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Laura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it
Modalità lettura 3 - n.4
La recensione di Pierre Turcotte del romanzo Il guardiano notturno, di Louise Erdrich
Pubblicato il 07-01-2024
Visto 4.094 volte
Modalità lettura, la rubrica di Bassanonet dedicata ai libri e agli autori, si arricchisce anche in questa edizione di contributi offerti dagli utenti.
Pierre Turcotte oltre che un lettore è anche un autore di romanzi. Di origine italo-canadese, lavora nel settore bancario e vive in città. Ha pubblicato diversi romanzi, libri che hanno ottenuto apprezzamenti e riconoscimenti a vari premi e concorsi di livello nazionale.
Tra gli ultimi suoi lavori, ci sono Il biglietto sbagliato, un dramma psicologico a tinte gialle, e fresco di stampa Il camaleonte e lo scorpione, anche questo dai connotati thriller.
arte nativa nord americana (particolare)
Turcotte, che ringraziamo, ha recensito per noi un romanzo di Louise Erdrich, scrittrice e poetessa statunitense che porta il titolo: Il guardiano notturno (Feltrinelli 2021, 432 pagine, 21 euro). Il libro fa parte di un'ideale trilogia dedicata dall'autrice al mondo dei nativi Ojibwe (anche detti Chippewa, originari della zona del Canada), popolo dove affondano le sue origini raccontato anche nel drammatico dietro le quinte che fa da sfondo a tanta epopea western.
Identità, appartenenza, sopravvivenza.
La forza della dignità come contraltare della cecità di un potere ridotto a esercizio di se stesso. E la Storia che restituisce alle sconfitte un riscatto tardivo, ma rivelatore; un’inutile giustizia postuma che non può redimere se stessa, ma che tenta silenziosamente di invocare un impossibile perdono.
Patrick è il guardiano notturno di uno stabilimento dove si assemblano rubini per gli ingranaggi degli orologi. Ma è anche un fiero Chippewa, un nativo americano del North Dakota (come la maggior parte delle operaie dell’impianto), alle prese con l’imminente promulgazione della cosiddetta “Carta dell’estinzione”, ossia l’insieme di leggi che, a dispetto degli accordi di pace stipulati al tempo, vorrebbero disperdere quel che resta della cultura indigena, favorendo una complicata “integrazione” incoerente con l’aspettativa di salvaguardia delle tradizioni comunitarie native.
Una lotta passata dalle battaglie dei fucili contro gli archi nelle praterie, ai Palazzi delle istituzioni, alle carte bollate e alle lettere; quelle che Patrick scrive ai politici per convincerli a frenare l’inesorabile deriva del divenire di un popolo allo stremo.
La narrazione delle storie di frontiera non è ancora terminata e forse non terminerà mai. Come tutte le tragedie che la Storia non potrà cancellare, né perdonare. Ma l’evocazione e il ricordo rappresentano e rappresenteranno sempre moniti e tributi doverosi. E ben vengano se creati da penne sofisticate e autorevoli.
Con questo romanzo, la Erdrich ottiene il Pulitzer nel 2021; un tributo a un affresco mirabile, a una cronaca dolorosamente affascinante e alla fierezza delle origini (Patrick è realmente esistito: l’autrice è sua nipote).
Avvince l’abilità della Erdrich di sviluppare, su piani paralleli e stratificati, episodi delle vite di una piccola comunità di personaggi risucchiati in un vortice di minime questioni personali, drammi familiari e tragedie storiche, sempre con l’arguzia e l’ironia di una narrazione evocativa e perfetta.
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