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Alessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it
L'Operaio e il Tribunale
Giustizia o lavoro? Questione di priorità. La risposta alla domanda di un nostro utente
Pubblicato il 16-09-2014
Visto 5.500 volte
“Direttore a un operaio bassanese serve una fabbrica o un tribunale aperto?”
E' la domanda postami dal nostro utente kaiob nello spazio dei commenti all'articolo “Sul carro dei perdenti”, dedicato ai vani sforzi della politica locale nello sterile tentativo di salvare il Tribunale di Bassano del Grappa.
Rispondo subito: a un operaio bassanese serve una fabbrica, ma anche un tribunale aperto. Perché se mai, suo malgrado, fosse coinvolto in una causa di lavoro qui avrebbe un presidio dove potersi recare per far valere i suoi diritti, invece di sobbarcarsi estenuanti trasferte a Vicenza dove la situazione di marasma è nota a tutti, meno che ai commissari ispettivi del Ministero della Giustizia.

fonte immagine: genteveneta.it
Inoltre all'operaio serve un tribunale aperto perché serve anche al suo datore di lavoro, che per il contenzioso aziendale con clienti o fornitori - visti i tempi biblici della giustizia a Vicenza - è ora costretto ad affrontare maggiori e prolungate spese vive e legali, e quando le spese aziendali aumentano sappiamo bene, prima o poi, dove si rischia di andare a finire. Un problema che si avverte soprattutto nelle piccole aziende, dove “dipendente” e “padrone” (parola odiosa, ma efficace) sono oggi sulla stessa barca.
Ciò predetto, so benissimo di non avere ancora dato la risposta giusta.
Perché la domanda postami, in realtà, va interpretata così: è proprio il tribunale, di questi tempi, la cosa più importante su cui la politica e le istituzioni devono concentrare la loro attenzione? O non è piuttosto la difesa del lavoro, su cui questa Repubblica, ai sensi della Costituzione, è immeritatamente fondata?
Si tratta in questo caso di una domanda retorica, e cioè con la risposta già incorporata. Senza tribunale vado a dormire lo stesso, senza lavoro rischio di andare a dormire sotto un ponte.
Del resto sono stato il primo, e forse l'unico, a scriverlo e a sostenerlo: quella per il Tribunale di Bassano è stata sempre ed è tuttora una battaglia di corporazione, portata avanti in maniera quasi totale - cosa, d'altro canto, comprensibilissima - dalla categoria degli avvocati che a Bassano in tutti questi anni hanno prodotto il miracolo della moltiplicazione degli studi legali, supportati in seconda battuta nelle iniziative pro tribunale dall'Ordine dei commercialisti, pure abituati a navigare nel mare magnum delle carte bollate.
Un esercito di professionisti della giurisprudenza a cui la soppressione del palazzo di giustizia sta effettivamente togliendo progressivamente il pane dalla bocca, anche se le scorte alimentari degli specialisti della parcella sicuramente non mancano. Le aule giudiziarie sono il “loro” posto di lavoro ma non toccano, per fortuna, la quotidianità della vita di gran parte della gente.
Ecco perché alle proteste e alle manifestazioni pubbliche per il ripristino del Tribunale di Bassano hanno partecipato regolarmente e principalmente i politici e gli addetti ai lavori (avvocati e dipendenti del palazzo di giustizia, più i referenti delle categorie economiche ) ma non ad esempio i magistrati, categoria blindatissima per la quale essere in organico a Bassano o in qualche altra sede a seguito di domanda di trasferimento è sostanzialmente la stessa cosa. Manifestazioni alle quali, soprattutto, è sempre mancato il popolo, nel cui nome la giustizia italiana viene peraltro esercitata.
Da qui l'evidente e straordinario paradosso: alla città di Bassano serve un tribunale aperto, ma non alla maggioranza dei cittadini.
Attenzione però, perché tracciare un parallelo tra giustizia e lavoro, nel senso di stabilire qual è la questione prioritaria per l'operaio Bepi o per l'impiegato Toni, può anche portarci fuori strada. Perché è vero che la difesa del lavoro e la lotta alla disoccupazione sono le vere emergenze della nostra società, ma è altrettanto vero che ce ne rendiamo conto solo a parole.
Nell'ultimo anno ho avuto l'occasione di scrivere di alcune importanti situazioni di crisi o di tagli aziendali che riguardano il nostro territorio: Commital-Sami a Marostica, ex Lametal a Oliero, Akzo Nobel a Romano d'Ezzelino, Metalba a Bassano. Situazioni che hanno messo alle strette, e talora anche alle soglie della povertà, centinaia di famiglie. Tutti casi nei quali abbiamo assistito alla mobilitazione e ai presìdi delle maestranze, ma non certo a una mobilitazione di popolo. Ognuno di noi, in questa Italia che non ci rende felici, è ormai concentrato sui propri problemi e i tempi delle proteste e dei copertoni bruciati in piazza per le Smalterie sono lontani anni luce: e che sia per una fabbrica chiusa o per un tribunale aperto, il vero male di oggi è l'indifferenza.
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