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Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
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Attualità

Cavillo di battaglia

Quando le sottigliezze pesano. A proposito della sentenza del TAR che ha riaffidato il cantiere del Ponte alla Nico Vardanega Costruzioni, citata dal sindaco Poletto in consiglio comunale e mai propriamente divulgata

Pubblicato il 06-11-2016
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In una domenica di tempo grigio e piovoso come questa, ci sono molte cose utili da fare. Qualche esempio? Sdraiarsi sul divano, farsi una pennichella, guardare la televisione, seguire le partite di calcio.
Io però sono un po' masochista e ho fatto un'altra cosa: sono andato a leggermi per intero la sentenza della Sezione Prima del TAR del Veneto, pubblicata il 30 settembre 2016, riguardante il ricorso presentato dalla Nico Vardanega Costruzioni Srl contro la Centrale Unica di Committenza dei Comuni di Bassano del Grappa e Cassola e nei confronti della Inco Srl di Pergine Valsugana, in merito alle note vicende dell'appalto per i lavori di restauro e consolidamento statico del Ponte di Bassano.
Sentenza che, come noto, ha riaffidato il cantiere del Ponte alla Vardanega - che era stata esclusa dal Comune di Bassano dopo aver vinto la gara - annullando il successivo contratto stipulato dal Comune con la Inco che le era subentrata. La sentenza è consultabile online: basta andare sul sito www.giustizia-amministrativa.it, cliccare in home page su “motore di ricerca” e digitare sul riquadro di ricerca libera “nico vardanega costruzioni srl”.

Fonte immagine: panoramio.com

Trattandosi di un provvedimento giudiziario, la lettura è quanto mai ostica e - a meno che non siate laureati in giurisprudenza - davvero poco comprensibile ai non addetti ai lavori. Ma basta mettersi d'impegno e il senso dei contenuti può essere spiegato. È come gli atti degli avvocati: bisogna prima leggerli, poi ancora rileggerli e infine tentare di tradurli in italiano.
Perché l'ho fatto? Trascorrendo in tale maniera, e non nei modi elencati sopra, il pomeriggio di questa plumbea domenica di novembre?
In primo luogo perché sono interista e quest'anno le partite di calcio è meglio che le seguano gli altri. In secondo luogo perché ho potuto finalmente ritagliarmi un po' di tempo per analizzare un documento ritornato improvvisamente di attualità nel corso dell'ultimo consiglio comunale di Bassano del Grappa, di cui ho ampiamente riferito nel precedente articolo.
Vi ricordo intanto per l'ennesima volta, e per scrupolo di chiarezza, l'oggetto del contendere.
Il 16 dicembre 2015 la commissione di gara del Comune di Bassano aveva dichiarato vincitrice della gara a procedura negoziata e aggiudicataria provvisoria dell'appalto per i lavori sul Ponte la Nico Vardanega Costruzioni Srl di Possagno.
La scelta era stata effettuata secondo il criterio del massimo ribasso dell'offerta rispetto alla base d'asta, calcolata sulla media delle proposte pervenute.
Con un ribasso di aggiudicazione del 21,341% si era imposta tra i 19 concorrenti la ditta possagnese. Mentre la Inco Srl di Pergine Valsugana, con un ribasso del 20,657%, era arrivata seconda in graduatoria.
La Nico Vardanega non possedeva tuttavia all'origine un requisito richiesto dalla gara: la cosiddetta attestazione della certificazione SOA (Società Organismi di Attestazione) per un'opera pubblica, come il restauro del Ponte, inserita nella categoria OG2 (Restauro e manutenzione dei beni immobili sottoposti a tutela) e di importo superiore ai 5 milioni di euro.
Si tratta, in parole povere, di una carta che attesta che la società che concorre alla gara possiede i mezzi economico-finanziari e tecnico-organizzativi per affrontare l'opera. Se non ce li ha, può concorrere lo stesso. Ma per farlo, deve “appoggiarsi” ad un'altra società che dispone di questi requisiti e che le mette a disposizione, in forma di prestito, la propria attestazione SOA.
È una procedura prevista dalla legge e si chiama “avvalimento”.
E così ha fatto la Nico Vardanega Srl, che per concorrere al bando del Ponte ha sottoscritto un contratto di avvalimento con il Consorzio Stabile Al.ma di Aversa (Caserta). La prima è così diventata l'impresa “ausiliata” ovvero “avvalente”, la seconda invece ha assunto il ruolo di impresa “ausiliaria” che in linea di principio - e a seconda delle necessità - dovrebbe mettere a disposizione della ditta appaltatrice anche personale tecnico, mezzi e risorse. Così, almeno, secondo l'interpretazione del Comune di Bassano del Grappa. E non certo per la gloria, visto che al Consorzio di imprese della città campana, a fronte del prestito “di garanzia” della certificazione SOA all'impresa veneta, spetterebbe il 2% dell'importo dei lavori a base d'asta, al netto del ribasso.
Fin qui tutto chiaro? Mi rendo conto che sono argomenti strong, ma spero ardentemente di sì.
Orbene: dopo successive verifiche, il 25 febbraio 2016 il Comune di Bassano ovvero la Commissione di gara aveva escluso la Nico Vardanega Costruzioni Srl dall'appalto dei lavori sul Ponte a seguito di presunte irregolarità riscontrate nel rapporto di avvalimento con il Consorzio Stabile Al.ma. Contestualmente veniva dichiarata aggiudicataria definitiva dei lavori la Inco Srl di Pergine Valsugana, seconda in graduatoria.
La Vardanega si era opposta al provvedimento di esclusione dal cantiere presentando un ricorso al TAR, notificato al Comune di Bassano il 17 marzo e oggetto della sentenza del 30 settembre, con tutte le conseguenze già riportate in nostri precedenti articoli.
Perché la ditta di Possagno venne estromessa, dopo essere stata dichiarata vincitrice della gara? Lo si legge nello stesso dispositivo della sentenza del TAR. Queste furono alcune tra le motivazioni addotte dal Comune di Bassano in merito al Consorzio Al.ma: “Gli automezzi indicati anche con la targa nel contratto di avvalimento sono di proprietà non del Consorzio ma di un Consorziato e di un privato cittadino non aderente al Consorzio.”
E ancora: “Lo Statuto del Consorzio non prevede tra gli obblighi dei Consorziati quello della messa a disposizione di mezzi e risorse a favore del Consorzio, bensì il contrario; è il Consorzio che “può provvedere all’approvvigionamento per le imprese socie di materiali, attrezzi, macchinari e quant’altro necessario alla esecuzione dei lavori ed all’attività delle singole imprese” (art. 1.4. dello Statuto).”
Inoltre: “Nei documenti di gara non era stato dichiarato che il Consorzio avrebbe usato risorse dei Consorziati, né di altri privati, né vi erano le dichiarazioni sul possesso dei requisiti generali di cui all’art. 38 del d.lgs. 163/2006 dei Consorziati.”
Insomma, come dichiarò all'epoca a Bassanonet il vicesindaco Roberto Campagnolo, “la documentazione della Vardanega, in merito all'avvalimento del Consorzio Al.ma di Caserta, non era sufficiente”. “La società di Caserta - aveva ancora detto Campagnolo - avrebbe dovuto mettere a disposizione dell'impresa appaltatrice anche personale tecnico, mezzi e quant'altro, ma anche questo aspetto non è stato pienamente documentato, facendo anzi emergere alcune situazioni poco chiare.”
Ma è stata proprio la procedura di verifica da parte del Comune, ovvero l'oggetto dei requisiti verificati, ad essere contestata dall'impresa ricorrente.
E il TAR le ha dato pienamente ragione.
Riguardo agli accertamenti della Commissione comunale di gara, il Tribunale Amministrativo Regionale afferma: “Non può ritenersi che la verifica disposta abbia costituito un accertamento “improprio” ovvero “superfluo”, né tanto meno animato dalla volontà di estromettere dalla gara la ricorrente.”
Tuttavia viene smontata la tesi che ha portato all'esclusione dell'impresa di Possagno. I giudici amministrativi rilevano come la stazione appaltante (Comune di Bassano) ha ritenuto che le specifiche modalità operative del Consorzio “non gli consentissero di disporre dei mezzi e delle risorse formalmente appartenenti ad un’impresa consorziata (...).” Conseguentemente “ha ritenuto l’impossibilità da parte del Consorzio medesimo di assicurarne l’effettiva disponibilità in capo al concorrente, censurando così l’astrattezza del prestito del requisito (attestazione SOA).”
E qui arriva la magica formuletta in latino citata anche dal sindaco Poletto, riguardo alla sentenza del TAR, in consiglio comunale: “re melius perpensa”.
E cioè “esaminata meglio la questione”, rispetto alla precedente ordinanza con la quale il TAR il 7 aprile aveva respinto l'istanza della Vardanega, che aveva richiesto la “sospensione cautelare” del cantiere sul Ponte in attesa della sentenza, poi invece accolta il 12 maggio dal Consiglio di Stato.
È la premessa della motivazione per la quale “il Collegio ritiene di non poter condividere le conclusioni cui è giunta la stazione appaltante”.
Il TAR rileva infatti che in base allo statuto del Consorzio “le risorse e i mezzi delle singole Consorziate costituiscono la loro struttura d’impresa comune e dunque, a prescindere dalla titolarità formale di esse, sono senz’altro da considerare nella disponibilità del Consorzio medesimo”.
“Pertanto - prosegue il testo della sentenza - i mezzi e le risorse oggetto del contratto di avvalimento (...) devono essere ritenute senz’altro nella disponibilità giuridica del Consorzio ausiliario, titolare dell’attestazione SOA oggetto di prestito, ancorché formalmente intestate ad una delle imprese consorziate.”
“Né l’individuazione del responsabile dell’esecuzione dell’appalto - è un altro passo del dispositivo - contraddice la natura operativa dell’avvalimento, atteso che tale previsione attiene al rapporto contrattuale intercorrente fra l’amministrazione e l’aggiudicatario, ma non elimina la responsabilità solidale nei confronti della P.A. anche dell’ausiliaria “in relazione ai requisiti per i quali opera l’avvalimento” (art. 3, quarto comma, del contratto di avvalimento).”
Tradotto in linguaggio corrente: la Vardanega, in quanto aggiudicataria dell'appalto, opera per conto proprio. Ma il Consorzio che le sta alle spalle - al di là della certificazione SOA - può comunque mettere a disposizione mezzi e risorse che, come accertato dai giudici, rientrano tra le sue dotazioni.
“Ne deriva - conclude il TAR - che anche la previsione dell’importo del corrispettivo per l’utilizzo del requisito deve intendersi come riferito all’operazione di messa a disposizione dell’intero complesso aziendale ad esso connessa, anziché del solo requisito astratto.”
Da qui il pronunciamento che accoglie il ricorso della Nico Vardanega Costruzioni Srl, dichiara “l’inefficacia del contratto stipulato fra il Comune di Bassano e Inco Srl l’11 aprile 2016” e condanna l'Amministrazione di Bassano “ad aggiudicare il contratto alla ricorrente”.
Secondo il sindaco Riccardo Poletto, nel suo intervento al consiglio comunale di giovedì 3 novembre, il TAR - nel riaffidare il cantiere alla Vardanega - “riconosce la correttezza dell’operato della stazione appaltante del Comune di Bassano che aveva attivato azioni di verifica sull’aggiudicazione provvisoria alla ditta stessa”, ma la sentenza, nell'attestare la disponibilità giuridica dei mezzi dell'impresa ausiliaria, si è basata su quello che potremmo chiamare un arzigogolo tecnico.
“È o non è un cavillo?”, ha ripetuto due volte Poletto in sala consiliare.
Probabilmente lo è. Ma appare essere un cavillo ben motivato, se è vero che a sua volta il Comune di Bassano non ha impugnato la sentenza del TAR al Consiglio di Stato. Una sentenza condita, come tutti gli atti giudiziari del genere, di sofisticate sottigliezze: ma sono sottigliezze che pesano.
Ed è in tutto e per tutto un cavillo di battaglia. Vinta dalla Vardanega, a scapito di Comune e Inco, nell'estenuante svolgimento di un conflitto giuridico-legale che ha continuamente rinviato a data da destinarsi l'inizio dei lavori sul nostro amato Ponte.
E la guerra, a quanto pare, non è ancora finita.

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