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Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it

Attualità

Colpi di Pala

Pala di Sant'Anna: sul suo valore storico, sul concetto di proprietà di un’opera d’arte, sull'autonomia per i beni culturali. Intervista all’ex direttore del Museo Civico di Bassano Mario Guderzo. “Un'operazione che ha dell'inverosimile”

Pubblicato il 01-06-2020
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Dalla “lontana” Marostica, dove vive, il dottor Mario Guderzo segue con attenzione le vicissitudini dello scacco matto giocato alla città di Bassano del Grappa con l'inopinata e segreta partenza per le Gallerie dell'Accademia di Venezia della Pala di Sant'Anna di Jacopo Bassano. Ha i requisiti per farlo, essendo stato nella sua carriera - oltre che direttore della Fondazione Canova di Possagno - direttore del Museo Civico di Bassano.
Il suo nome è stato inserito negli ultimi giorni dai media locali tra i possibili “papabili” per il ruolo di nuovo assessore alla Cultura di Bassano, qualora il sindaco Pavan decidesse di lasciare in mani altrui il problematico (per lei) assessorato. Ma - conoscendolo - piuttosto che aspirare a una carega amministrativa in via Matteotti, è assai più facile che Guderzo prenoti un volo su Marte con una navetta della SpaceX del miliardario della Tesla Elon Musk.
E tanto per restare in tema, a discorrere con lui sulla vicenda della Pala fuggita - per la modalità con cui si è compiuta e per il valore storico del dipinto che non è stato assolutamente compreso dall'amministrazione bassanese - sembra di ascoltare una storia da un altro pianeta. Non fosse altro che per l'assenza di gravità con cui questa operazione sembra essere stata gestita. Ma qui, egregi lettori, siamo nel pianeta Bassano. Iniziamo il conto alla rovescia.

Mario Guderzo alla Frick Collection di New York nel 2018, in veste di direttore della Fondazione Canova di Possagno (archivio Bassanonet)


Dottor Guderzo, lei sostiene che a Bassano non è stato capito il valore storico dell'opera restituita a Venezia...
Precisamente. Abbiamo assistito in quest’ultimo mese a un’operazione che dal punto di vista storico, legale e mediatico ha dell’inverosimile. Io percepisco che non siamo capaci, e mi ci metto anch’io in mezzo, a capire il grande valore che ha quest’opera. Un valore immenso dal punto di vista storico e artistico. Vorrei vedere se un assessore ai Lavori Pubblici decidesse da solo, stasera, di vendere un palazzo bassanese. Cosa succederebbe? Gli è possibile farlo? Io credo che assolutamente non sia così. Il valore di questo dipinto è decisamente molto superiore a qualsiasi palazzo. Se ne devono veramente fare una ragione. E quello che abbiamo percepito è proprio il fatto che, in quattro e quattr’otto, il sindaco ha deciso di trasferire quest'opera alle Gallerie dell’Accademia, su richiesta da parte delle Gallerie stesse. Si è difesa nelle varie interviste evidenziando il fatto che altrimenti saremmo incorsi in questioni legali. Allora io voglio dire questo: se noi leggiamo gli atti legali che questi musei dello Stato italiano scrivono nel momento in cui consegnano e depositano un’opera d’arte, questi atti hanno delle clausole di tutela che il “proprietario” evidenzia. Dire che a siglare l'atto sia stata l’amministrazione precedente, o quell’altra ancora, è un modo di nascondersi. Perché ogni tanto questi musei e nella fattispecie le Gallerie dell’Accademia (e io l’ho sperimentato sia al Museo di Bassano che alla Gipsoteca di Possagno) fanno la ricognizione di quello che hanno collocato in giro per il territorio. E alla fine viene sottoscritto un atto in cui vengono accettate tutte le condizioni. Ma non c’è nessuna “incursione” legale che possa essere intrapresa e c'è anzi la possibilità di far valere le proprie ragioni. Ci sono esempi eclatanti dappertutto.

Ne portiamo uno?
Portiamo l’esempio già citato su Bassanonet dal professor Pavanello: il caso di Udine, quando le Gallerie dell’Accademia volevano il ritorno di un Carpaccio e non solo l’intero museo, ma l’intera città si è opposta. Vogliamo portare un altro esempio? Quando, dopo il restauro della Pala di Castelfranco, le Gallerie dell’Accademia volevano tenerlo da loro, in occasione delle celebrazioni del Giorgione, e invece la città di Castelfranco è andata a prendersela. Io ritorno a dire che non abbiamo percepito il valore storico della Pala di Sant’Anna, che è stato ormai evidenziato. È stata realizzata per un territorio, pagata non sicuramente dai frati Riformati di Asolo per cui venne dipinta ma dalla gente comune o da chi aveva più possibilità economiche perché venisse lasciata in quel territorio. Se rispettiamo l’espressione del direttore delle Gallerie dell’Accademia che dice che “bisogna ridurre i tempi dei depositi” di queste opere, io dico che una riflessione va fatta. Anzi, direi che dovrebbero essere allungati al massimo i tempi di deposito, perché non è corretto che un museo come quello di Venezia abbia i depositi pieni di capolavori, che nessuno può vedere, e sarebbe bene distribuirli e arricchire il patrimonio in questo senso. Perché a questo punto mi aspetto che le Gallerie dell’Accademia vengano a Bassano a riprendersi le altre cose che ci sono nel museo, di cui nessuno ha parlato finora.

E cioè?
Per esempio, lanciamo un piccolo messaggio a Castelfranco Veneto. Al Museo di Bassano c’è un dipinto di Leandro Bassano, molto interessante, che si trovava originariamente nel monastero di Santa Chiara a Castelfranco, monastero che fu soppresso come quello dei Riformati di Asolo. Il dipinto finì alle Gallerie dell’Accademia, come è successo a seguito delle soppressioni, e oggi si trova al Museo di Bassano. Ma questo dipinto è di Castelfranco Veneto, che ha un museo. Perché allora questo dipinto non finisce in quel museo? Perché la Pala di Sant’Anna non va a finire ad Asolo, invece che riportarla “a casa” in questo senso? Si tratta di un tema molto importante, perché le Gallerie dell’Accademia sono piene di opere che provengono da queste soppressioni. Anche dalla stessa Marostica: ci sono dipinti della chiesa di Santa Maria, o che erano dentro il monastero dei Domenicani, e via di seguito, che sono “proprietà” delle Gallerie dell’Accademia, che dovrebbero trovarsi nei loro luoghi di origine e invece sono depositati in giro. Io aspetto che il direttore delle Gallerie dell’Accademia vada a Possagno a riprendersi i due “giganti” di Canova, “Ercole e Lica” e “Teseo vincitore sul Centauro” che sono, come dice lui, di “proprietà” delle Gallerie veneziane. E allora va sottolineato ed evidenziato un concetto che è salito alla ribalta di questi tempi.

Quale concetto?
Perché non rispettiamo quello che i nostri predecessori, direttori di musei e sovrintendenti, decisero allora come destinazione di questi capolavori? Vittorio Moschini, soprintendente del Veneto e di Venezia e direttore delle Gallerie dell’Accademia, e il conservatore Luigi Coletti decisero di portare a Possagno i gessi che erano alle Gallerie e che nei nuovi allestimenti non avevano spazio. Moschini e Licisco Magagnato, all'epoca direttore del Museo di Bassano, decisero di portare dei dipinti a Bassano. Perché non rispettiamo questo concetto, che ha un senso e un significato, che è fondamentalmente quello di valorizzare le cose che in realtà non erano valorizzate più? Perché la Pala di Sant’Anna è stata messa nei depositi delle Gallerie dell’Accademia ed è soltanto stato Moschini che, per valorizzare l'opera, l’ha presa da Sossano, dove era in deposito, per portarla a Bassano. La cosa più rilevante è però un’altra.

Cioè quale?
Come possiamo oggi continuare a parlare di “proprietà” di un’opera d’arte, visto che il direttore delle Gallerie dell’Accademia dice - e lo abbiamo letto e riletto - che il dipinto di Sant’Anna “è di proprietà delle Gallerie dell’Accademia”? Io credo che non sia veramente così. Oggi, in un’Italia di questo genere, ci sono delle contraddizioni. Ci sono una Regione Veneto, una Regione Lombardia, una Regione Emilia Romagna che vogliono le autonomie e che inseriscono nelle loro richieste di autonomia anche i beni culturali. Se nel Veneto ci fosse stata l’autonomia, molto probabilmente questo dipinto non sarebbe mai andato a Venezia. Visto che le Gallerie dell’Accademia sono un museo dello Stato italiano, io so per certo che le sovrintendenze hanno il compito della tutela e della conservazione delle opere d’arte. Ma non c’è scritto che ne hanno “la proprietà”. Oggi il concetto di proprietà, in Italia, non vige più per quanto riguarda i beni culturali, perché i beni culturali sono di tutti. Poi ci dev’essere qualcuno che li deve tutelare, conservare, proteggere, valorizzare e via di seguito. Allora: Sant’Anna a Bassano era molto più valorizzata che non alle Gallerie dell’Accademia. Le Gallerie dell’Accademia, per il percorso storico che riescono a costruire, non avevano la necessità di avere questo dipinto. Meritava di più farlo rimanere nel territorio. Forse si poteva pensare a qualcosa di diverso, come un prestito temporaneo da Bassano a Venezia, magari portando anche qualcos’altro di Bassano, per valorizzare il Museo di Bassano del Grappa e non fare le cose come sono state fatte, depauperando una struttura museale ancora di più.

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