personaggio, una bambina brontolona e caustica che ha da dire su tutto e su tutti. Un personaggio ribelle e poco accomodante. Partendo da questa idea ho costruito avventure e tormentoni che potessero dare spazio a tutta la parte demenziale del personaggio e delle sue relazioni con il mondo che la circonda. Quindi la lunga sequenza di strisce sulla peste bubbonica nella mera speranza di depurare il pianeta dalla razza umana, il viaggio sulla luna alla ricerca di una nuova frontiera priva di esseri umani e di villaggi vacanza, la recita scolastica tra cappuccetto rosso e poeti maledetti... e così via.

Vanna Vinci


I suoi libri sono pieni di citazioni, letterarie, storiche, musicali, le piace riempire le vignette di elementi evocativi, la cameretta della Bambina Filosofica dice già, senza bisogno di parole, tante cose di lei.

Sì, mi piace inserire elementi che non hanno molto a che fare col racconto o l’intreccio nel vero senso della parola. Dettagli, che a volte sfuggono al lettore, e non sono fondamentali per la lettura delle storie, ma che arricchiscono la caratterizzazione dei personaggi e delle situazioni. Sono dati in più, che uno può identificare oppure no... non è così importante. Per me comunque è un divertimento.

Il lettore di fronte alle strisce è regista della sua lettura, ne sceglie il ritmo: può essere colpito da un particolare gioco di chiaroscuri, dal disegno, anche di più che da un dialogo importante. Il lettore di fumetti è più incline al primo tipo di sguardo, anche chi li crea?

Fare un fumetto è un processo lungo. C’è una parte di creazione mentale, un’elaborazione delle situazioni e dei dialoghi, e poi la realizzazione grafica, prima a matita e poi il definitivo. Sia per le strisce che per una storia lunga, tipo graphic novel, credo che l’importante sia l’impatto finale, l’equilibrio tra testi, narrazione e disegno. E credo che una volta che l’autore ha pubblicato un libro, questo smetta di essere solo suo, credo che diventi bagaglio dei lettori.

Narrare per fumetti significa anche pensare al ruolo degli spazi bianchi infilati tra una vignetta e l’altra: come procede dall’invenzione della storia alla sua narrazione per intermittenze, alla sua sceneggiatura?

Prima penso a uno spunto, tipo: vorrei raccontare di un personaggio che vede i fantasmi, oppure vorrei raccontare la biografia di un personaggio realmente esistito (cosa che sto facendo in questo momento... non con la bambina filosofica, eh...). Poi passo alla ricerca di quanto più materiale posso reperire sull’argomento, scritto o illustrato. E comincio a scrivere l’idea in forma di soggetto, come un racconto stringato. Poi definisco con una scaletta delle sequenze di quante parti è composta la storia e possibilmente quante pagine posso assegnare a ciascuna sequenza. Poi scrivo un lungo trattamento, con descrizioni delle situazioni, molto stringate, e aggiungo i dialoghi. Infine passo a disegnare, prima a matita poi con inchiostri e colori.
A volte opero delle modifiche in corso d’opera, ma lavoro così tanto sul testo, all’inizio, che spesso il ritmo è in parte già definito. L’ho come già visualizzato. Altre volte il disegno mi porta verso scelte di sequenza motivate da questioni visive, e allora seguo quelle direzioni.

In cosa assomiglia e in che cosa è diversa la Bambina Filosofica da altre bambine “terribili” che vivono nel mondo dei fumetti come Mafalda e Lucy?

La bambina filosofica è figlia di Lucy e di Mafalda, sono letture che ho fatto da bambina. Ho letto i Peanuts che ero piccola. Poi ci sono le St. Trinian’s, le bambine assassine del college inventato da Ronald Searle. Queste ultime credo abbiano influenzato tutto il mio lavoro sul fumetto.

Donne come le protagoniste dei suoi fumetti, con un pensiero proprio sulla realtà, consapevoli di essere spesso un po’ in bilico, di stare sulla soglia, le Bambine Filosofiche in carne e ossa sono una specie in diffusione o ne vede ancora poche in giro?

Io credo che ce ne siano molte, alcune piene di dubbi altre sfrontate e prepotenti. Confido nelle bambine filosofiche di caratteri diversi e età diverse, da quelle dell’asilo a quelle in pensione.


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