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Rinascimento in bianco e nero

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Rinascimento in bianco e nero

Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it

Attualità

Lassù sulle montagne

Ai confini della realtà ma pienamente nella realtà: quando Bassano del Grappa viene scambiata, e soprattutto presentata, per una città di montagna

Pubblicato il 06-06-2022
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Rinascimento in bianco e nero

Lassù sulle montagne, tra boschi e valli d’or, tra l’aspre rupi echeggia una cosa molto strana.
Mi ricordo quella volta, tanti anni fa, che incontrai a Venezia l’esponente del Partito Radicale e consigliere regionale della Lista Antiproibizionista del Veneto Emilio Vesce, che conoscevo bene e con il quale si era costruito un rapporto di reciproca stima.
Politico e giornalista, padovano di adozione, con un passato movimentato negli anni di piombo, venuto a mancare nel 2001, Vesce era una persona impegnata, attenta alle questioni dell’informazione (fu anche presidente del Corerat, poi diventato Corecom, il Comitato Regionale delle Comunicazioni del Veneto) e supportata da una cultura generale che non rendeva mai banale la circostanza di conversare con lui.

Foto Alessandro Tich

Ebbene: quella volta a Venezia lo invitai a partecipare come ospite a uno dei talk show serali che conducevo in televisione a Bassano del Grappa. E mi ricordo appunto come se fosse oggi la sua risposta, che mi lasciò basito: “Guarda, ti saprò dire, non mi va tanto di fare alla sera le strade di montagna.”
Gli dissi subito che Bassano del Grappa non è in montagna ma in pianura, alla fine Emilio Vesce si convinse e intervenne, alla sua prima e probabilmente ultima trasferta a Bassano, tra gli ospiti di quella trasmissione.
Ma mi colpì, e mi colpisce ancora oggi nel ricordarlo, che un personaggio pubblico di quella levatura, che non abitava a Timbuctù ma a Padova e cioè a un’ora di macchina di distanza, pensasse che io facessi televisione in mezzo ai prati con le caprette di Heidi.
Diversi anni dopo, a Colonia, in Germania, ebbi l’occasione di fare una chiacchierata con un importante avvocato di quella città, innamorato dell’Italia e con un’ottima padronanza della lingua italiana. Anch’egli uomo di ampie vedute, nonché conoscitore della cultura e della cucina italiana e assiduo frequentatore, per lavoro o per diporto, del nostro Bel Paese. Lombardia, Umbria, Toscana: per lui non hanno segreti. Ma quando gli dissi che io arrivavo da Bassano del Grappa, lui pensava che si trovasse in Alto Adige.
E anche quella volta, per una sorta di nemesi storica, mi toccò spiegargli dove si trova la nostra città, che è vicino ai monti ma non è sui monti, eccetera eccetera.
E resta storica la sentenza della Corte Costituzionale del 2014, che nel rigettare il ricorso contro la chiusura del Tribunale di via Marinali collocava Bassano del Grappa in Provincia di Belluno. Tra le kafkiane motivazioni del rigetto addotte dalla Consulta: “L'orografia locale, i collegamenti e la stretta contiguità territoriale con il tribunale di appartenenza, non consentivano di riequilibrare adeguatamente i due tribunali di Bassano e di Belluno all’interno della stessa Provincia.” Sì, avete letto bene: “orografia”. Dal dizionario online Treccani: l’aspetto che un territorio presenta con riguardo alla distribuzione dei rilievi.
Siamo sempre là: sul cocuzzolo della montagna.

Sto parlando certamente di eccezioni e non della regola, ma sono piccoli episodi che ci devono far riflettere ogni qual volta parliamo orgogliosamente di Bassano come di una città, grazie soprattutto al suo Ponte, “conosciuta nel mondo”.
Bassano è certamente conosciuta, anche se non nel mondo, ma spesso in modo improprio.
Dell’eterno equivoco generato dal toponimo “del Grappa”, che induce persone insospettabili a pensare che sia riferito all’acquavite di vinaccia, souvenir supremo del turismo bassanese, ho già scritto in altre occasioni. Persino Robert Knjaz, anchorman della TV nazionale croata, giunto a Bassano nel 2017 per registrare al Convento dei Frati Cappuccini una trasmissione dedicata a San Leopoldo Mandić (nominato frate nel 1884 nella cappella del Convento al Margnan), arrivò in città convinto che il nome di Bassano fosse collegato alla grappa.
Fu Fra Lanfranco Dalla Rizza, Padre Guardiano del Convento, a spiegargli davanti ai miei occhi che la parola “Grappa” è riferita invece al monte e perché.
Ma queste sono ambiguità correlate alla Bassano da bere.
C’è un’altra e ben più inverosimile figurazione che l’immaginario collettivo attribuisce a Bassano del Grappa, inestricabilmente legata all’intoccabile nome degli Alpini, più forte e più consolidata di qualsiasi Marchio d’Area che non c’è: quella, fantasiosa eppure efficace, della città di montagna. Una città “scarpona”.
Sì, certo, è vero: una parte del territorio comunale di Bassano si trova in quota raggiungendo la propria Cima Coppi in quel di Rubbio, Bassano fa parte dell’Unione Montana e persino le multe vengono appioppate dalla Polizia Locale dell’Unione Montana del Bassanese.
Ma da qui ad essere una sorta di San Martino di Castrozza ce ne vuole.
Siamo l’ultimo lembo dell’operosa pianura veneta prima della Valsugana e quindi delle Alpi: eppure la sindrome di Heidi, come intitolai un mio pezzo di diversi anni fa, è durissima a morire. Per due fondamentali ragioni.
La prima ragione è che se persistono simili equivoci non è solo colpa dell’ignoranza altrui, ma anche di un marketing territoriale che evidentemente ha fatto molti buchi nell’acqua.
Mentre la seconda, per certi versi più sorprendente, è che la alimentiamo noi stessi.

Scrivo queste cose, e anzi ho deciso di scrivere questo editoriale, perché questo pomeriggio ho compiuto un passaggio di cortesia sul nostro caro Ponte e mi sono imbattuto sulla vetrina di un noto negozio di souvenir a pochi metri dal Monumento Nazionale. Posizione strategica e frequentata. Nulla di nuovo: è sempre la solita vetrina, solo che questa volta l’ho guardata con occhio più attento.
Sono i soliti ninnoli e magneti da frigo che si comprano come ricordi delle visite nelle città.
E se sono lì esposti praticamente da sempre, vuol dire che richiamano l’attenzione e che sono richiesti. Il mercato, del resto, è l’incontro tra l’offerta e la domanda: ben fatto dunque a chi ha avuto l’idea di esporli e complimenti al commerciante.
Ma quale immagine di Bassano del Grappa si portano a casa gli acquirenti di questi piccoli souvenir? Ci sono ovviamente il Ponte e l’altrettanto ovvia iconografia degli Alpini, con tanto di cappello e di penna sul cappello. Ma non è tutto, anzi: perché tra le immagini riprodotte sui ninnoli in esposizione ci sono anche e soprattutto montagne, stelle alpine, pascoli montani, pastorelli, scarponi con la piccozza, pigne e genziane, la baita con gli abeti e la coppia di montanari in costume innamorati col cuore; l’alpino che trascina il mulo sul sentiero di alta quota; le case alpine con la cornice dei fiori di montagna; il gufo, lo gnomo oppure l’orso (!) col cappello da pastore che incornicia l’effigie di una baita; lo zainetto di montagna con la mucca pezzata, il prato, le case di legno e le Alpi sullo sfondo, eccetera eccetera.
Il tutto abbinato alla scritta “Bassano del Grappa”.
Capolavoro assoluto: il magnete delle braghe alla zuava, quelle che fanno tanto Südtirol, con un bell’edelweiss raffigurato in centro e la scritta “Bassano del Grappa”.
Notevoli anche i due souvenir a forma rispettivamente di forchetta e di cucchiaio con la scritta “Bassano”: il primo riproduce un tipico paesaggio alpino addirittura con il lago, il secondo una veduta di montagna con il bosco, il paesino col campanile, le mucche al pascolo e le alte vette sullo sfondo.
Potrei continuare ancora, ma mi fermo qua perché ho già le vertigini per l’altitudine.
E scusatemi per questo sfogo da Kitsch nervoso.
So di non scrivere in realtà nulla di nuovo, perché lo diamo per scontato. Perché da sempre siamo influenzati dalle immutabili equazioni Bassano = Ponte, Ponte = Alpini, Alpini = Montagna. Ma è questa, veramente, la nostra città? Non me ne voglia la storica e benemerita Sezione ANA Montegrappa, ma fino a quando le penne nere avranno l’esclusiva di alpinizzare Bassano e anche il territorio di riferimento, facendo comprendere nell’iconografia per i visitatori e i turisti lo stesso e generalizzato Arco Alpino?
È questa l’identità d’area, per usare un termine caro ai promotori del marketing territoriale, che meglio ci rappresenta?
A proposito: se, come turisti, volete evitare di comprare qui a Bassano un souvenir che raffigura un paesaggio alpino dove non siete stati, c’è un altro magnete da frigo che vi posso consigliare. Raffigura una bottiglia di grappa attaccata ad un alambicco di rame.
Sotto, immancabile, la scritta: “Bassano del Grappa”.
Mi arrendo.

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