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Laura VicenziLaura Vicenzi
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A filò con le Cortigiane di Carpaccio

Sulla terrazza di Palazzo Sturm, Luca Scarlini, accompagnato da Alberto Mesirca, ha narrato vizi e virtù delle letture che nei secoli hanno accompagnato il celebre dipinto del pittore veneziano

Pubblicato il 31-07-2013
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Elena Pavan

Ieri sera, martedì 30 luglio, Luca Scarlini, accompagnato dalla chitarra di Alberto Mesirca, ha narrato al pubblico ospitato sulla terrazza di Palazzo Sturm vizi e virtù degli sguardi che nei secoli hanno accompagnato il celebre dipinto del pittore veneziano del Cinquecento Vittore Scarpazza, detto Carpaccio, titolato Le due dame. L’evento era inserito nel programma delle iniziative di Operaestate dedicate a “Ekfrasis storie dell’arte”.
Al centro del racconto di Scarlini, la secolare querelle sullo stato sociale delle due figure: dame o maliarde, spose o cortigiane? La tavola del pittore definito da Giorgio Vasari nel suo trattato Le Vite “il primo che fra costoro (i Veneziani) facesse opere di conto”, e che veniva in genere datata dopo il 1500, aveva riscosso un grande successo nell'Ottocento quando John Ruskin le aveva attribuito il titolo Due cortigiane. In nome di un Romanticismo un po’ pruriginoso, nell’opera che si è scoperto poi essere parte di un dittico (forse in origine era addirittura composta da quattro parti) era stato deciso di ignorare gran parte della simbologia presente e di prestare attenzione solo ad alcuni particolari della scena rappresentata, “taroccandone” la funzione all’interno del quadro. Questa è l’opera di un artista narratore che nulla lasciava al caso e all’interpretazione, se non quello che desiderava vi fosse lasciato, però… quelle acconciature elaborate, i calcagnetti rossi dalla zeppa da vertigine, le collane di perle, quell’aria di attesa, il colore giallo che codificava l’appartenenza delle donne alla categoria.… Tanti altri elementi (il fazzoletto, la presenza del mirto nel vaso a destra, il mezzo giglio, le due tortore, il frutto, la pavoncella, i cani e il pappagallo) e anche quelli nominati, a una lettura meno fantasiosa e particolare non sarebbero apparsi invano: tutti questi simboli hanno il preciso scopo di sottolineare la virtù delle due dame, una più giovane, l’altra di mezza età, sia che esse siano state nubili, spose o vedove. Un eccesso… d’amore? Ruskin, attento studioso dell'arte italiana, scrisse dell’opera "È più bel quadro del mondo", per poi aggiungere "Tutta la potenza di De Hooghe in fatto d'ombre, del Van Eyck nei particolari, di Giorgione nelle masse, di Tiziano nel colore, del Bewick e del Landseer nella rappresentazione animale, è qui riunita".
Quando venne trovata la parte mancante del dipinto, quella Caccia in laguna dal rinvenimento travagliato ora custodita al Getty Museum di Los Angeles che costituisce la parte superiore dell’opera, fu evidente che di cortigiano le due dame avevano ben poco. Probabilmente a marchiare di scarlatto le figure delle due donne contribuì la fama un po’ tenebrosa del loro custode, quel Teodoro Correr, sommo collezionista veneziano grande appassionato anche di arte pornografica che le aveva collocate nei pressi della sua alcova – spiega Scarlini – ma forse la chiave giusta che svela l’arcano è l’atmosfera di desiderio e di mistero che emerge intatta dal quadro e che lo ha consegnato all’immortalità.

Luca Scarlini

Racconti, saggi, romanzi, nel 2009 dal Giappone è arrivato un fumetto manga ispirato alla vicenda, presto uscirà un film: le due donne non smettono di alimentare storie fino a che si manterrà intatta l’allure del loro sguardo carico di mistero.
Scarlini, storyteller bravissimo, in un’ora di filò intorno alle due figure cinquecentesche ha imbastito il suo racconto tessendo nella trama mille altri fili interessanti: nella narrazione compaiono come comprimari personaggi importanti pieni di fascino, e spesso bellissimi, come Costantino Nigra, uomo del Rinascimento italiano ambasciatore e amico di Cavour; Francesco Algarotti, giovane veneziano del Settecento, amabile frequentatore di Federico il Grande e della corte di Potsdam; e poi i racconti notturni di E. T. A. Hoffmann, i pensieri di Jean Jacques Rousseau, le storie dipinte di Jan Vermeer (a cui la National Gallery di Londra dedica quest’estate una mostra intitolata "Vermeer e la musica: l'arte dell'amore e dello svago"); trova anche spazio per accennare alle leggende sulle origini delle ricette del carpaccio.
La chitarra di Alberto Mesirca non interrompe ma è protagonista anch’essa di buona parte del racconto: il giovane musicista ha realizzato un lavoro di recupero sull’opera di Francesco Da Milano, “Il Divino”, soprannome attribuitigli dai Papi che condivise solo con Michelangelo, e sui componimenti del manoscritto liutistico del 1565 conservato nel Duomo di Castelfranco Veneto. Al termine della serata, Scarlini accompagnato da Mesirca ha intonato – con dedica sottesa alle due signore – Dream A Little Dream of Me. Applausi.

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