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Il gol del Rivellino

Territorio da scoprire: passeggiata e scampagnata culturale al Torresin della cinta muraria di Marostica noto come Rivellino sul Pausolino. Tra storia, cultura, architettura, musica e pane e sopressa

Pubblicato il 22-05-2022
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Jairzinho, Gerson, Tostão, Pelé, Rivelino.
Dal numero 7 al numero 11, era il leggendario attacco del Brasile campione del mondo a Mexico 70. Uno squadrone che schierava anche altri grandi campioni e che poteva permettersi il lusso estremo di far giocare col numero 10 un certo Edson Arantes do Nascimento, detto Pelé.
Roberto Rivellino, detto Rivelino con una sola elle, era l’ala sinistra di quella compagine da sogno. È un mito del calcio brasiliano: è infatti il giocatore con il maggior numero di presenze nella Seleção. Quella stessa nazionale verdeoro che nella finalissima a Città del Messico batté 4-1 l’incommensurabile Italia del Ct Valcareggi.

Veduta dalla cima del Torresin o Rivellino del Pausolino (foto Alessandro Tich)

Pazienza: mi consola l’esaltante e indelebile ricordo della ancora più leggendaria Italia-Germania 4-3, la semifinale mondiale allo Stadio Azteca di Città del Messico, passata alla storia del calcio come “la partita del secolo”.

Ho scritto questo sentito prologo calcistico perché ogni volta che sento nominare i “rivellini” della cinta muraria di Marostica mi viene in mente per automatica associazione di idee l’attaccante di sinistra di quel Brasile mundial. È come se le torri delle mura scaligere facessero parte di un’ideale formazione schierata attorno al centrocampo del monte Pausolino.
E succede anche questa volta, in un caldo e soleggiato sabato pomeriggio che mi porta a inerpicarmi sul Sentiero dei Carmini a Marostica per raggiungere, poco sotto il Castello Superiore, il “Torresin”: la torre sul lato est delle mura impropriamente conosciuta come il Rivellino sul Pausolino. Scrivo “impropriamente” perché, come spiega l’architetto Duccio Dinale, presidente della Compagnia delle Mura di Marostica, i “rivellini” sono un’altra cosa: e cioè i prolungamenti murati costruiti davanti e a protezione delle porte della città, quelli che giù da basso fanno da anticamera agli ingressi della Porta Vicentina a sud, della Porta Breganzina ad ovest e della Porta Bassanese ad est.
Preciso immediatamente: non sono un esperto della mura di Marostica, queste cose prima non le sapevo e non ho consultato Wikipedia.
Sono tutte informazioni, come diverse altre riguardanti la storia e la struttura di questa straordinaria cinta muraria, che acquisisco assieme a un bel gruppo di altre persone nel corso di una scampagnata divulgativa sotto il Torresin, proposta e organizzata dalla Compagnia delle Mura.
È una di quelle iniziative di cui sentivo fortemente il bisogno dopo due anni di sospensione delle passeggiate culturali e degli incontri in presenza tra le persone per i noti motivi.
La formula dell’appuntamento è un mix di divulgazione e di relax all’aria aperta.
Ci sono due esperti - il professore, storico ed accademico olimpico Giuseppe Antonio Muraro e l’architetto, studioso e presidente della Compagnia delle Mura Duccio Dinale - che spiegano diverse cose interessanti, rispettivamente, sull’epoca scaligera in cui furono erette le mura e sulle funzioni difensive e militari delle strutture della cinta muraria.
Prima dei due interventi, tra un intervento e l’altro e anche al termine del piccolo buffet che ristora i presenti e fa riscoprire quel bene raro rappresentato dal dialogo tra le persone, l’ambiente viene animato dall’accompagnamento musicale della Silver Blues Band.
Un rinfrancante misto di storia e cultura, architettura e musica, natura e paesaggio, Cangrande della Scala e Fleetwood Mac, torrioni difensivi ed Elvis Presley, formaggio Asiago e pane con sopressa, vino nero e bibite, uova sode ruspanti e dolce casalingo.
Una sorprendente e piacevole esperienza di gruppo: la Compagnia delle Mura, in questo momento, siamo letteralmente noi.

“La Compagnia delle Mura - spiega ai presenti il socio fondatore Flavio Costa - si è chiesta che cosa può fare per questo territorio e per queste mura. Questo è il primo tentativo, la prima occasione per muovere un po’ gli animi e la passione della gente per la propria città.” “La risposta - aggiunge - l’abbiamo trovata qua, in questi luoghi che chiedono di essere conosciuti e raccontati e che sono di proprietà non del Comune o della Compagnia delle Mura, ma dei cittadini di Marostica.” “Accogliamo proposte e idee per sfruttare questo spazio - conclude Costa - e qui faremo almeno altri due o tre incontri prima della Partita a Scacchi.”
I due relatori - in particolare l’arch. Dinale - intervengono sui temi di rispettiva competenza con l’ausilio di una tabella con dei grandi fogli di carta su cui tracciare col pennarello dei disegni esplicativi, scherzosamente chiamata “Power Point”.
Il prof. G. Antonio Muraro parla con la “slide” già predisposta che indica le date principali riferite alle mura: 1311-1387 (l’età scaligera) e 1 marzo 1372 (data della posa della prima pietra delle mura, che quest’anno pertanto festeggiano i 650 anni di storia). L’accademico olimpico ricostruisce le radici storiche della città fortificata e ripercorre le fasi salienti della avvincente e anche truculenta saga scaligera ovvero della famiglia Della Scala, incentrata sulle figure di Cangrande e Cansignorio, con quella chiarezza di linguaggio e pacatezza di esposizione che tanto lo hanno fatto apprezzare dai suoi studenti.
L’architetto Duccio Dinale traccia invece sui fogli l’ABC dell’urbanistica trecentesca per spiegare struttura e caratteristiche del sistema militare scaligero in funzione “antiossidionale” e cioè contro gli assedi e gli attacchi nemici. Le mura costruite in calcare “antisfondamento”, le 24 torri, i due castelli con fossato, i sistemi di difesa tra i merli, le angolature, le feritoie, i basculanti e quant’altro: nulla era lasciato al caso.
Informazioni grazie alle quali i presenti apprendono che, per i suoi tempi, la cinta muraria di Marostica costituiva una macchina da difesa perfetta.
Nonostante i tanti anni di frequentazione di questo territorio, è la prima volta che metto piede in questa oasi di storia medievale, a cui si accede deviando dal percorso principale del Sentiero dei Carmini. Vengo pertanto accompagnato da Flavio Costa in una visita “personalizzata” all’interno del Torresin o Rivellino che dir si voglia.

Fino agli anni ‘80 del secolo scorso l’antica torre era adibita a casa privata, la sua area dava spazio anche all’allevamento di due vacche da latte ed era nota a tutti come “la torre de Piero Moeo”. In anni successivi è stata acquisita dal Comune e data in concessione alla Compagnia delle Mura, gli angeli custodi della cinta scaligera.
Le scale della torre sono strette e ripide, bisogna salire con prudenza. Uno dei locali interni è utilizzato dalla Pro Marostica: vi sono immagazzinate le imbragature per le visite turistiche all’attiguo tratto percorribile del cammino di ronda, sconsigliate a chi soffre di vertigini.
Arrivo sulla terrazza in cima e da qui si apre un panorama mozzafiato sulla pianura sottostante, sulle rampe merlate delle mura sul lato ovest e, sul lato opposto, sul vicino e selvaggio colle Pauso (da non confondere col Pausolino) che in realtà ospitò il primo castello, poi andato distrutto, e il primo borgo abitato di Marostica.
Ed è in questi momenti, dopo avere ascoltato gli interventi dei due relatori, che ti rendi conto che quello che oggi per noi è un meraviglioso punto panoramico era in realtà uno strategico ed efficace osservatorio militare.
Sotto la torre l’incontro dura ancora per un po’, si chiacchiera tra un panino e un bicchiere, mentre gli eterni ragazzi della Silver Blues Band eseguono le ultime canzoni in scaletta, che non c’entra nulla coi Della Scala.
Fossero tutte così le lezioni di storia, ci metterei la firma. Ero alla ricerca di un modo diverso di andare alla scoperta del territorio e non sono rimasto deluso.
E il Rivellino sul Pausolino delle mura di Marostica, in questo senso, ha segnato un gran gol.

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