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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it

Attualità

Oro Massiccio

I problemi e le carenze del Massiccio del Grappa. Interessante replica di Luciano Favero, titolare dell’Albergo San Giovanni ai Colli Alti, al mio articolo “Caffè con Grappa”

Pubblicato il 28-08-2023
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Brassaï. L’occhio di Parigi

Qual è la differenza tra un medico e un giornalista?
Elementare, Watson: il medico salva vite umane, mentre un giornalista non salva un bel niente. Se in un paese manca il medico di base è un grosso problema, mentre se manca un giornalista non se ne accorge giustamente nessuno.
Tuttavia, metaforicamente parlando, la più grande differenza è la seguente: il medico cura la ferita, il giornalista invece (almeno il giornalista che, in accordo con l’editore, non risponde a nessun altro se non ai propri lettori) mette il dito sulla piaga.

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Ed è quello che ho fatto nel mio precedente articolo “Caffè con Grappa”, nel quale, prendendo spunto dalle dichiarazioni - pubblicate sul Giornale di Vicenza - del presidente dell’associazione Montegrappa.org Carlo Grigolon, ho sottolineato i problemi concreti e le irrisolte carenze del nostro Massiccio in contrasto con gli annunci, i propositi e le ambizioni di sviluppo sostenibile dei vari tavoli tecnici della Riserva della Biosfera MaB Unesco del Monte Grappa.
Ho messo il dito sulla piaga, per l’appunto. Quello, e solo quello, è il mio lavoro.
Non ho curato la ferita perché non sono certamente io a dover scrivere la ricetta con le medicine adatte per rimettere in salute il Grappa, la sua attrattività dormiente, le sue insufficienze infrastrutturali, le sue attività in pericolo di estinzione e la sua sofferente economia turistica e ricettiva con poche medaglie (una è il volo libero a Borso) da appuntare sulla roccia.
Si tratta di una terapia che, rimanendo sempre nella metafora medica, richiede l’intervento di una équipe multidisciplinare: composta da enti pubblici (Comuni e Province in primis), categorie economiche e associazioni territoriali. I famosi “stakeholders” o portatori di interesse, politici e non, che dovrebbero fare squadra - odio scrivere questa locuzione, ma ogni tanto ci sta - nel comune obiettivo di curare il Massiccio.
Il realtà questa équipe multidisciplinare si è composta, almeno sulla carta, proprio con il progetto di candidatura del Monte Grappa a Riserva della Biosfera MaB Unesco, premiato il 15 settembre 2021 dalla prestigiosa nomina ufficializzata dai vertici del programma Man and Biosphere dell’Unesco.
Il progetto è stato sottoscritto da 25 Comuni, tre Province e tre Unioni Montane assieme alle rispettive categorie economiche e con la benedizione della Regione Veneto: più multidisciplinari di così, riuniti sotto l’unica bandiera dello sviluppo sostenibile del Massiccio, non si può. Una montagna che però fino adesso - e lo ripeto ancora una volta - dal punto di vista del rilancio dell’area ha partorito il topolino.
Certo, ci vuole tempo. E ci vogliono risorse da destinare allo scopo: il riconoscimento di Riserva della Biosfera è tutto, fuorché un bancomat da cui attingere a finanziamenti diretti.
Ma ci vuole soprattutto quella che con un termine abusato, ma efficace, viene chiamata la volontà politica. Per i 25 Comuni interessati la nomina del Monte Grappa tra le eccellenze mondiali MaB Unesco è un’occasione unica (uso ancora il verbo al presente) per uscire dai recinti dei rispettivi orticelli e concentrare sforzi e parti di bilancio alla sua rinascita.
E quando scrivo che la questione è scomparsa invece dai radar, non lo scrivo certamente con piacere.

In generale, il mio articolo sul Grappa ha ricevuto dei “feedback” molto positivi.
Segnalo, in tal senso, la reazione del presidente dell’associazione Montegrappa.org Carlo Grigolon, che via mail mi ha scritto quanto segue:
“Salve direttore, ho letto il suo articolo con molto piacere, sono felice che lei abbia a cuore le sorti del Massiccio del Grappa e che come sempre ha colto con particolare intelligenza e vivacità le problematiche del Massiccio e del progetto MaB Unesco.
Mi spiace constatare che la zona del Sacrario negli ultimi anni è sempre meno valorizzata e in lenta ma inarrestabile decadenza. Continui così e buon lavoro. Un caro saluto.”
Ringrazio e ribatto: già, il Sacrario di Cima Grappa. Anche quello meriterebbe un articolo a parte, chissà che prima o poi non lo scriva.
Ma c’è anche un intervento in controtendenza che si rivela interessante per il contributo di informazioni sul tema. Ed è quello trasmessomi sempre via mail da Luciano Favero, titolare dell’Albergo San Giovanni ai Colli Alti, Monte Grappa.
Innanzitutto colgo al volo la sua precisazione su una cosa non corretta che ho scritto nel mio articolo, per errore di sbaglio. E cioè che tra le attività chiuse sul Massiccio c’è anche “Ponte San Giovanni”, che in realtà...non esiste. E siccome uno dei doveri primari della mia professione è la rettifica, provvedo subito a correggere l’inesattezza: l’Albergo San Giovanni in questione è aperto e lavora.
“Sarebbe utile - scrive l’albergatore - che lo scrivente o gli scriventi venissero a visitare i luoghi (qualcuno conosce bene i posti) e a prendere atto delle attività che hanno sempre investito sul Monte Grappa, senza avere aiuti da parte di nessun ente.”
“La nostra struttura, l'Albergo San Giovanni è presente da fine ottocento, fu rilevata dalla nostra famiglia nel 1946 - continua Favero -. Da allora non ha mai chiuso e ha solo sviluppato per stare al passo con la crescente richiesta in termini turistici, legati soprattutto alla Grande Guerra, alle varietà botaniche, faunistiche e come già menzionato nell'articolo le varietà di coleotteri (curculionidi) presenti in loco, come pure il tritone alpino ecc.”
Quindi la stoccata numero uno:
“Troppo spesso si abusa del nome Monte Grappa che favorisce enti o associazioni sviluppando tutto in pianura senza coinvolgere in termini economici gli operatori del settore sul monte. Come si dice, tutti su per far conoscere il Grappa e per portare gente, poi tutti giù, perché si sa, è già stato prenotato l’albergo o il ristorante in pianura.”
Segue la stoccata numero due:
“Come per questo articolo puntualmente si tira in ballo il nome Monte Grappa per riempire qualche spazio, invece di preparare e ponderare una lettura specifica e costruttiva, in modo da far capire che, sì siamo su un monte secondario, ma ci sono persone e attività che comunque investono nel futuro per dare un servizio di accoglienza il più decoroso possibile, cercando di sostenere un turismo che malgrado tutto c’è ed è vivo, soprattutto negli ultimi vent’anni, questo dopo il boom delle seconde case negli anni settanta e delle ferie tassative di luglio e agosto che era prettamente stagionale.”
Ma non finisce qui.

“Ultima cosa - osserva Luciano Favero -, qual è l'effettiva ricettività che può sostenere il Massiccio? In termini di: posti letto, posti a sedere, altri servizi di ristorazione. Si potrebbe cominciare a discutere su quanta gente portare in Grappa in modo sostenibile non come continuano a dire “per farlo conoscere”, cosa non veritiera in quanto il Monte Grappa è ben conosciuto in tutta Italia e anche all’estero.”
“In estate se il tempo asseconda mi sembra di capire che è frequentato, molto frequentato - aggiunge -, bisognerebbe invece spostare alcune manifestazioni fuori stagione (non chiudendo le strade a giugno, luglio, agosto, per eventi aperti solo a pochi appassionati di questo o quello sport), coinvolgendo gli operatori turistici presenti e dare loro modo di lavorare nei periodi più calmi con serenità, offrendo un servizio migliore e fare apprezzare i prodotti della zona. Ma come accade vi è meno partecipazione e gli interessi vengono meno, anche per l’incognita del tempo, quindi si spostano le manifestazioni quando comunque la gente c’è.”
“Vi è un libro degli anni settanta il cui titolo è "Il Grappa Attende Ancora” - afferma il titolare dell’Albergo San Giovanni -. Le difficoltà sono le stesse, anche se attualmente sono migliorate, come per il problema dell’acqua che è in buona parte stato risolto e non mi sembra che nessuno abbia patito la sete, non si sia potuto lavare o non abbia fatto il bucato quassù; credo sia ora di finirla con questa solfa che il problema del Grappa è la mancanza d’acqua, parliamo piuttosto della viabilità ed altri problemi che incontrano i turisti quando salgono, la mancanza di un punto informativo per indirizzare le persone ai vari luoghi storici legati alla Grande Guerra, le varie Malghe ecc. in modo che si capisca che si può trascorrere anche una settimana girando in lungo ed in largo.”
“Colgo l’occasione - conclude Favero - per invitarLa a visitare la nostra piccola realtà presente da quattro generazioni.”
Accolgo molto volentieri l’invito del signor Luciano e prossimamente non mancherò.
Va dato atto del suo impegno di operatore economico nell’essersi sempre rimboccato le maniche per “stare al passo con la crescente richiesta in termini turistici”.
Ma osservo anche, come si evince dalla parte conclusiva del suo intervento, che “la viabilità ed altri problemi che incontrano i turisti quando salgono” sono criticità reali, confermate da chi il Massiccio lo vive quotidianamente.
Dice il saggio: come volevasi dimostrare.

Che dire, in conclusione?
Che respingo una sola cosa, e fermamente, tra quelle affermate dall’albergatore.
Vale a dire che nel mio articolo avrei tirato in ballo il nome Monte Grappa “per riempire qualche spazio”. E conseguentemente, senza “preparare e ponderare una lettura specifica e costruttiva, in modo da far capire che, sì siamo su un monte secondario, ma ci sono persone e attività che comunque investono nel futuro per dare un servizio di accoglienza il più decoroso possibile”.
Per prima cosa io non riempio spazi e non riempio buchi. Mai. Ho già tante notizie da seguire, anche troppe, quindi non ho il problema di spazi da occupare tanto per farlo.
Secondariamente, riconosco col senno di poi di non aver posto la giusta attenzione sul fatto che ci sono persone e attività che sul Massiccio si danno da fare e investono sul futuro e per di più “senza avere aiuti da parte di nessun ente”.
Ma non era quello il focus dell’articolo. Le mie antenne, in quel testo, erano sintonizzate su un altro aspetto della questione: i problemi logistico-infrastrutturali del Grappa messi a confronto con la “grandeur” progettuale dei tavoli di gestione della Riserva della Biosfera MaB Unesco.
Riserva della Biosfera che il signor Favero, nel suo intervento, non nomina mai.
È mai stato coinvolto dai promotori del progetto di candidatura MaB Unesco? E mai stato invitato dal Comitato di Gestione a partecipare a uno dei tavoli tecnici della Biosfera, per portare il contributo della sua esperienza? Oppure si tratta - riprendendo un concetto da lui espresso - dell’ennesima iniziativa di pianura che, senza coinvolgere in termini economici gli operatori del settore sul monte, punta sul Grappa ma per portare benefici in pianura?
Su una cosa siamo tutti d’accordo: il Grappa, dal punto di vista storico e ambientale, è il nostro tesoro. Oro Massiccio.
Il problema è trovare la giusta combinazione per aprire la cassaforte e beneficiarne tutti.

Il 09 novembre

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