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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it

Primo piano

Teatro

Avere una musica in testa

LA stagione teatrale bassanese ha presentato al Remondini Il soccombente, diretto da Federico Tiezzi

Pubblicato il 16-03-2023
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Brassaï. L’occhio di Parigi

Lunedì 13 marzo, la Compagnia Lombardi-Tiezzi ha portato in scena al Teatro Remondini, per LA stagione bassanese 2022-23, un adattamento firmato da Ruggero Cappuccio di una tra le opere capolavoro di Thomas Bernhard: Il soccombente.
Diretta da Federico Tiezzi e interpretata da Sandro Lombardi, Martino D’Amico e Francesca Gabucci, rispettivamente nei panni del Narratore, di Wertheimer, suo compagno di studi di pianoforte in gioventù a Salisburgo e della sorella di Wertheimer, la produzione ATP Teatri di Pistoia Centro di Produzione Teatrale/Campania Teatro Festival ha offerto in circa un’ora l’assaggio a più portate, scandite dal suono di una campanella o di altri strumenti fendenti le scene e il muro di parole, di un’opera dove nulla accade se non attraverso la parola, quindi ardua da non tradire in una rappresentazione dove i personaggi sono evocati da un io narrante che ricorda a distanza di anni “LA” vicenda del passato e della vita intera.
Il romanzo fa parte di un’ideale “trilogia sulle arti” che Bernhard scrisse tra il 1983 e il 1985; a quest’opera dedicata alla musica seguirono A colpi d’ascia, che ha come tema principale l’arte drammatica, e Antichi Maestri, ispirato dall’arte figurativa, quest’ultimo già oggetto di una rappresentazione della Compagnia toscana, che annovera nel suo repertorio diversi lavori che vanno in ricognizione su alcune figure chiave dell’altro teatro del Novecento.

da Il Soccombente (foto di Giusva Cennamo)

Nella bella scenografia, realizzata da Gregorio Zurla — interessante anche la partitura delle luci, curata da Gianni Pollini — il posto centrale era occupato da un pianoforte a coda Steinway quasi monumentalizzato da una costruzione in neon che richiamava un’opera funebre canoviana e foscoliana insieme, la tomba di Maria Cristina d'Austria. Lo strumento era sormontato da un video dove per alcuni minuti, prima dell’inizio, ha suonato come in estasi e dai più ignorato in un filmato d’epoca Glenn Gould, grande, inarrivabile pianista americano compagno di studi dei due ragazzi al corso tenuto dal Maestro Horowitz. Gould è stato generatore, secondo il Narratore, delle loro rese di fronte all’ineguagliabile: così o niente di meno, e finirà con il niente. Sempre nel video, si componevano a più riprese nel corso delle scene la parola “pensai” e immagini classiche come l’illusione ottica anatra-coniglio di cui si servì nei suoi studi anche Wittgenstein, tutto a rafforzare ciò che accadeva in primo piano, in un salottino di quelli da psicanalisi, attrezzato con elementi di mobilio di velluto rosso, dove si muoveva in veste da camera il Narratore-Lombardi il più del tempo impegnato in un lungo soliloquio, anche se a tratti sostenuto dalla compagnia di Wertheimer (colui che morirà suicida, il Soccombente).
Morirà appena cinquantenne anche il sempre evocato fuoriclasse Gould, colui che incarnava la tensione e forse il raggiungimento della perfezione nell’esecuzione che esige l’arte.
Forse non è inutile ricordare che Bernhard, autore scomodo, insofferente, autore di tante cosiddette “storie di testa”, anche quando parlava di musica parlava di scrittura.
A teatro, musica e ritmo della narrazione, arte in cui era davvero maestro lo scrittore austriaco che amava e odiava l’Austria, si avvertono giocoforza di meno, risultano non così dirompenti nella loro circolarità che scava solchi e rughe attorno agli occhi ma attutite, un po’ per le necessità di traduzione e un po’ perché il flusso di pensieri/parole rimane più legato alla parola scenica e alle sue esigenze.
Bravo Lombardi, che conclude nel finale vestito di tutto punto finalmente seduto al piano a “suonare” 4′33, di John Cage. All’altezza anche gli altri due interpreti, Francesca Gabucci chiamata a rappresentare oltre che la sorella-ancella di Wertheimer anche una nota di eleganza, di movimento e di sana imprevedibilità (maneggia spartiti, canta un’aria gentile).
Un incontro fuori calendario di Abbecedario sarebbe stato utile a introdurre gli spettatori non tanto al linguaggio scenico, che è risultato ben articolato e leggibile, ma alla complessità della traduzione dell’opera di Bernhard per il palcoscenico.
Il pubblico bassanese, che sta dimostrando di apprezzare maggiormente i toni da commedia, ha comunque applaudito con calore gli interpreti.

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