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Cosa c'è dietro all’iniziativa Radici Future messa in piedi dalla Confindustria bassanese? Perché non è solo una kermesse di eventi dove si parla di economia circolare e di buone pratiche sulla sostenibilità da portare nelle scuole? O meglio, è sicuramente anche questo ma cercheremo di spiegare perché rappresenta l’ennesimo indizio dell’effervescenza di idee che sta venendo fuori dagli ambienti economici locali. Demografia, natalità, economia circolare, ambiente, infrastrutture e collaborazioni con il mondo della scuola: tante iniziative diffuse che fanno pensare ad una classe industriale che si candida a governare il cambio di paradigma dello sviluppo economico nelle nostre comunità. Bisogna tenerne conto perché qui da noi l’industria “pesa” molto, “ci sono più fabbriche tra Bassano e Cittadella di quante se ne possono immaginare”. Idee che possono inoltre fare del Veneto un avamposto culturale “green” anche a livello nazionale, mettendo in soffitta i vecchi stereotipi ingialliti sulle priorità degli industriali del Nord. Ideatore di Radici Future è come detto il raggruppamento Confindustria Bassano guidato da Andrea Visentin.
Grandi imprese bassanesi e la Confindustria si adoperano in questa fase complicata per parlare di economia circolare e sviluppo del territorio. Siete più previdenti della politica?

Andrea Visentin, Presidente del Raggruppamento Bassano di Confindustria Vicenza
«Il progetto ha una dimensione bassanese, il fatto che esca da Confindustria invece lo si può interpretare in modo molto semplice. È prima di tutto una chiamata alle armi per noi imprenditori, una sveglia che ci diamo. Sono temi che non possiamo più non mettere in cima alla nostra agenda. In ogni caso non pensiamo di essere più previdenti della politica, diciamo semplicemente che la sostenibilità ambientale e dei processi produttivi sarà la via maestra per trovare un nuovo modello di sviluppo. Non è un caso che Laura Dalla Vecchia, neopresidente di Confindustria Vicenza, abbia affidato ad Armido Marana la delega alla Sostenibilità, Economia Circolare e Ambiente».
Non è semplice coniugare gli interessi di un territorio che vuole giocarsi ancora una volta la sfida nazionale per la leadership manifatturiera con la logica della sostenibilità.
«O le aziende accettano la sfida dell’economia circolare o saranno gradualmente messe ai margini nei loro rispettivi mercati. Chi farà affari nei prossimi anni con un’impresa che non rispetta i migliori standard sulla riduzione dei rifiuti, sull’utilizzo corretto delle materie prime, che non è attenta al territorio in cui è ospitata? Lo vedo sull’automotive, il mio settore: rispetti queste regole o sei fuori. Il treno del cambiamento è partito, non si torna più indietro, così come è avvenuto anni fa con la certificazione di qualità».
Come è nata l’idea di Radici Future in Confindustria Bassano?
«Prima del Covid, a metà anno del 2019. Abbiamo pensato di veicolare un messaggio di cambiamento su più livelli. Il primo nel nostro mondo industriale, poi ai giovani che devono cominciare da subito nel loro percorso educativo a “masticare” di economia circolare e ovviamente nel mondo della scuola. Sembrano temi lontani ma già oggi stiamo toccando con mano il problema dell’aumento vertiginoso delle materie prime e della scarsità di alcuni materiali. Tra 5 anni alcuni metalli non saranno più disponibili. Di questo si tratta. L’economia lineare a breve esaurirà tante delle sue risorse. A chi dobbiamo mettere in testa queste “sensibilità” se non ai ragazzi?».
Viviamo in territori meravigliosi che hanno pagato molto lo sviluppo in termini di “pressione” sull’ambiente. Marmo, oro, concia, plastica, mobili: qui da noi sono passati 40 anni di fortune del Nordest. Avete contribuito a creare ricchezza diffusa e benessere, ma come dite anche voi questo modello di economia è da aggiornare. Che errori non vogliono più ripetere gli imprenditori nei confronti del territorio in cui vivono?
«Sui cattivi esempi ovviamente rispondono i singoli, ma accetto la provocazione culturale sull’argomento. Fare manifattura significa creare ricchezza attraverso la trasformazione di qualcosa. Nei decenni scorsi a tutti i livelli abbiamo creato valore, e quindi benessere, ma sempre nella logica dell’ognuno per sé. È stato così per le imprese, piccole e grandi, per i singoli e per la politica. Abbiamo costruito a macchia di leopardo aree industriali, capannoni, viabilità, tutto in ordine sparso. Radici Future vuole parlare anche di questo e Bassano può ingaggiare una sfida sull’utilizzo sostenibile del nostro territorio, partendo per esempio proprio dalla viabilità e dai trasporti».
Non per fare paragoni con il passato, ma è evidente che le seconde, terze o quarte generazioni di imprenditori si sentono investite di molta più responsabilità sociale rispetto agli anni ruggenti del boom.
«Le secondo o terze generazioni vivono in prima persona questi cambiamenti quasi obbligati del nostro modello di sviluppo. Le generazioni precedenti, senza dimenticare alcuni grandi esempi di imprenditori illuminati, erano tutte orientate a “fare fabbrica”. Ma per la mia esperienza, ripeto al netto dei casi singoli negativi, un’idea di sostenibilità “sul come” si faceva produzione c’è sempre stata nei nostri distretti. Magari non è stata pubblicizzata a sufficienza».
Chiudiamo con un caso di buone pratiche di economia circolare: nel raggruppamento di Bassano qual è il caso più interessante?
«Non so se sia il più interessante, dico quello che ultimamente raccontiamo per spiegare alcuni meccanismi. Con gli scarti dei fagioli di Pedon Spa, la cartiera Favini produce un materiale cartaceo che a sua volta la Lucaprint utilizza per la realizzazione di un packaging completamente ecosostenibile. Questa è economia circolare, semplice ma rivoluzionaria».
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