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Luigi Marcadella
Giornalista
Bassanonet.it
Special report
Demagonia
A Resistere l’ex premier Mario Monti presenta il suo ultimo libro
Pubblicato il 15-06-2024
Visto 10.874 volte
Pubblico delle grandi occasioni ieri a Resistere per la presentazione dell’ultimo libro di Mario Monti. Il senatore a vita, già Presidente del Consiglio dei Ministri e due volte Commissario europeo è entrato al Castello degli Ezzelini accompagnato dalle organizzatrici della rassegna letteraria sulle note latineggianti della canzone cubana “Quizás”.
Oltre alla presentazione di rito del libro “Demagonia. Dove porta la politica delle illusioni”, l’economista ex presidente dell’università Bocconi di fronte ad un pubblico molto attento ha commentato i grandi tema della politica internazionale, partendo dai risultati delle ultime elezioni Europee fino ad arrivare all’attualità della riforma costituzionale e del premierato. Per l’occasione è stato intervistato dal giornalista Alberto Faustini, a lungo direttore del quotidiano Alto Adige.
Mario Monti sul palco di "Resistere"
Elezioni europee. «Per commentare i risultati delle Europee bisogna distinguere il ragionamento in due valutazioni. La prima riguarda i risultati degli schieramenti politici tradizionali, destra e sinistra, conservatori e progressisti. Non c’è dubbio che l’Europa si sia spostata a destra. La seconda valutazione, quella più importante, riguarda il consenso delle forze che vogliono più o meno Europa. Anche nel campo della destra italiana, rispetto al 2019, le forze sovraniste hanno cambiato in parte la loro posizione sull’Europa. Non si discute più infatti di uscire dall’euro o dall’Europa».
Partecipazione e fiducia. «In molti Paesi va a votare la metà degli aventi diritto, i cittadini hanno perso fiducia nella politica. Nei tempi più recenti i partiti hanno tentato di riconquistare un po’ di consenso con la logica dei bonus, gli 80 euro, il Superbonus 110%, con il risultato di sottrarre soldi e risorse per il futuro dei nostri figli. Da Presidente del Consiglio ho partecipato per un anno e mezzo alle riunioni del Consiglio Europeo: l’impressione netta è che tutti i leader pensano davvero solo alle prossime elezioni. Se si vota dopo un anno pensano al sondaggio del giorno dopo».
Rincorrendo le riforme. «Ogni 10 anni circa in Italia si prova a cambiare il nostro funzionamento delle nostre istituzioni, della Costituzione, della legge elettorale. Questo perché gli italiani hanno in larga parte un cattivo giudizio della politica. Nel 1824 Giacomo Leopardi scrisse il “Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’Italiani”, un saggio ancora attualissimo dopo 200 anni rispetto al rapporto tra il popolo italiano e le istituzioni. In fondo noi italiani diamo sempre la colpa agli altri di come vanno le cose».
Premierato. «Sono contrario alla riforma del Premierato, martedì in Senato voterò contro. Perché temo che possa creare una spaccatura nella nazione. Guardando anche a quello che succede in altre nazioni, l’elezione diretta acuisce i conflitti dentro la società. Macron ci ha messo sei anni a fare una riforma delle pensioni molto blanda e il Paese si è spaccato in due. È molto difficile fare scelte impopolari quando si è soli al governo. Nel 2011 per evitare la bancarotta dell’Italia abbiamo fatto delle scelte impopolari con l’appoggio di tutti i partiti, sarebbe stato impossibile altrimenti. La riforma delle pensioni, l’austerità fiscale, l’Imu sulla prima casa, tutte misure approvate per senso di responsabilità condivisa. Nessun singolo partito, o leader di partito, avrebbe avuto la forza di approvare misure così difficili».
Responsabilità. «In Italia la simpatia per chi eleggiamo dura in media due anni, due anni e mezzo. L’Italia potrebbe permettersi il premierato se la politica non nascondesse per anni sotto al tappeto i tanti problemi del Paese che via via si accumulano e che necessitano di scelte impopolari. E che costringono ogni 10 anni circa a cercare un “Mario” che risolve i problemi».
Mario. Post scriptum: scherzosamente l’ex premier Monti dice che dopo Mario Monti (1), Mario Draghi (2), c’è un altro “Mario” italiano che lavora alla Commissione europea e che potrebbe nei momenti difficili diventare il terzo “SuperMario” della politica italiana.
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