Connessioni contemporanee
Un dialogo col presente
4-11-18 Settembre 2025
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Laura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it
Primo piano
Pubblicato il 29-07-2011
Visto 3.101 volte
Giove Pluvio clemente ha consentito anche alle pietre del Castello degli Ezzelini, per una notte, di tornare ad essere non solo cornice, ma narratrici sibille di quel racconto della vita che è il teatro. Stasera in replica il risveglio ad opera dell’arte accadrà ancora, facendo naturalmente gli scongiuri d’obbligo. Da ieri la cinta muraria, le torri, l’Ortazzo presenti da secoli lì, eppure rese non ferme nello spazio né nel tempo dalla rappresentazione realizzata per Operaestate da Giorgio Barberio Corsetti e Fattore K, “sono” Il Castello: interpretano contenitore e contenuto, causa e effetto, sono nel medesimo tempo presenza che incombe e agente provocatore del cammino dell’ebreo errante K. Il libro di Franz Kafka da cui è tratta la pièce è una metafora, dimostrata anche dalla sua incompiutezza, dell’irrisolvibilità e dell’impermanenza della condizione umana, racconta l’uomo in un pellegrinaggio tra cammelli polari che sussurrano il finito e l’infinito. Il progetto del regista romano, uno dei rappresentanti italiani più autorevoli del teatro di ricerca – Barberio Corsetti è stato tra l’altro Direttore artistico della Biennale di Teatro di Venezia – consente agli spettatori senza posto, costretti anch’essi come K. alla mobilità e quindi a errare tra i quadri dei frammenti e delle messe in scena, di entrare facilmente nella lingua del racconto dello scrittore praghese dove ogni frase, quindi ogni azione, implode con mille echi ed è risuonabile e interpretabile all’infinito. L’accento di Ivan Franek, il bravissimo attore di origine ceca che interpreta l’agrimensore K., è da solo un rimando all’isolamento, all’estraneità del protagonista rispetto a quel mondo che Kafka introduce così: "Era sera tardi quando K. arrivò. Il villaggio era sommerso dalla neve. Non si vedeva nulla della collina del Castello… Al posto del Castello il suo sguardo lassù non scorge altro che un vuoto apparente: l’esperienza del vuoto è la prima all’approssimarsi al Castello… ‘In che villaggio sono capitato?’ Il figlio del custode dice: ‘Questo villaggio è proprietà del Castello, chi ci abita o pernotta in un certo senso abita e pernotta nel Castello.’… K. chiede: ‘C’è davvero un Castello qui?’". Seguendo i protagonisti – questo secondo segmento del progetto teatrale è intitolato Il segreto di Amalia -– negli incontri con gli abitanti del villaggio si sentono vicini i dubbi, i tormenti, il girovagare claustrofobico; si sperimentano la tensione e le ambiguità circensi dell’amicizia, dell’ambizione a realizzare qualche cosa, dell’amore che è assoluto, poi niente, poi non-amore; si intraprende senza reticenze il viaggio insieme a loro perché lo si riconosce come il proprio e si sale tutti volentieri sulle slitte in acrobazie improbabili e pur sapendo che non condurranno mai alla meta. Il Castello per essere visto diventa scatolone (tutti i complementi di scena sono di cartone), l’uomo lo sublima in fogli di carta “Qui si scrive parecchio” dice K.“, ”Sì, è una brutta abitudine” risponde Momus, il segretario di Klamm, e in un finale scenograficamente bellissimo il Castello finto e quello vero sembrano esplodere o piangere insieme tutta quella carta. Molto bella anche la commistione di linguaggi proposta dal regista, che ha inserito nella lingua kafkiana, già molto “visionaria”, innesti di proiezioni multimediali e ha consentito lo sguardo in diretta sulla performance attraverso un sito internet www.ilcastellodikafka.it. L’appuntamento con K. è in replica stasera, attende al nostro Castello.
Giorgio Barberio Corsetti (secondo da sx) e gli attori de Il Castello applauditi dal pubblico bassanese