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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Salute

Attenzione: ginocchio

Le lesioni dei legamenti nella pratica sportiva. Intervista al dr. Claudio Khabbazè, specialista ortopedico del reparto di Chirurgia del Ginocchio del Policlinico di Abano Terme

Pubblicato il 09-05-2011
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Brassaï. L’occhio di Parigi

Attenzione: ginocchio. Un’articolazione che per chi pratica attività sportiva può riservare spiacevoli sorprese. E’ il caso della rottura dei legamenti: un problema frequente che le attuali tecniche chirurgiche consentono tuttavia di risolvere adeguatamente.
Ce ne parla il dr. Claudio Khabbazé, specialista ortopedico presso l'Unità Operativa di Chirurgia del Ginocchio del Policlinico di Abano Terme (Pd), reparto diretto dal dr. Roberto Nardacchione.
Il dr. Khabbazè è inoltre il referente per l’ortopedia del ginocchio del centro specialistico Magalini Medica di Bassano del Grappa, dove lo incontriamo per questa intervista.

Il dr. Claudio Khabbazé


Dr. Khabbazè, cosa rappresenta il ginocchio per la traumatologia sportiva?
“Il ginocchio è il problema chirurgico più rilevante nei giovani, nella fascia di età tra i 15 e 30 anni, prevalentemente a seguito di lesioni ai legamenti. I principali legamenti del ginocchio sono quattro: due legamenti collaterali e due crociati, anteriore e posteriore. Le lesioni dei legamenti, ad esempio del crociato anteriore, sono tipiche ad esempio tra i calciatori e gli sciatori. Il trattamento della lesione richiede generalmente la via chirurgica. Si può anche tentare il trattamento non chirurgico, ma un giovane atleta rischia danni ad altre strutture come i menischi e la cartilagine, perché il ginocchio è instabile mancando il legamento. L’obiettivo principale è salvaguardare i menischi e la cartilagine, perché quando sono rotti non hanno dei sostituti adeguati. I legamenti, invece, si possono sostituire.”

Sostituire come?
“Con l’operazione chirurgica al legamento si va a sostituire il legamento lesionato con qualcosa di analogo. Il legamento è composto da un tessuto simile al tendine, e quindi viene sostituito con tendini propri, oppure da donatore. Esiste anche l’opzione dell’innesto artificiale, che però va riservato a una piccola nicchia di pazienti selezionati. Le linee-guida nazionali stabiliscono di dare la priorità all’applicazione di tendini propri, e in seconda analisi di tendini da donatore. Gli innesti artificiali, anche se permettono subito la ripresa dell’attività sportiva, sono consigliati in rari casi, perché in passato sono stati utilizzati tessuti artificiali che si sono rivelati non appropriati.”

C’è differenza, per il paziente, se il legamento lesionato viene sostituito con un tendine proprio oppure da donatore?
“Il decorso a medio-lungo termine è più o meno analogo. La scelta tra un innesto “autologo” - e cioè da tendine proprio - oppure “allogenico” - e cioè da un donatore terzo - spetta al chirurgo, in base alle caratteristiche del paziente. La scelta “allogenica” è obbligatoria quando c’è più di un legamento da riparare o nelle revisioni, quando il legamento nuovo si rompe.”

Si rompono spesso i legamenti sostituiti?
“Le casistiche internazionali evidenziano un fallimento medio del 7%, sia con tendini propri che da donatore. Le cause sono molteplici: possono dipendere da un errore chirurgico o riabilitativo, da nuovi traumatismi, da infezioni o da altre cause come l’insufficiente “legamentizzazione” del tendine, ovvero la cattiva “biointegrazione” del tendine che gli impedisce di trasformarsi in legamento.”

Che procedura è prevista per il trattamento chirurgico?
“L’intervento si effettua in Day Hospital. Il decorso prevede l’uso della stampella per una ventina di giorni, con carico pressoché immediato. La riparazione del legamento può richiedere anche altri gesti chirurgici associati, perché spesso alla lesione del legamento si associa a una lesione di uno o entrambi i menischi.”

Come sono i tempi di recupero?
“I tempi di recupero prevedono tanta riabilitazione, anche per due mesi abbondanti. L’attività sportiva viene ripresa generalmente dopo sei mesi. Il periodo dipende da fattori biologici oltre al recupero funzionale del paziente.”

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