Connessioni contemporanee
Un dialogo col presente
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Alessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it
Pubblicato il 02-02-2009
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La Chiesa del Vicariato di Bassano prende finalmente posizione sulla vicenda dell’ambulatorio medico per immigrati clandestini di Via Mons. Negrin che sta animando da giorni la politica cittadina.
Il punto di vista ufficiale è pubblicato nei bollettini parrocchiali diffusi questa mattina in occasione delle Sante Messe domenicali, con un intervento dell’Arciprete Abate di Bassano mons. Renato Tomasi.
Nei fogli distribuiti ai fedeli si esprime il dissenso della Chiesa sul “presunto contrasto fra la legge che vuole limitare la presenza dei clandestini nel territorio e la legge che garantisce loro le cure mediche”. “Noi pensiamo infatti - scrive don Tomasi - che questa contraddizione non esista, perché la difesa della legalità non è separabile dal rispetto dei diritti fondamentali della persona umana.”
Clandestini e cure mediche: la Chiesa bassanese esce allo scoperto
Una seconda riflessione riguarda la presenza stessa di clandestini nel territorio. “Viene rifiutata l’idea - afferma l’Abate di Bassano - che clandestino significhi sempre e solo “delinquente”. Clandestina infatti è anche la donna dell’est Europa, giunta qui con un regolare contratto per assistere una persona anziana e che alla morte della persona assistita si ritrova senza casa e senza lavoro, scivolando in una condizione di soggiorno irregolare.”
“Pensiamo quindi - prosegue l’intervento - che sia compito dei pubblici poteri regolare in modo equilibrato il rapporto fra l’applicazione della legge e l’accesso all’aiuto umanitario, senza scorciatoie e senza perdere di vista il primato della persona, affermato dalla Costituzione.”
Non manca una replica a chi sostiene che l’ambulatorio dell’Ulss per gli stranieri irregolari sia uno sperpero di denaro pubblico: “L’ambulatorio non costa nulla alla società, perché gestito da volontari”.
“A chi si dichiara credente - conclude mons. Renato Tomasi - ricordiamo che Gesù ha raccontato la parabola del “Buon Samaritano” per chiarire un aspetto essenziale della vita dei cristiani: e cioè che il “prossimo” non è colui che è come noi e non ci crea problemi, ma colui che ha bisogno di aiuto.”