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Rinascimento in bianco e nero

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Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it

Cronaca

Falso in bilancio

La Finanza sequestra 2,6 milioni per l'acquisizione di Banca di Treviso da parte di Banca Popolare di Marostica. La somma, pari all'utile fittizio quantificato all'epoca nei bilanci di Marostica, sequestrata alla subentrata Volksbank

Pubblicato il 05-08-2015
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Banca Popolare di Marostica: scoppia una nuova “bomba” giudiziaria.
Nei giorni scorsi la Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Vicenza ha dato esecuzione a un decreto di sequestro preventivo di complessivi 2 milioni e 645mila euro, nei confronti dell'istituto di credito, emesso dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vicenza dott. Stefano Furlani, a conclusione di una complessa indagine riguardante la controversa vicenda dell'acquisizione, da parte di Popolare Marostica, della Banca di Treviso.
Acquisizione avvenuta in data 30 novembre 2010, quando Popolare Marostica rilevò l'intera partecipazione, pari al 60,31%, dell'allora socio di maggioranza di Banca di Treviso, ovvero Cassa di Risparmio di Ferrara.

Foto: archivio Bassanonet

Il sequestro degli oltre 2,6 milioni di euro, tuttavia, è stato effettuato nei confronti di Banca Popolare dell'Alto Adige - Volksbank: l'istituto di credito di Bolzano che è del tutto estraneo alle vicende contestate ma che avendo, nel frattempo, acquisito per incorporazione la banca marosticense subentra anche, dal punto di vista processuale, nelle responsabilità alla stessa ascritte.
Le indagini hanno visto contestare agli amministratori e ai sindaci di banca Popolare di Marostica la falsità dei bilanci di esercizio per gli anni 2010, 2011 e 2012, in violazione dell’articolo 2621 del Codice Civile. Tutto è legato appunto all’operazione di acquisizione, da parte dell’istituto vicentino, del 60% del capitale di Banca di Treviso, “ad un prezzo - come evidenzia un comunicato delle Fiamme Gialle - rivelatosi ampiamente sovrastimato”.
Secondo i riscontri investigativi, il reale valore della partecipazione acquisita avrebbe imposto all’istituto con sede a Marostica di mettere in luce nei propri bilanci delle consistenti svalutazioni, che avrebbero conseguentemente dovuto generare delle rilevanti perdite d’esercizio, nella realtà mai evidenziate grazie ad una artificiosa rappresentazione, tra le voci di bilancio, di crediti inesistenti.
Come contestato dai finanzieri, occultando il cattivo affare portato a termine con l’acquisto dell’istituto bancario trevigiano, il management della banca vicentina ha potuto quindi mostrare ai soci il conseguimento di un utile, quando in realtà il bilancio d’esercizio avrebbe dovuto chiudersi con risultati negativi.
Da tale condotta ha tratto vantaggio la stessa banca marosticense che, negli anni, ha potuto contare su un inesistente utile quantificato in 2.645.000,00 euro, iscritto tra le proprie riserve e non distribuito ai soci, cosi rafforzando - solo fittiziamente - la propria dotazione patrimoniale.
Proprio tale vantaggio è stato posto alla base della contestazione formulata dal dott. Gianni Pipeschi, sostituto procuratore della Repubblica di Vicenza, in ordine alla specifica responsabilità della stessa banca, chiamata a rispondere dell’illecito di cui all’articolo 25 ter del Decreto Legislativo 231 del 2001.
Dalle indagini è emerso, infatti, che l’istituto di credito marosticense non si è mai dotato, negli anni, di un effettivo sistema di controllo interno, previsto dalla citata normativa, finalizzato a scongiurare la commissione dei reati contestati.
“Il Comitato interno alla banca previsto dal Decreto Legislativo 231, che avrebbe dovuto vigilare sul corretto operato dei propri amministratori - specifica ancora la nota della Guardia di Finanza di Vicenza -, era composto dagli stessi vertici dell’istituto, con una sostanziale coincidenza tra controllori e controllati.”
Tra i numerosi elementi che hanno indotto l’Autorità Giudiziaria ad adottare il provvedimento di sequestro vi sono anche gli esiti di una approfondita attività ispettiva condotta tra fine 2012 e inizio 2013 dalla Banca d’Italia, confermati da una consulenza tecnica redatta da un professionista del settore bancario.
Così si è giunti al sequestro della somma di 2,6 milioni di euro, di fatto eseguito nei confronti della subentrata Banca Popolare dell'Alto Adige.

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