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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it

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Attualità

Il mineStone

Un grande Oliver Stone nobilita a Bassano una serata de “La Milanesiana” altrimenti improntata ad atmosfere da luna park

Pubblicato il 03-09-2020
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Brassaï. L’occhio di Parigi

È arrivato direttamente da Padova e a stento riesce a trattenere con due mani tutte le cose che si è portato dietro fino a Bassano: il vinile a 33 giri con la colonna sonora originale di “Platoon”, i Dvd di “Platoon” e di “JFK”, i manifesti arrotolati dei film di Oliver Stone.
È un fan assoluto del grande regista e mi dice che vuole farsi autografare tutte queste sue memorabilia dal maestro. A fine serata è previsto infatti il firmacopie di Stone sulle copie della sua corposa autobiografia fresca di stampa “Cercando la luce”, che nell'androne di ingresso è esposta in vendita dalla Libreria di Palazzo Roberti. “Mi metterò per ultimo nella fila - mi confida l'ammiratore padovano -, se no si incazza.” Non sa ancora che sarà un'impresa assai ardua, ma la forza della passione non conosce ostacoli. Auguri.
Nella sala da Ponte del Centro Giovanile, preferita al teatro all'aperto al Castello per l'instabilità del tempo, va in scena la serata speciale dedicata all'incontro con il due volte Oscar alla regia per “Platoon” e “Nato il 4 luglio”, nonché Oscar alla migliore sceneggiatura per “Fuga di mezzanotte”. In realtà non è proprio così, perché l'intervista sul palco a Stone è solo uno degli ingredienti della torta. Si tratta comunque di un appuntamento che per Bassano del Grappa appartiene alla categoria “Quella sera lì, io c'ero”.

Oliver Stone sul palco della sala da Ponte. Foto di Jacopo Tich

Moltissimi i volti noti della vita pubblica locale sparsi tra le poltrone socialmente distanziate della sala teatro. Con tanto di distribuzione bipartisan: nascosti dietro alle rispettive mascherine si riconoscono infatti giunta, maggioranza e opposizione. Il perché di cotanta partecipazione da soirée pedemontana, al di là del nome di Stone, è presto detto.
Questo di Bassano è infatti l'evento conclusivo della 21sima edizione de “La Milanesiana”, il festival itinerante multidisciplinare ideato e diretto da Elisabetta Sgarbi, che ha proposto quest'anno in 16 città italiane incontri dedicati a letteratura, musica, cinema, arte, teatro, filosofia, diritto ed economia. E per il quale si muovono anche i pezzi da novanta: tra i vip o presunti tali seduti in prima fila in sala da Ponte c'è anche il fratello celebre Vittorio Sgarbi, per una volta tanto relegato al ruolo di comprimario. Ed è proprio la gran maestra di cerimonie Elisabetta Sgarbi ad aprire al microfono il programma dell'evento. Presenta il festival, ringrazia il Comune e i sostenitori. Quando la direttrice della rassegna nomina gli ospiti della serata, dal pubblico si levano scroscianti applausi. Battimani generale anche quando la grande capa de “La Milanesiana” ringrazia dal palco l'imprenditrice bassanese Francesca Masiero, deus ex machina dello svolgimento dell'incontro nella città del Grappa, la quale siede nel CdA, dalla Sgarbi presieduto, della casa editrice La nave di Teseo. Quando però sorella Elisabetta annuncia al microfono che è presente in sala anche “il sindaco di Sutri, onorevole Vittorio Sgarbi”, dalla platea si leva un fragoroso silenzio.
Ci sono anche i tre minuti di gloria per il sindaco Elena Pavan, che dal palco si dice onorata per la presenza “di un regista immenso” ma che si concentra soprattutto nel tessere le lodi de “la Milanesiana” per l'opportunità del “grande appuntamento culturale” e riguardo alla quale auspica che questa sia solo la prima occasione di ulteriori collaborazioni.

L'autobiografia di Oliver Stone in edizione italiana “Cercando la luce” - che è il filo conduttore della prima parte della serata in quanto pubblicata proprio da La nave di Teseo - è un impressionante tomo di 535 pagine. Ci scherza su anche il regista dal palco, quando rileva che sono 200 pagine in più dell'edizione originale in inglese. “Ma la carta è leggera, le parole sono scritte in grande, si legge bene”, osserva divertito il quasi 74enne cineasta. In realtà il libro si legge bene davvero, e non solo per la grandezza dei caratteri. Basta sforgliarne al volo qualche pagina per esserne avvinti dalla prosa scorrevole e dalla narrativa efficace.
Del resto Stone è stato un prolifico scrittore per il cinema, autore di numerose sceneggiature tra cui quella di “Scarface”, prima di dedicarsi alla regia.
Uscito in contemporanea mondiale lo scorso 27 agosto, “Cercando la luce” ovvero “Chasing the light” qui in Italia è già in ristampa. Il volume parla dei primi quarant'anni di vita del regista, dai ricordi di infanzia alla conquista del successo mondiale con l'Oscar per “Platoon” del 1986. Un'autobiografia che è tutto, fuorché autocelebrativa. È il racconto di un sogno che finisce col diventare realtà, fra tante delusioni e anche fallimenti, tra un'adolescenza segnata dal divorzio dei genitori e una gioventù sconvolta da 15 mesi di servizio come volontario in Vietnam.
Prima dell'intervista con l'autore, un Toni Servillo in grande spolvero legge una significativa pagina del libro dedicata proprio all'esperienza in Vietnam. La descrizione vissuta di quella morte e di quell'orrore che avrebbero fatto da embrione al concepimento di “Platoon”, viene scandita e valorizzata dall'inconfondibile voce del grande attore napoletano.
“Hai letto molto bene, non ho dovuto neanche dirigerti”, scherza ancora Stone rivolgendosi a Servillo dopo essere salito sul palco per l'intervista condotta dalla giornalista Silvia Bizio, corrispondente di cinema da Los Angeles per “La Repubblica” e “L'Espresso”.
È il momento più intenso della serata, dopo la proiezione sullo schermo della celeberrima scena della morte del sergente Elias, interpretato da Willem Dafoe, riconosciuta universalmente come la scena-madre di “Platoon”. Il celebrato filmmaker apre infatti il cuore davanti al pubblico, come lo fa sulle pagine del suo libro.

“Nel libro io sono sincero, magari non ho messo i particolari che non volevo mettere, ma sono onesto”, afferma il regista che sottolinea come la schiettezza e il riconoscimento anche delle sconfitte siano elementi imprescindibili quando si racconta di sé stessi.
Dice di aver letto autobiografie di altri grandi registi, come Frank Capra e Elia Kazan, dove i successi e gli insuccessi fanno parte della storia, diversamente dalle autobiografie degli attori “che tendono invece a scrivere solo dei loro film di maggiore successo”.
Quella di Stone è anche la storia di un talento che si è visto respingere “mille volte” le sceneggiature che scriveva, compresa quella di “Platoon” che era troppo realistica e scioccante per un'America dove invece “si raccontava la bugia che avevamo vinto la guerra” e che sarebbe stata presa in considerazione solamente dieci anni dopo grazie a una piccola casa cinematografica britannica che decise di produrre il film, poi diventato un cult del cinema mondiale, a budget ridotto. Negli Stati Uniti la pellicola venne proiettata all'inizio in poche sale, che venivano però prese d'assalto da lunghe file di spettatori.
Poi l'esplosione del successo: l'America, il mondo intero e infine l'Oscar, consegnatogli dalle mani di Liz Taylor. “Questo dimostra che abbiamo una sensibilità collettiva, un cuore collettivo”, dichiara il regista. Applausi. Mister Stone parla senza remore anche di tante altre cose: dei problemi e del suo “farsi da sè” come figlio di divorziati, del suo difficile rientro in patria dopo il Vietnam, della propaganda americana su quella guerra, dei suoi inizi da scrittore per il cinema in modalità ass-and-chair (letteralmente: “sedere attaccato alla sedia”), dei tanti rifiuti e delle porte chiuse, dei suoi film da lui amati ma non apprezzati dal pubblico come “La mano”, del suo impulso a non arrendersi mai di fronte ai fallimenti, reso come consiglio prezioso ai giovani che aspirano a fare cinema.
L'autobiografia è stata l'occasione di ripercorrere a ritroso tutti quegli anni dalla dura gavetta al successo, senza fare sconti a sé stesso. Restano ancora trent'anni di vita da raccontare, quelli successivi: “Sono pieno di diari e di appunti, credo che dovrò farlo”, afferma in conclusione.
E con la vena da scrittore che si ritrova, sarà molto probabile.

Oliver Stone scende dal palco e si riaccomoda in prima fila salutato da un applauso generale che la sua sincerità nel raccontarsi ha pienamente meritato, in una serata che ha voluto proporre questo speciale momento culturale e che prosegue con la sezione “cavoli a merenda”. La restante mezz'ora abbondante del programma viene difatti occupata dall'esibizione live degli Extraliscio, gruppo musicale presentato come il vessillifero del “punk da balera”. In realtà di “punk” c'è ben poco, se non nulla: si tratta solo di liscio tradizionale, quello che esegue pezzi come “Rosamunda”, con l'aggiunta di qualche strumento e effetto sonoro innovativo. Ed è così che un ambizioso evento di promozione culturale lascia il passo al clima della sagra paesana. Nulla da dire sulla bravura dei musicisti e sulla loro volontà di intrattenere il pubblico. Il fatto è che questa inusitata incursione nella musica nazional-popolare con atmosfere da luna park trasforma la serata in uno strano e confuso miscuglio di ingredienti: un mineStone. Anche in questo caso però, come per la promozione del libro della casa editrice di casa, nulla è lasciato al caso.
Gli Extraliscio sono infatti i pupilli di Elisabetta Sgarbi, che ha fatto loro comporre la sigla musicale de “La Milanesiana” 2020 e che ha prodotto anche un film a loro dedicato, che verrà presentato alle Giornate degli Autori della 77a Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia. Niente di più che un abile tour promozionale, dunque.
Gli Extraliscio tentano con scarso seguito di coinvolgere il pubblico bassanese ad alzare e battere le mani, come accadrebbe alla Festa della Piadina Romagnola. Alla fine di ogni brano la gente comunque applaude con partecipazione, benché più di qualcuno approfitti della situazione per uscire dalla sala ed andarsene via. Dopo il pezzo finale che propone una versione ballad di “Ciao Mare” di Casadei eseguita dal musicista e cantante simil-ZZ Top Mirco Mariani, si spengono anche le luci del luna park. Passerella finale sul palcoscenico con tutti i protagonisti, sempre con la musica degli Extraliscio diffusa in sottofondo.
Per tutti la consegna di una rosa e per Oliver Stone e gli altri big della serata anche l'omaggio di una costosa penna personalizzata della Montegrappa, che di certo non mancherà di divulgarlo nelle proprie comunicazioni marketing. Il tutto, dall'inizio alla fine, controllato a vista da una squadra di robot che si aggira tra i locali della sala e dei corridoi: sono i Men in Black del servizio d'ordine dell'organizzazione milanese, dei veri tarantolati che ad ogni spostamento del regista statunitense lo avvolgono in un protettivo ed arcigno cordone di sicurezza.

Manca solo il final moment di questa invasione metropolitana nel cuore della provincia veneta. Ed è l'annunciato rito del firmacopie dell'autobiografia di Oliver Stone. Viene collocato allo scopo un tavolino sulla corsia in mezzo ai due settori di poltrone del teatro, sul quale, per evitare di contagiare di Covid il regista, viene subito montato un plexiglass parafiato.
Sono in tanti ad aver comprato il libro al costo di 22 euro, ma Elisabetta Sgarbi, concludendo la serata, ha appena avvertito che “la firma delle copie non durerà tanto”. E in effetti mister Stone, che si siede al di là della barriera parafiato, appare ormai visibilmente stanco.
Al di qua del plexiglass invece, inevitabilmente, si forma in un attimo un consistente Platoon di ammiratori giustamente desiderosi di avere l'autografo del maestro sul libro appena comprato. Altro che fila: la ristrettezza dello spazio a disposizione provoca un assembramento da mischia rugbistica. Tutti con la mascherina su naso e bocca, per carità, ma tutti anche inevitabilmente stropicciati l'uno con l'altro. Si aggiungono all'accalcato gruppo anche i soliti Men in Black che impartiscono gli ordini alla gente: “State qua”, “No foto”, eccetera. L'impresa da compiere è quella di raggiungere il tavolino, far passare velocemente il libro sotto la fessura inferiore del plexiglass, farselo firmare e lasciare subito il posto a chi segue.
Mentre è ancora in corso l'affollato e concitato firmacopie, sull'area esterna davanti alla sala da Ponte è già in assetto di partenza il pullmino a servizio dei protagonisti della serata, con le porte aperte e l'autista al volante, pronto per la “Fuga di mezzanotte”.
La città di Bassano del Grappa non può nemmeno dire di avere “ospitato” Oliver Stone: dopo la conclusione dell'evento, l'organizzazione lo ha portato a dormire ad Asolo.
Eppure Elisabetta Sgarbi & Friends avrebbero avuto di che essere grati ai bassanesi: per lo svolgimento della serata l'amministrazione di Bassano ha sborsato infatti oltre 20.000 euro (per la precisione: 20.552,60 euro) di risorse comunali, e quindi di nostri soldi, di cui 17.039 euro Iva compresa quale corrispettivo da pagare alla società organizzatrice dell'evento International Music and Arts Srl di Milano. Tante grazie e arrivederci. I restanti 3.513,60 euro Iva compresa andranno invece alla Sis Srl, la società “in house” del Comune di Bassano, affidataria del servizio di logistica e tecnica audio e video.
A proposito: chissà se il nostro amico padovano super-fan di Oliver Stone sarà riuscito a farsi autografare in quella confusione tutti i reperti della sua passione per il grande regista.
Non lo saprò mai e, come recita il titolo di “JFK”, rimane un caso ancora aperto.

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