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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it

All Stars

Professione: astronauta

Umberto Guidoni, protagonista di due missioni Shuttle e primo europeo a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, ospite di una serata a Cartigliano. “La Terra è come un'astronave: non si devono sprecare le risorse"

Pubblicato il 16-10-2011
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Brassaï. L’occhio di Parigi

L'uomo-razzo made in Italy è un tranquillo signore, affabile e disponibile, che parla di missioni spaziali e di esperimenti in orbita con grande chiarezza e semplicità.
Per parlare di questi argomenti, del resto, è ampiamente titolato. Umberto Guidoni, astrofisico e ricercatore, nello spazio ci è andato infatti due volte: con due missioni, a cinque anni di distanza l'una dall'altra, entrambe del programma Space Shuttle della Nasa.
Lo incontriamo a Cartigliano, dove il noto astronauta ha risposto volentieri all'invito della Biblioteca Comunale e dell'assessorato alla Cultura del Comune per un incontro con il pubblico dedicato ai voli spaziali. Un evento a sua volta inserito nell'ambito della mostra “Evoluzione”: la sorprendente rassegna a Villa Cappello - aperta fino ad oggi, domenica 16 ottobre - che racconta le imprese del cielo con i più diversi contributi, tra cui le foto originali della Nasa e i perfetti modellini in legno di aerei e astronavi realizzati dall'abilità artigianale di Raffaele Cuccarollo.

L'astronauta Umberto Guidoni con il sindaco di Cartigliano Germano Racchella (foto Alessandro Tich)

Una mostra che Guidoni non ha mancato di visitare, per un ulteriore incontro ravvicinato con il pubblico curioso e interessato.
Il suo curriculum (www.umbertoguidoni.it/Contenuti.aspx?idc=1) è di quelli con la “C” maiuscola.
Una carriera tra le stelle culminata appunto nelle due missioni spaziali che lo vedono protagonista: il primo volo, nel 1996, a bordo della navetta Columbia con la quale compie 252 orbite - pari a 10 milioni di chilometri - attorno alla Terra e il secondo, nel 2001, a bordo della navetta Endeavour, con la quale raggiunge la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) ancora in fase di assemblaggio.
Una missione grazie alla quale diventa il primo astronauta europeo a visitare la ISS, avveniristico laboratorio spaziale frutto della cooperazione tecnologica e scientifica di 16 Paesi che continua tuttora a girarci sopra la testa - con i suoi equipaggi in costante turnover - a 400 chilometri di altezza.
La visita di Guidoni a Cartigliano si colloca idealmente nell'anno delle celebrazioni per “i 50 anni del viaggio di Yuri Gagarin, il primo uomo nello spazio” e giunge a poche settimane dalla decisione della Nasa di sospendere definitivamente, dopo 30 anni, il programma Shuttle - la navetta che ha rivoluzionato la storia dei viaggi orbitali -, soprattutto per motivi di budget.
Per raggiungere la Stazione Spaziale, gli astronauti devono ora cambiare definitivamente taxi: un compito egregiamente svolto dalla meno “mediatica” ma sempre affidabile navicella spaziale russa Soyuz, che garantisce due voli all'anno col conseguente obbligo, per gli equipaggi, di permanere a bordo dell'ISS per un periodo di 6 mesi.
“Lo Shuttle - spiega Guidoni, al palasport di Cartigliano, a un pubblico incollato alle sue parole - ha creato una nuova generazione di astronauti. Prima gli astronauti erano tutti piloti militari, gli unici addestrati alle condizioni ostili dello spazio. Con le navette, oltre ai piloti, sono arrivati gli scienziati. Fisici, chimici, medici, impegnati nei programmi di esperimenti della Stazione Spaziale. Ora lo Shuttle è un pezzo di storia, e va verso il museo.”
C'è tanto amarcord nell'intervento dell'astrofisico che per due volte ha provato l'emozione e tensione “che non si possono descrivere a parole” del lancio della navetta, attaccata al suo gigantesco serbatoio, dalla base di Cape Canaveral.
Guidoni rende quindi un tributo al “suo” Shuttle mostrando al pubblico un video - che l'ospite spiega e commenta in diretta - in cui vengono illustrate, come raramente possiamo vederle, le operazioni e le condizioni di vita in mancanza di peso a bordo della navetta ma soprattutto dell'ISS.
Compresa l'acqua, in forma di bolle galleggianti che si possono bere come mangiare una caramella e le passeggiate nello spazio all'esterno della Stazione “che passeggiate, in realtà, non sono perché ci si sposta con le braccia”.
Operazioni che vengono svolte mentre l'ISS si muove a 28.000 km/h e compie un giro attorno alla Terra in 90 minuti, “il tempo di una partita di calcio”.
Ma l'astronauta romano - che ha intrapreso da tempo l'attività di divulgatore, fondando allo scopo anche l'associazione “Spaziando” - guarda anche al futuro dell'uomo nello spazio.
“L'esplorazione dello spazio continuerà, a fasi alterne - afferma -. E' il destino dell'uomo. Il ruolo delle Agenzie Spaziali Nazionali cambierà, soprattutto per il problema dei finanziamenti. Il futuro delle missioni spaziali dovrà contare su risorse messe assieme dal pubblico e dal privato. Negli Stati Uniti c'è già una società privata che sta lavorando per realizzare un nuovo vettore di trasporto per i rifornimenti alla Stazione Spaziale Internazionale. E la prospettiva del turismo spaziale, di iniziativa privata, non è poi così lontana.”
Seguono numerose domande del pubblico - sulla “verità” dello sbarco sulla Luna, sui pericoli delle missioni spaziali, sulle condizioni di vita senza peso ma anche sulla possibilità di esistenza di “altre forme intelligenti” nello spazio - per le quali Guidoni riesce sempre a fornire una risposta informata, equilibrata ed obiettiva.
E prima di sottoporsi all'affettuoso assalto del pubblico per firmare autografi sulla cartolina celebrativa dell'evento cartiglianese realizzata da Comune e Biblioteca, lancia un monito che fa riflettere.
“La cosa che più colpisce guardando la Terra, di giorno, dallo Shuttle - rivela ai presenti - è che non c'è traccia di umanità. Di notte è diverso, perché vedi le luci delle città. Ma con la luce del giorno, è come se l'uomo non esistesse. Sette miliardi di persone che sembrano tutte scomparire. Questa visione, assieme a tutto il nero infinito che hai attorno, ti dà una grande sensazione di solitudine, molto maggiore della solitudine che possiamo provare sulla Terra.”
“In quei momenti - conclude l'astronauta - mi sono reso conto che la Terra è come un'astronave. Chi viaggia sullo Shuttle ha delle risorse limitate per una missione di 15 giorni, devi usare tutto in maniera oculata e non sprecare niente. Così è anche per la Terra: dobbiamo mantenere il livello di consumi in maniera sostenibile. E' la vera sfida per il nostro pianeta. Viaggiando nello spazio te ne rendi conto.”

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