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Rinascimento in bianco e nero

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Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it

Attualità

Studio Aperto

Lettera degli studenti sull’aula studio dell’Urban Center. Le precisazioni del mediatore nei rapporti tra gli studenti e l’Urban Giovanni Mauro: “Puntato troppo il dito contro l’Urban Center ma il problema è reale, c’è necessità di quello spazio”

Pubblicato il 30-06-2023
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Studio Aperto.
Non è il titolo di un Tg, ma quello che gli studenti universitari del bassanese vorrebbero alla sera e nei giorni festivi, per prepararsi agli esami quando la biblioteca civica è chiusa, preferibilmente nel luogo già utilizzato in passato e assai gradito: l’aula studio dell’Urban Center, attualmente ancora non disponibile dopo la chiusura per Covid prima e per l’allagamento al piano terra del palazzo in via Porto di Brenta poi.
Me ne sono occupato ampiamente ieri, prima pubblicando la lettera inviatami da “oltre duecento studenti del bassanese” e poi dando spazio all’immediata replica del presidente dell’associazione Urban Center Omar Peruzzo.

Giovanni Mauro (foto Alessandro Tich)

Oggi è il momento di aggiungere alcune puntualizzazioni al riguardo, come da richiesta trasmessami ieri sera, al termine di una giornata alquanto movimentata, da Giovanni Mauro.
Giovanni, 23 anni, studente di Giurisprudenza all’Università di Padova, svolge il ruolo specifico di mediatore nei rapporti tra gli studenti e l’Urban Center .
Lo aveva citato nella sua intervista di ieri anche Omar Peruzzo, dichiarando quanto segue:
“Stiamo adesso riprovando a riaprire con nuovi ragazzi, tra cui il portavoce Giovanni Mauro, per individuare dei referenti che possano assumersi la responsabilità di aprire con continuità e con un certo criterio.”
Proprio oggi, in serata, è in programma un incontro del “mediatore” Mauro coi rappresentanti dell’Urban per cercare di avviare una soluzione alla questione.
Diciamo - senza timore di essere smentiti - che la pubblicazione della lettera su Bassanonet ha favorito il percorso di chiarimento reciproco nell’intento di trovare una sintesi condivisa. Anche se alcuni punti vanno ancora perfezionati e alcuni angoli vanno ancora smussati.

Giovanni Mauro, mi tolga innanzitutto una curiosità. Tra gli oltre duecento studenti “giovani e forti”, come li ho chiamati io, che mi hanno scritto la lettera sulla mancanza di un’aula studio, c’era anche lei?
Non direttamente ma c’ero anch’io che sostenevo la causa.

“Non direttamente” vuol dire che l’hanno scritta altri?
Un comitato di ragazzi che era coinvolto nella situazione ha scritto la lettera e nel momento in cui è stata pubblicata io ho preso le parti di chi l’ha scritta.

Riguardo alla lettera cosa ha da dirmi?
Dico che la lettera presentava un problema ben preciso e cioè la mancanza di un’aula studio. Anch’io sento nella mia carriera accademica che mi manca un luogo dove studiare alla sera o durante i giorni festivi. Il discorso è che andavano precisate alcune cose sia dal lato nostro, degli studenti, per come è nata tutta la situazione, ma anche da parte dei membri del direttivo dell’Urban Center.

Ma la lettera lei la condivide al cento per cento?
Cento per cento sarebbe dire tanto. La condivido per la maggior parte.

Cos’è che non condivide allora? Quella parte minore della lettera che non condivide qual è?
Non condivido il fatto che si dice che sia stata coinvolta l’amministrazione comunale, quando è vero solo in parte, e si punta troppo il dito contro l’Urban Center. Dall’altro lato però capisco gli studenti che hanno visto l’Urban Center come i principali soggetti che hanno chiuso quell’aula.

Rispetto invece alla replica del presidente di Urban Center Omar Peruzzo cosa mi dice?
Diciamo che la lettera, bene o male, è servita a qualcosa. Sono stato subito contattato da Peruzzo e sono stato contattato dall’assessore Cabion. E abbiamo avuto modo di chiarire determinate cose o meglio che l’assessore Cabion effettivamente non era a conoscenza dei fatti, come io presumevo. Tuttavia quello che mi sorprende, essendo stato anch’io parte attiva nel dialogo tra studenti e Urban Center, è il fatto che si siano tralasciati i motivi principali che poi hanno dato vita al disagio da parte degli studenti.

E cioé?
E cioè questa continua promessa che l’aula studio veniva riaperta. I motivi della chiusura erano a noi sconosciuti, si era parlato di lavori ma si diceva che riapriva in un paio di settimane. E poi questa continua promessa da parte di un soggetto terzo, che in realtà col direttivo dell’Urban Center non c’entrava niente, ha generato in noi uno stato di inquietudine. Una volta ci hanno detto “due settimane”, poi siamo arrivati alla fine di ottobre, poi a dicembre, Pasqua. All’inizio di giugno ricevo la telefonata “siamo pronti a riaprire”. Oggi mi sembra di capire che siamo al 30.

Comunque i rapporti “diplomatici” sono stati ripresi. Vi siete sentiti ieri e oggi avete un incontro con l’Urban Center. Adesso come sta evolvendo la situazione?
All’inizio, nel marasma generale, la situazione era un po’ problematica nel senso che io sono riuscito a capire quali sentimenti e che tipo di emozione stesse provando Omar. Perché alla fine si è trovato ad avere puntato un dito mentre di base la colpa non era sua. Dall’altra parte mi sento, anche in qualità di studente, che finalmente riusciamo a portare avanti il progetto e la volontà di portarlo avanti è tanta. Il discorso su cui farei chiarezza invece, che a me preme tanto, e sono stato il primo a tirare i freni e a tirare i remi in barca, è il discorso sulla responsabilità ricordato anche da Omar Peruzzo.

Come si risolve il problema della responsabilità?
Vedremo questa sera che cosa verrà fuori. Un conto - e io ci tenevo e premevo a dirlo anche al soggetto terzo, all’Urban Center e a Omar - è chiedere a dei volontari studenti di aprire l’aula studio e di garantire un minimo standard di sicurezza. Un conto è diventare invece dei metronotte. E quindi farsi carico di tutta la responsabilità che deriverebbe dal fatto di trovarci all’interno dei muri dell’Urban Center.

In conclusione una domanda apparentemente banale. Perché per voi è così importante un’aula studio comunitaria, o comunque un luogo dove studiare, quando alla sera si può studiare anche a casa?
No, non è una domanda banale e la ringrazio per averla fatta. L’aula studio è importante perché non tutti a casa hanno la semplice cameretta da poter sfruttare la sera per studiare. Anche nel mio caso, non ho la possibilità di ripetere alla sera perché magari disturbo la mia famiglia e io mi ritengo comunque un ragazzo fortunato ma so che c’è tanta altra gente che non ha proprio un posto in cui poter studiare. Ma non soltanto questo. Quello che mi preme invece è il fatto che con la chiusura dell’aula studio serale si è andati a reprimere un diritto fondamentale di tutti quelli che sono gli studenti lavoratori che abitualmente utilizzavano l’aula studio, che durante il giorno lavoravano e alla sera andavano a studiare. Senza poi nulla togliere al fatto del ruolo un po’ sociale, comunitario come diceva lei, di quello spazio e di quella chiacchierata di dieci-quindici minuti tra noi studenti tra una pausa e l’altra, dopo un’ora e mezza o due ore di studio, dove tutti siamo super stressati per gli esami. E questa cosa rendeva in qualche modo più tranquilla e più piacevole la sessione di studio.

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