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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it

Attualità

La persona offesa

Un resoconto e alcune riflessioni a margine del convegno “Emergenza donna”, dedicato al tema della violenza di genere

Pubblicato il 25-10-2013
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Brassaï. L’occhio di Parigi

Sala gremita, alla Martinovich, per l’incontro organizzato dal Cif (Centro Italiano Femminile), Ande (Associazione Nazionale Donne Elettrici) e Spazio Donna e fortemente voluto da Maria Nives Stevan intitolato “Emergenza donna”. Segno che il tema è sentito dalla cittadinanza che ha risposto all’invito con l’attenzione dovuta al richiamo tonale di una sirena che un’emergenza di fatto non potrebbe dichiarare: il problema della violenza psicologica, fisica e sessuale sulle donne ha radici molto lontane nel tempo, l’urlo si protrae da secoli, come ha ricordato in apertura del convegno lo psichiatra Franco Garonna citando alcuni passi di Lisistrata, la celebre commedia di Aristofane, un testo immortale studiato e spesso oggetto di drammatizzazione in tante scuole – nel classico greco, l’eroina ateniese, con le altre donne della città, proclamò uno sciopero del sesso per fermare la guerra in atto ma soprattutto riuscì a fare rete, e quindi a dare forza a un’azione civile.
Il dramma della violenza di genere è oggi sicuramente oggetto di un affioramento inedito, nell’informazione, nello studio, nella cronaca, anche per la spinta che riceve dall’apparato legislativo che finalmente si occupa “dei delitti e delle pene” che riguardano questa piaga civile e sociale in modo più specifico e articolato. Nel nostro Paese la nuova normativa rientra ancora in un generalistico “pacchetto sicurezza”, come hanno ricordato gli avvocati Di Pino e Vanzetto presenti all’incontro, ma il suo riferimento principale è un documento degno: la Convenzione di Istanbul www.unionedirittiumani.it/wp-content/uploads/2013/06/Convenzione_Istanbul_violenza_donne.pdf, ratificata e diventata legge in Italia nel giugno scorso.
Il tema della rete sociale è stato ricorrente nei discorsi degli intervenuti che si sono alternati sul palco. L’assessore comunale Annalisa Toniolo ha annunciato l’avvio della realizzazione di una rete territoriale che coinvolga tutti i gruppi di persone che si occupano del problema, sul modello di altre sinergie già attive da anni in Italia. In particolare, oltre alle istituzioni, l'Asl e le forze dell'ordine, a Bassano svolgono da tempo un’importante opera di prevenzione e di aiuto rivolti principalmente alle donne, ma anche ai minori offesi e in difficoltà, Casa Sichem e Spazio Donna. Le rappresentanti delle due realtà hanno fornito numeri preoccupanti sulla diffusione del fenomeno sul territorio: in un arco di tempo ristretto, oltre duecento le richieste di attenzione rivolte allo Spazio Donna, molte riguardanti casi di violenza di genere; dieci le donne, coi loro figli, quattro le Bassanesi – ha informato Anita Segafredo – che sono state accolte nelle strutture messe a disposizione da Casa Sichem dopo la loro denuncia delle violenze subite (un passo che non viene mai intrapreso in modo tempestivo, ma dopo episodi anche gravi reiterati, ha spiegato l’operatrice).

Il tavolo dei relatori (foto Roberto Bosca)

Maria Trentin, rappresentante delle politiche al femminile della Federazione Nazionale Pensionati Cisl, ha gettato luce anche sul mondo sommerso delle violenze infestanti gli ambienti di lavoro, atti che vanno dal mobbing, allo stalking, alla molestia e oltre che si verificano anche del Bassanese, in contesti che vanno dalla piccola impresa alla maggiore azienda locale.
La “persona offesa” ha il diritto-dovere, soprattutto nei confronti di se stessa, di non subire atti di violenza, di denunciarli rivolgendosi a dei tutori – hanno spiegato gli avvocati –, che con rammarico hanno anche sottolineato i tempi biblici e i cammini kafkiani dei procedimenti; è riconosciuta comunque ora una priorità, almeno in merito ad alcune misure di sicurezza per la tutela di chi denuncia la violenza, soprattutto domestica. Il cambiamento di cultura necessario ad affrontare il problema non può prescindere da un cammino di crescita e di consapevolezza che riguardi in primo luogo gli uomini ma anche le donne, che devono educare esse per prime, soprattutto se madri di uomini, al rispetto dell’altro, in particolar modo se l’altro è portatore, nei rapporti con le persone, di debolezze di qualsiasi tipo: fisiche, culturali, economiche. Serve a poco, e spesso è addirittura fuorviante, puntare i riflettori sui singoli casi, magari seguendo la prassi che impera tra pubblicazioni e talk show di chiamare le malcapitate solo per nome (è poco utile anche a instillare pietà, tanta è la capacità di assuefazione delle persone alle storie di violenza subita da altri): se la questione di fondo è civile, la risposta che una società deve dare non può che essere pronunciata a voce ferma, e da un coro.

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