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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Luigi MarcadellaLuigi Marcadella
Giornalista
Bassanonet.it

Special report

Imprese

Frutti proibiti

Il paradosso del mercato di frutta e verdura: aumentano a dismisura i prezzi per i consumatori (+100%) e calano i ricavi del settore

Pubblicato il 06-10-2022
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Brassaï. L’occhio di Parigi

È il mercato bellezza e noi non possiamo farci niente.
In questo caso parliamo dei prezzi impazziti che stanno sconvolgendo anche il comparto ortofrutticolo.
Complice un’inflazione che non si arresta, aggravata da una guerra energetica che fa schizzare verso l’alto tutti i listini del carrello della spesa. Il mercato è (quasi) semplicemente incontro tra domanda e offerta, niente di meglio quindi che sentire cosa succede dentro al Mercato Ortofrutticolo all’ingrosso di Bassano.

Giacinto Tramonte, Mercato Ortofrutticolo di Bassano del Grappa

Creato nel 1966 per servire l’area pedemontana, della vallata e dell’Altopiano, ogni anno con i suoi grossisti fa girare qualcosa come 200 mila quintali di frutta e verdura, un mercato di piccole dimensioni se paragonato agli oltre 2 milioni di quintali annui che intermedia Padova, ma pur sempre significativo in questa parte del Veneto. Dal 2011 è guidato da Giacinto Tramonte, navigato conoscitore dei prezzi e dei meccanismi che regolano il settore primario e che in prima persona ha visto scorrere le varie fasi della storia recente del Mercato di Bassano.

«Dagli inizi del Duemila soffriamo la concorrenza diretta della grande distribuzione, ci sono più di 40 tra supermercati e punti vendita in un raggio di 10 km. Una situazione davvero molto particolare quella bassanese, in ogni caso siamo un punto di riferimento per i produttori locali, per negozianti, commercianti e gli ambulanti. Oltre alla concorrenza dei supermercati, soffriamo da tempo anche la mancanza del ricambio generazionale tra gli ambulanti che fanno i mercati rionali».

Il nostro piccolo viaggio all’interno di questa ondata di aumento folle dei prezzi parte da due considerazioni, la prima matematica: i numeri che si vedono sugli scaffali della frutta e della verdura sono ampiamente superiori ai dati sull’inflazione, stimata ad oggi sul nazionale attorno ad un ottimistico +9%. La seconda è temporale: l’aumento dei prezzi ortofrutticoli ha iniziato a percepirsi timidamente nelle tasche dei consumatori già dalla fine del 2021, a causa delle prime maggiorazioni consistenti sui costi dei trasporti, sul gasolio e sulle materie plastiche per l’imballaggio.
Questa primavera, da maggio in poi, si è registrato un secondo poderoso step di aumento dei prezzi. Come ci conferma il direttore Giacinto Tramonte, da giugno 2021 al giugno di quest’anno i costi per la coltivazione e la commercializzazione di frutta e verdura sono aumentati del 60%.
Costi che fino al primo semestre dell’anno solo in minima parte erano stati trasferiti ai consumatori finali.

«I mezzi tecnici hanno subito aumenti incredibili: concimi, antiparassitari, materiale agricolo, materiali per il confezionamento dei prodotti. In un secondo momento sono arrivati gli effetti delle bollette dell’energia elettrica con le nuove tariffe, da lì è partita un’altra escalation dei costi. Sostanzialmente, fino a giugno solo alcuni tipi di frutta e verdura avevano subito un aumento dei prezzi».

Il motivo è complicato ma vale la pena spiegarlo: i prezzi di frutta e verdura di fatto si sono fermati al limite di una “barriera” economica oltre la quale non potevano andare, semplicemente perché i consumatori non avrebbero più comprato. In gergo, non ci sarebbe stata abbastanza domanda. Oltre una certa cifra, per fare un esempio pratico, il kiwi lo si lascia sul bancone, è il mercato bellezza.
Riepilogando dunque la prima fase dell’anno: fino a giugno i prezzi per i consumatori finali sono leggermente saliti, ma non di tanto, a fronte invece di costi saliti in maniera esorbitante per gli agricoltori e i grossisti. Da giugno in poi sono arrivati sul portafoglio dei bassanesi anche gli aumenti dei prezzi che cominciavano ad incorporare i nuovi costi di trasporto, gasolio, energia e materiale plastico per l'imballaggio.

In sostanza, tutta l’economia del settore primario entra in una spirale di aumento dei prezzi nell’ordine di un +60% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, a fronte paradossalmente di profitti uguali o addirittura ancora in perdita per i produttori.
«Oltre all’inflazione e all’energia, quest’estate abbiamo pagato anche il fattore siccità. Per alcuni prodotti, per esempio gli zucchini, alcune aziende hanno deciso di saltare uno o più cicli produttivi, a causa di costi troppo elevati e con la quasi certezza di non riuscire a vendere oltre un certo prezzo».

Sembra una banalità, ma vale la pena mettere in fila il ciclo della zucchina per osservare quante voci di costo diverse influiscono sul prezzo finale. In serie: le piante (o i semi), il costo della manodopera («qui dalle nostre parte ormai è praticamente impossibile da trovare. Le aziende che possono si orientano su coltivazioni dove serve poco la mano dell’uomo», precisa il direttore del Mercato Ortofrutticolo), il nylon per proteggere le colture, l’impianto di irrigazione, i trattamenti, la raccolta, il confezionamento, gli imballaggi, il trasporto ed infine la refrigerazione. La cosiddetta “catena del freddo” che, a questi prezzi correnti dell’energia, rischia di diventare a breve un altro punto di rottura della nostra economia. Con previsioni nel breve termine purtroppo ancora in peggioramento (non si vedono segnali di miglioramento dell’inflazione, anzi), per l’ortofrutta e soprattutto per le famiglie la faccenda si fa molto seria.
«Stiamo raggiungendo livelli di prezzo pericolosamente vicini alla soglia massima che il consumatore è ancora disposto a pagare».

Tradotto dal linguaggio tecnico del mercato: oltre una certa soglia di prezzo, i consumatori non comprano più zucchine, il prezzo a sua volta crolla e i produttori non hanno più interesse e margini per coltivarle. I bassanesi che frequentano le bancarelle e i piccoli commercianti a ragione però obietteranno: a noi questo +60% di aumenti non torna, sembra una stima di rialzo dei prezzi troppo ottimistica. In effetti il +60% è l’aumento riferito alla sola prima fase del ciclo economico di frutta e verdura, bisogna sommarci ancora un aumento dei costi del commercio all’ingrosso (circa il 20%) e un altro 20% nel giro di boa finale del commercio al dettaglio. Il totale registra un devastante +100% di aumento dei prezzi anno su anno.
«E non c’è nessuna speculazione, è una dinamica che non mette una lira in più in tasca a grossisti e commercianti. Per loro quelle percentuali aggiuntive sono gasolio, elettricità e l’aumento dei costi della catena del freddo».

Cosa succederà dunque ai consumi e ai consumatori, soprattutto quelli a reddito più basso? In fondo frutta e verdura sono beni di prima necessità.
«Oggi abbiamo discusso a lungo con gli operatori del mercato, nessuno sa precisamente cosa succederà da qui ai prossimi mesi», commenta Giacinto Tramonte, mentre sovrintende la fase di chiusura del mercato pomeridiano, quello aperto anche ai privati. «Nella mia lunga carriera non ho mai visto un simile periodo di incertezza. Abbiamo visto eccessi o carenze di frutta e verdura ma una situazione così mai. Le faccio l’ultimo esempio, quelle delle pere». Cosa succede adesso sulle pere? «In questo periodo sono già pronte, generalmente però una parte rilevante viene conservata nelle celle frigorifere per i mesi successivi. Con queste bollette a che prezzi dovranno rivenderle? I grossisti si chiedono, senza avere una risposta: meglio vendere subito a prezzi più bassi tutto quello che si riesce o rischiare di trovarsi bollette folli per tenere accesi i frigoriferi?». È il mercato bellezza, completamente impazzito in questo momento.

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