Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
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Scripta Manent

Tra perle di saggezza e messaggi di protesta: micro-viaggio tra le scritte sui muri della città di Bassano

Pubblicato il 15-02-2021
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“Giudicare l'uomo nudo quando si è vestiti”.
Questa perla di saggezza, immortalata nella foto che ho scattato e pubblicato qui sopra, è stata scritta col pennarello nero sopra la decorazione murale del sottopasso ferroviario della leggendaria via Tabacco a Bassano, a pochi metri dal grande murales coi personaggi zoomorfi realizzato da Ericailcane. Sono cose in cui ti puoi imbattere mentre passeggi per la città, anche in luoghi non frequentatissimi dai pedoni come questo.
Cosa avrà voluto dire al resto del mondo l'ignoto autore/autrice di questa scritta che invita il passante a riflettere sugli aspetti filosofici della nudità umana?

Foto Alessandro Tich

Per capire il senso di questo arcano esempio di comunicazione urbana ho dovuto fare qualche clic su internet, finché ho scoperto l'origine di quella che in realtà è una citazione. Ed è una canzone di un rapper italiano che risponde al simpatico nome di Ernia, intitolata “Come uccidere un usignolo”, il cui testo recita così: “Mi ricordo quando salivamo sopra gli alberi / Per vedere di che forma erano fatti gli angeli / Seduti sopra i rami, circa all'altezza dei nidi / Sai è facile, giudicar l'uomo nudo quando si è vestiti”. Non è che abbia ancora pienamente compreso il significato di questi aulici versi, ma perlomeno ho scovato la fonte ispiratrice dell'anonimo scrivano da strada bassanese.
Bassano del Grappa è piena, e anche troppo, di “testimonianze” sui muri. Ma anche sui portoni, sulle vetrine, sulle saracinesche, sui basculanti dei garage, sui cestini dell'immondizia, sui parcometri. Ci sono persino ancora buona parte dei cuoricini rossi impressi con lo spray da mano ardita su una cinquantina di facciate dei palazzi del centro nella Festa della Donna dell'ormai lontano 2013. Come dire che Bassano è una città segnata dai segni. Murales degli street artist sulle grandi pareti pubbliche a parte (Ericailcane, Cento Canesio, Pixel Pancho & C.), si tratta prevalentemente di imbrattature e di graffiti incomprensibili dai non addetti ai colori.
Ma ogni tanto, tra un segnaccio e uno scarabocchio, è possibile scorgere una frase intelligibile o comunque di senso (grammaticalmente) compiuto. La qual cosa è inevitabile giacché ovunque nelle città, e non solo qui in riva al Brenta, le superfici murali del patrimonio edilizio pubblico e privato sono sempre state utilizzate come canali privilegiati di messaggistica e molto prima dell'avvento dei social network. E così questo pomeriggio, approfittando di un'ora d'aria dagli impegni di lavoro, mi sono fatto un giretto per la città alla ricerca di altri esempi di scrittura urbana all'aria aperta. Non ho girovagato per l'intera Bassano: ho solo fatto quattro passi, e neanche completi, all'interno del Kilometro Quadro del centro storico.

Via Portici Lunghi - assieme a vicolo Teatro Vecchio, vicolo XX Settembre e altre vie “appartate” del centro - è il vero e proprio Museo del Graffito Bassanese.
In questo che è il piccolo simil-Bronx del salotto cittadino, non c'è praticamente parete, vetrina, porta o colonna che non sia imbrattata da qualche ghirigoro tracciato con il marker o con lo spray.
Qui ci sono anche molte scritte, ma per la maggior parte sono impronunciabili perché cariche di volgarità. Ci sono però anche un paio di espressioni di disagio esistenziale, che è poi la causa che porta a queste manifestazioni di degrado. Scrive infatti il signor oppure la signorina X in mezzo a tanti altri geroglifici: “...e questo non è un gioco...ma solo la mia fottuta vita!”. Pochi metri più in là, tra altri diversi sgorbi schizzati a pennarello, troneggia il consiglio: “Fuggi dalle persone che spengono il tuo sorriso”. Messaggio condivisibile, a prescindere da chi, dal come e dal dove l'ha scritto. C'è anche chi inneggia ironicamente, su un altro muro di un locale sfitto di via Portici Lunghi, alla trasgressione: “- Non drogatevi! - No fra tranquillo”. Anche questa una citazione, a quanto pare, di una battuta alquanto popolare su una certa fascia di pubblico giovanile.
Ma basta andare un po' più in là, sul lungofiume di via Porto di Brenta, per trovare scritto sulla parete a lato dell'ingresso di una casa, confuso tra gli altri fregi a pennarello, l'assai più edificante monito: “Impara ad amare ciò che hai o la vita ti insegna ad amare ciò che avevi”. Roba da Carpem Diem, da attimo fuggente.
E sarà stato certamente fuggente l'attimo necessario per trasformare quella parete in una superficie di scrittura, ma intanto quei messaggi restano indelebili, a meno di una mano di bianco che li ricopra una volta per tutte offrendo così una nuova parete linda da imbrattare. E se pensate che qualcosa possa far desistere dai loro intenti grafomani questi writers della Pedemontana, uno scritto sottostante rivela: “Non abbiamo paura di nessuno solo di Dio”. E scusate se è poco.

Si potrebbe andare ancora avanti con questi esempi al volo, ma sto per avviarmi a conclusione. Tuttavia prima di terminare questo articolo non posso non citare qualche caso degli immancabili messaggi di protesta contro il potere delle autorità costituite: dal classico “Fuck Police” segnato con lo spray all'angolo di vicolo Bastion al perentorio “La ribellione è l'unica dignità dello schiavo”, scritto a caratteri cubitali su un candido muro di via Porto di Brenta. E anche la storica e medievale Porta Dieda, oltre al grande affresco del Leone, ha il suo graffito immortalato sotto la volta, dove qualcuno ha scritto: “Basta tirare la cinghia. Insurrezione!”. Bisognerebbe analizzarne la vernice con il C 14 per stabilire se lo abbia scritto prima o dopo lo scoppio della crisi economica da pandemia Covid-19.
Più drastico e sintetico, infine, l'ignoto autore che sotto il Ponte Nuovo in via Macello ammonisce con lo spray: “Giù le mani dal Kurdistan”. Ma qui siamo già nell'alveo della geopolitica internazionale. Rientro quindi nei limiti cittadini e mi chiedo se piuttosto verrà mai in mente un giorno a qualcuno di scrivere: “Giù le mani dai muri di Bassano”.
Così è, se vi pare. Ed è proprio vero, come dicevano i latini, che Scripta Manent.
Perché una volta vergate sui muri della nostra città, queste scritte vi rimangono per un lunghissimo tempo. Mi sento pertanto di biasimare le azioni di questi scarabocchiatori murali che trovano gusto a rovinare in questo modo il decoro cittadino. Mi astengo invece dal giudicare le loro motivazioni. Perché, pensando un po' con la loro testa, sarebbe come giudicare l'uomo nudo quando si è vestiti.

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