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Alessandro Tich
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Missili Patriot
Nuova legge sulla cittadinanza: i figli degli immigrati, nati in Italia o con cinque anni di regolare frequenza scolastica, potranno diventare italiani. L'assessore regionale Donazzan: “Questa legge scellerata costerà molto dolore alle donne”
Pubblicato il 15-10-2015
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Ci siamo quasi, improbabili “ribaltoni” permettendo.
Martedì la Camera dei Deputati ha approvato a larga maggioranza (contrari Lega Nord, Fratelli d'Italia e Forza Italia, astenuto il M5S) il nuovo disegno di legge sulla cittadinanza, che ora passa per l'approvazione definitiva al Senato.
Il perno centrale del testo legislativo è il principio dello “Ius Soli temperato”, dove per “Ius Soli” - tanto per spiegarlo in due parole - si intende come il diritto all'acquisizione della cittadinanza di un Paese per il fatto di essere nati sul suo territorio, indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori.

Fonte immagine: pianetamamma.it
Secondo la nuova legge, pertanto, “acquista la cittadinanza italiana per nascita chi è nato nel territorio della repubblica da genitori stranieri, di cui almeno uno sia in possesso del permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo”. Da qui l'aggettivo “temperato”: non basterà essere nati sul territorio italiano, ma bisogna anche essere figli di genitori coi requisiti previsti.
Si tratterà comunque di un atto di scelta: per ottenere la cittadinanza, infatti, sarà necessaria una dichiarazione di volontà da parte di un genitore o di chi ne fa le veci all'ufficiale di stato civile del Comune di residenza del minore. Se il genitore non avrà reso tale dichiarazione, potrà sempre farla il diretto interessato entro due anni dal raggiungimento della maggiore età.
Ma non è tutto, perché nella legge entra il gioco del cosiddetto “Ius Culturae”, direttamente correlato alla frequenza scolastica.
E cioè potrà ottenere la cittadinanza - sempre su richiesta del genitore - anche il minore straniero, che sia nato in Italia o che sia entrato nel nostro Paese entro il compimento del dodicesimo anno di età, “che abbia frequentato regolarmente, per almeno cinque anni nel territorio nazionale uno o più cicli presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali idonei al conseguimento di una qualifica professionale”.
Comunque la si veda, l'applicazione della riforma - una volta ottenuto il “semaforo verde” anche da Palazzo Madama - comporterà un'autentica rivoluzione sociale e demografica. Secondo quanto riportato oggi dal “Corriere del Veneto”, nella sola nostra regione - secondo un semplice calcolo aritmetico, ma non lontano dalla realtà - i potenziali nuovi italiani costituiscono un esercito di 112.500 persone: dei 450mila immigrati extra Ue che vivono oggi in Veneto, uno su quattro è infatti un minore. Bambini e ragazzi che in regione costituiscono ormai circa il 20% popolazione studentesca nelle scuole dell'obbligo. Una tendenza che si riflette anche sullo status demografico del Comune di Bassano del Grappa, dove gli immigrati rappresentano oltre il 10% dei residenti e dove più di un bambino su tre, tra i nuovi nati nel 2014, è figlio di almeno un genitore straniero.
Si tratta di un cambiamento epocale con il quale - volenti o nolenti, a seconda dei punti di vista - dobbiamo, e non da oggi, convivere. L'immigrazione regolare - che va stralciata dall'ondata emozionale provocata dall'attuale caos dei richiedenti asilo, ovvero dei cosiddetti (erroneamente) profughi - è un fenomeno fisiologico e da sempre, in materia di “stranieri a casa nostra”, si invocano percorsi di integrazione e di reciproca tolleranza.
La nuova legge in itinere, in questo senso, fa un grande passo in avanti.
Ma proprio per il fatto di equiparare giuridicamente i nativi sul territorio italiano o i frequentanti la scuola indipendentemente dal sangue dei genitori, è suscettibile di dure critiche e di attacchi da parte di chi sostiene la priorità, nelle politiche dello Stato, per gli italiani Doc.
Tra i commenti negativi al nuovo disegno di legge, emerge quello del segretario federale della Lega Nord Matteo Salvini che lo ha definito testualmente “una schifezza”. Per il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri, di Forza Italia, “è una legge razzista ai danni degli italiani”. Mentre, dalle nostre latitudini, non è mancata la reazione al fulmicotone dell'assessore regionale all'Istruzione, Formazione, Lavoro e Pari Opportunità Elena Donazzan, che affermando di “contestare fortemente questa legge” ha fatto partire al riguardo, dalla sua personale base di lancio, i suoi missili Patriot.
“La cittadinanza è un dovere, non un diritto” - ha asserito la pasionaria di destra povese in una dichiarazione sempre riportata nell'articolo del “Corriere del Veneto”. “E aggiungo, da donna, prima che da assessore anche alle Pari Opportunità - è ancora il Donazzan-pensiero ripreso dal quotidiano -, che questa legge scellerata costerà molto dolore alle donne: immagino un incremento delle violenze e dello sfruttamento delle donne che, se incinte, diventeranno una sorta di lasciapassare umano per gli schiavisti.”
Si tratta - oggettivamente - di una presa di posizione molto forte, che arriva a collegare le aspettative delle famiglie straniere che hanno deciso di costruirsi una seconda vita in Italia con lo scandalo della tratta degli esseri umani a cui stiamo assistendo nelle coste del Mediterraneo.
Che i futuri richiedenti asilo siano i bambini delle scuole materne?
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