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Laura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it
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Tiranni in amore
Ieri sera, venerdì 19 agosto, la Compagnia Anagoor ha portato scena al Teatro Remondini, per OperaEstate Festival Veneto, il suo nuovo lavoro dedicato ai Sonetti di Shakespeare
Pubblicato il 20-08-2016
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Ieri sera, venerdì 19 agosto, la Compagnia Anagoor ha portato scena al Teatro Remondini, per OperaEstate Festival Veneto, il suo nuovo lavoro dedicato ai Sonetti di Shakespeare.
Dopo aver affrontato il rapporto fra lingua e potere in Lingua Imperii, e fra poesia e potere in Virgilio Brucia, è il potere della passione, l’oggetto del desiderio esplorato dalla Compagnia della città di frontiera, una tra le realtà più fertili e attive della ricerca teatrale contemporanea: la passione messa in versi quattro secoli or sono nella celebre opera attribuita a Shakespeare.
Uno spettacolo d’effetto, Master/mistress of my passion (dal sonetto n. 20), diretto da Simone Derai e affidato sulla scena ad Alberto Mesirca, alla chitarra e al liuto, con l'elettronica di Mauro Martinuz, a Stefano Stech Durighel, alla chitarra elettrica, e alle voci di Marco Menegoni e Jeff The-Six; con la partecipazione in video di Laura Curino (Elisabetta I d’Inghilterra) e Marco Crosato (il “Fair Youth” a cui si rivolge il poeta).

sul palco del Remondini, Master/mistress of my passion, della Compagnia Anagoor
Volti mascherati sul palco per i quattro interpreti, certo a rappresentare la volontà/l’obbligo di celarsi dell’autore della raccolta pubblicata da Thomas Thorpe e dedicata al misterioso “Mr. W.H”; forse anche a significare quell’eclissi di protagonismo che rende universale ed eterna l’opera, al di là del diletto comune, secolare, di volerne conoscere con certezza gli attori originari.
Un assetto da concerto per la scenografia. Sullo sfondo, due schermi appesi sui quali si alternano parole e scene/ritratto molto belle, che coniugano ideali di armonia e di decadenza e che costituiscono anch’esse narrazione, un tratto stilistico delle produzioni di Anagoor.
Ad Elisabetta I, apparsa in video a inizio e fine della rappresentazione, è affidato il compito di incarnare la cornice storica dell’epoca, di interpretare la messa in scena del potere, che comanda che i teatri siano chiusi in un mondo dove il popolo viveva in affanno tra peste, guerre, carestie.
Il “Fair Youth” compare sullo schermo come un bel giovane dai tratti gentili, vestito con abiti eleganti, che offre la propria bellezza agli sguardi del mondo; in un’altra sequenza, tra le gambe, ai suoi piedi, compare un mastino nero che invano tenta di governare; nei video successivi, gradualmente, il ragazzo si denuda e si traveste, trasformandosi in donna, a guisa degli attori/attrici dell’era elisabettiana, e infine assume le sembianze della Dama Nera, indossato del tutto il suo aspetto di morte.
Protagonista assoluta dello spettacolo è la musica: quella dei versi dei Sonetti, alcuni scanditi in inglese con evoluzioni rap da The-Six, rapper americano, altri declamati con ritmo nella traduzione italiana; quella suonata, cantata, elaborata, con variazioni di volume e intensità orchestrate per rimarcare l’altalenare della passione – che riconosciamo, che sarà sempre lo stesso, da qui all’eternità; quella del tempo che scorre, scandito dai battiti del cuore, dalle campane che suonano a festa o a lutto, con echi nella mente di marce nunziali, militari, funebri.
Una rilettura della parabola dell’amore cantata da Shakespeare nei Sonetti, dall’Eden all’omicidio/suicidio, tessuta a fotogrammi, risonanze, suggestioni progettati con rigore, realizzata con disciplina; per enfatizzare il gioco della sintesi che sta sullo sfondo gioverebbe forse qualche ulteriore asciugatura.
Applausi del pubblico numeroso e attento, in gran parte giovane, presente in sala.
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